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Frida Kahlo: un’arte dell’interiorità.

Fotografia di Filippo Ilderico

Frida Kahlo è una delle figure più iconiche dell’arte del ‘900. Simbolo della forza e dell’emancipazione femminile contro ogni stereotipo, quest’artista ha la capacità di dipingere senza fronzoli gli eventi della propria vita, anche i più delicati e traumatici.

Un tratto peculiare di Frida è l’attaccamento verso il Messico: molto attiva in politica, si iscrive al Partito Comunista ed è una fervida sostenitrice della rivoluzione messicana, tanto da dire di esser nata nel 1910 (anno dello scoppio della rivoluzione) ed essere considerata a pieno titolo “figlia della rivoluzione” [1].

Due sono i maggiori punti di svolta nel corso dell’esistenza della pittrice messicana: in primis l’incidente che la renderà disabile, la priverà della possibilità del parto e le causerà 32 operazioni chirurgiche; in secondo luogo, l’incontro con l’amore della sua vita, il pittore messicano Diego Rivera

In una delle sue numerose lettere la stessa Frida scrive: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera” [2].

L’amore della donna per il pittore, con cui si sarebbe sposata per ben due volte, è un amore travolgente, totalizzante, che svolge un ruolo di spicco e nella sua arte e nella sua vita, cose che in lei quasi si fondono. 

L’arte di Frida infatti è proprio Frida stessa, parla di sè, il soggetto che più conosce. La pittrice sudamericana mette al centro il corpo della donna, realistico ma rielaborato al tempo stesso, e sdogana molti dei tabù che sono collegati ad esso. Con colori sgargianti dà vita ad una pittura del dolore, che racconta pensieri, emozioni, operazioni mediche (La colonna rotta, 1944), aborti. Emblematico tra tanti è Ospedale Henry Ford, l’ultimo quadro della Kahlo, che rappresenta l’esperienza dell’aborto in maniera cruda e diretta: il tema era ancora oggetto di dibattito e molto difficile da affrontare, in quegli anni particolarmente. Frida, dalla sua, riesce a porlo su tela e dimostra uno straordinario coraggio nel dipingere un’esperienza così intima e traumatica. 

Nel 1939, anno del divorzio dal marito, realizza Las dos Frida, dal 1966 conservato presso il MAM, Museo d’arte moderna di città del Messico [4].

Si tratta di un doppio autoritratto. Quello di sinistra raffigura lei in un abito bianco di pizzo, nella condizione di donna non più amata, abbandonata, ma aperta al moderno, all’Europa e al cambiamento; l’autoritratto di destra vede invece lei vestita in abiti tipici della cultura messicana e rappresenta la condizione “di prima”, quella di donna feliceamata, rispettata, che stringe nella mano destra un medaglione con la foto di Diego da bambino. Le due Frida si tengono per mano e hanno entrambe il petto scoperto, mostrando, da un lato, un cuore spezzato, lacerato, e dall’altro un cuore integro. 

Anche i due cuori sono collegati da un’arteria, rotta e tenuta insieme da due pinze chirurgiche; inoltre, ad unire le due figure è una vena, che la Frida di sinistra sta recidendo con un paio di forbici. Il sangue rosso fuoco macchia l’abito bianco e alla Frida di sinistra non resta che la sua compagna di destra come consolazione, la custode dei ricordi. 

Il quadro è tra i più famosi ed enigmatici. Inizialmente, la pittrice sostiene che l’idea di base sia nata da un’esperienza infantile: un’amica immaginaria. Solo in seguito, ammetterà che si tratta della messa a nudo dei suoi sentimenti di disperazione e sofferenza dovuti alla separazione da Diego, con il quale si sposerà per la seconda volta solo l’anno successivo, nel 1940. 

Perché lo chiamo il mio Diego? Mai fu né mai sarà mio. Appartiene a se stesso”, così scrive l’artista in quegli anni [3].

Lo sfondo è onirico, come i tipici sfondi delle tele di Frida che, anche per questo, è stata più volte associata alla corrente del surrealismo, da cui di fatto invece si è sempre distaccata con una punta di irritazione. Il suo intento, seppur in chiave talvolta simbolica, è raffigurare la realtà, non i sogni. Ricco di nubi, il cielo simboleggia la profonda inquietudine vissuta dall’artista in quel momento. Frida dipinge la sua lacerazione interiore, quella sorta di dualismo della sua stessa anima: è sì lancinante il dolore per la rottura con l’uomo amato, ma vive in lei pure la consapevolezza che ad ogni rottura segue la novità, e spesso non c’è novità senza rinuncia. L’apertura al nuovo è espressa dal vestito della Frida di sinistra, più moderno; di pari passo il legame, sempre forte, verso il passato, è rappresentato dal vestito messicano e dalla foto di Diego. 

Come accade a volte nella vita, la Kahlo era divisa da sentimenti contrastanti ed è stata in grado di renderli, due su due, in questo unico dipinto, senza sentirsi in dovere di nascondere né l’una né l’altra parte. D’altronde, non è per via della malattia che diviene un’icona del femminismo e della cultura pop mondiale bensì per la sua attitudine, vitalità e per la sua abilità di trasformare sofferenza e drammi interiori in arte e poesia. 

Marta Casuccio


[1] http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/frida-kahlo/
[2] https://www.mondomostreskira.it/archivio/fridakahlo/frida-e-diego-tormento-e-passione.html
[3] Sarah M. Lowe, Il diario di Frida Kahlo. Autoritratto minimo, Electa, 2014.

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