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ATTRAVERSO LO SPECCHIO

Illustrazione di Silvia Farina

Un brano per accompagnare la lettura:

Brano scelto da Mattia Sonzogni, editor musicale

«Non è possibile». Mamma sgrana gli occhi mentre mette in tavola l’arista di maiale con le patate arrosto, e nel farlo guarda Marzia, che si porta il calice di vino rosso alle labbra. Tutti gli altri borbottano o sghignazzano.
«Li hanno trovati nel bagno, Cristina», i gesti sbrigativi di Marzia sono come una frusta che divide l’aria in modo netto, definitivo. «Carlo Baragatti dice che non si capiva dove iniziava l’uno e dove l’altra».
«Ma roba da matti». Mamma si siede. «Povero Gianluca: io l’ho sempre saputo che lei era una donnaccia. Basta vedere come si veste, come si atteggia in paese».
Eleonora si allunga, ma non di tanto, altrimenti la piccola Lucia batterebbe la testa contro il tavolo. «Anche lui non è stato tanto furbo a sposarla. Io sono amica di suo fratello Antonio: glielo ha sempre ripetuto che lei non era una donna da sposare».
«Oh, lasciatela un po’ stare», s’intromette mio zio Vittorio, «farà un po’ quello che le pare».
Il viso di Marzia si inasprisce. «Vittorio, con tutto il rispetto, ma per fare una cosa del genere bisogna proprio essere delle… Via, fatemi stare zitta». Posa con decisione il bicchiere sul tavolo. Suo marito, Leonardo – mio cugino –, ride, così come suo fratello Patrizio, sposato con Eleonora.
«Te, Riccardo, prenditi una donna per bene», mi dice zia Concetta, e io mi schiarisco la gola, il suono che mi esce dalle labbra sembra una risata. «E sbrigati, sennò non te ne rimarrà nemmeno una».
«Mi voglio divertire un altro po’ prima di sistemarmi». I miei cugini mi fanno l’occhiolino, io mi porto l’indice al colletto della camicia. Tiro.
«Quanto ti vuoi divertire ancora?». Mia zia fa una faccia sconvolta. «A ventiquattr’anni bisogna cominciare a costruirsi qualcosa di duraturo». Mia mamma fa cenno di sì con la testa, io ho le guance rosse per il vino.
«Ancora per un po’, non sono mica un vecchio decrepito!».
Tutti si mettono a ridere.
«Oh, questo ragazzo…», s’intromette mia madre, reggendosi la fronte. «Perché non ti metti con Francesca o Ginevra?».
«Perché sono delle amiche…». Mi porto una mano alla nuca. «E poi Ginevra è già fidanzata».
All’improvviso, Marzia allarga le braccia. «Ma la sapete quest’altra?!».
«Cosa?», fanno mia madre e zia Concetta all’unisono.
«Hanno trovato Mario Guercioni a letto con Fabio Camarri».
«No, via!».
«Eh, Marione mi ha sempre dato l’idea di uno un po’ buco».
«Ormai va proprio di moda…».
E proseguono a parlare delle corna che Mario Guercioni ha fatto alla moglie con un altro uomo, finché la cena di compleanno di mio padre non finisce e tutti se ne tornano a casa. Allora io do la buonanotte ai miei, che ricambiano.
Chiudo la porta di camera mia e ci appoggio la schiena. Prendo un respiro profondo. Mi infilo sotto le coperte con solo le mutande addosso.
Cerco di prendere sonno, ma mi giro e rigiro nel fine strato di lenzuola. Mi alzo e apro la finestra: l’aria fresca mi bacia la pelle, i muscoli si sciolgono subito. Quando mi volto per tornare a letto, lo sguardo mi cade sull’iPhone. Stringo i denti. Poi mi butto di nuovo sul materasso.
Ma continuo a non trovare una posizione comoda, le lenzuola mi fasciano. Le scaglio via. Poi mi metto a fissare il soffitto. Penso, penso e penso.
Mi giro verso l’iPhone. Lo guardo. E lo prendo.
La luce tenue del display mi batte sul viso. Apro Instagram, cerco il profilo di Edoardo Rizzuti, un ragazzo di qualche anno più giovane di me, ed entro nella lista dei suoi followers: lo seguono ragazzi italiani, spagnoli, francesi, tedeschi; entro nei profili di chi mi suscita simpatia, poi assimilo ogni dettaglio delle foto al mare, in montagna, in palestra, a cena in qualche ristorante sfizioso, a Parigi, a Londra. Leggo tutti i testi dei post: ci sono tante citazioni trite e ritrite, o emoji di cui non capisco il senso. Ma alcuni ragazzi fanno dei discorsi divertenti, mi fanno sorridere nel buio. E quando accade, quando il viso di un ragazzo mi fa mordere il labbro inferiore, apro una lista nelle note dell’iPhone e scorro fino in fondo. Lì segno il nome dell’ultimo ragazzo che mi ha lasciato qualcosa.
Poi torno alle foto su Instagram, premo le dita sullo schermo dell’iPhone, e quasi penso di poterci finire risucchiato. Mi convinco che mi basterebbe chiudere e riaprire gli occhi per trovarmi in un luogo totalmente diverso rispetto a quello dove sono ora.
Continuo a saltare da un profilo all’altro, da una nazione all’altra, finché non sono ubriaco di visi sconosciuti. Gli occhi stanno per cedere.
Allora avvicino il viso all’iPhone, le mie labbra sfiorano lo schermo. Un ragazzo spagnolo – la pelle ambrata, una bandiera dipinta su una guancia – sorride; carri, coriandoli e colori dietro di lui. Io invece sono circondato da tenebre e basta.
La testa mi diventa pesante, gli occhi si fanno umidi. Mi chiedo se avrò mai il coraggio di uscire dalle mura che mi sono creato attorno, per mandare un messaggio a uno di quei ragazzi; e appena lo penso il cuore mi si stringe, lo sento rimpicciolire e ritirarsi, e io vorrei scavarmi il petto con una mano per afferrarlo e impedirgli di scomparire.
«Quando accadrà?». La voce mi trema, gli occhi si chiudono, metto una mano sul petto e spero. Spero. «Non lo so… Ma un giorno», due lacrime mi rigano le guance.
Vi raggiungerò.

Racconto di Dario Fedeli
Editing di Lorenzo Cappelli


L’autore

Dario Fedeli, classe 1996, è l’autore di Choiceless, romanzo distopico. Legge di tutto, ma è da sempre appassionato di fantasy e fantascienza; generi che utilizza per presentare la realtà e le tematiche delle sue storie sotto un altro punto di vista.
È attivo sia su Tiktok che su Instagram, social che gli permettono di tenersi in contatto con la sua community di lettori. In ogni attimo di tempo libero, si dedica alla scrittura e alla lettura.

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