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«Era, una disgrazia»: innamorarsi in Piazza Missori in un romanzo-scandalo di Dino Buzzati

L’attesa di un amore e l’amore dell’attesa. Milano, anni Sessanta. Laide, nome omen, è una prostituta che, attraverso i suoi occhi e la sua seduzione, fa cadere nella sua trappola un uomo che ha atteso troppo, che è rimasto nell’intimo un giovane e crede che il sentimento possa compiere miracoli. È diventato, ormai, uno schiavo.

Un amore è un romanzo di Dino Buzzati che viene pubblicato nel 1963 in una Milano in pieno boom economico ed è un testo ben diverso da molti altri libri di Buzzati incentrati sul senso del mistero, spesso fantastici od onirici.

«Col nuovo romanzo Un amore ci troviamo nel cuore del più acceso realismo e psicologismo, nella dissezione quasi anatomica di un sentimento amoroso che molti diranno patologico, ma che in realtà tutti gli uomini che non hanno gli occhi e il cuore foderato di una cotenna di lardo hanno almeno virtualmente provato». Sono queste le parole di Eugenio Montale quando, nell’aprile del ’63, recensisce il romanzo di Buzzati sul Corriere della Sera.

In quest’opera Buzzati narra in modo estremamente realistico ed esplicito il suo stesso rapporto con l’altro sesso senza avere paura a rivelare i propri istinti sessuali. Un amore, quindi, può essere considerato quasi come un testamento spirituale della propria vicenda esistenziale, un diario di vita sincero e pregnante.

Il protagonista del romanzo è Antonio Dorigo il quale, frequentando una casa di tolleranza, si innamora di una giovane prostituta di nome Laide, una ragazza che sfugge e si fa attendere: è sensuale e spesso gioca sul suo essere bella e sul magnetismo – che si trasformerà in una dipendenza – che provoca nei confronti del protagonista. A volte si concede e sembra provare un sentimento; altre volte, invece, lo evita e non lo considera e sfrutta Antonio come una mera fonte di denaro.

Laide è bella e sa di esserlo: utilizza il suo aspetto seducente proprio come se fosse un’arma con la quale ferire il povero Dorigo. Si viene a creare, inoltre, un diaframma tra due realtà sociali ben differenti: la prima è sicuramente quella dell’architetto, un uomo appartenente a quella borghesia benpensante della Milano del centro. Laide, invece, è la protagonista di una realtà più lontana: quella della «Milano laggiù» delle «case dei ballatoi col tanfo di fatto, coi vasi fioriti di maggio e le mutande appese […]».

In questa lotta di realtà la vittima è sicuramente il protagonista: il borghese, infatti, viene sedotto dall’ultima delle popolane. Antonio Dorigo ha occhi solo per Laide, la prostituta che ballava La stella della sera di Lachenard nei teatri milanesi: tutte le altre presenze femminili, le altre possibilità di innamoramento di Dorigo si annullano.

Attraverso la seduzione e il suo modo di essere «colei alla quale è difficile arrivare», definita da Montale «plebea Lolita milanese», Adelaide Anfossi – è questo il vero nome della giovane ragazza – riesce a far cadere Antonio Dorigo nella sua trappola.

L’uomo arriva al punto di non riuscire più a vivere senza di lei, così aumenta l’ansia: ogni istante della sua vita è rivolto a questa ragazza che, in fondo, lo fa sempre aspettare, lo usa per i suoi scopi, lo riempie di bugie e lo tratta come uno schiavo. Antonio è sempre più attratto da lei ed è esitante fra assurde gelosie e trasporto amoroso; comunque, più lei lo considera ai suoi ordini, più lui è felice. Si viene a creare un vero e proprio rapporto di dipendenza.

Laide riesce anche a mentire e, con delle scuse, racconta le verità che vuole lei: il tutto perché gli occhi di Antonio sono coperti dall’amore e dalla dipendenza che la giovane «[…] ragazza che non vuole amare, solo andare a letto», ha provocato.

Antonio, esasperato da questa tremenda gelosia, è contento anche se può vederla solo per degli istanti, se può incrociare i suoi occhi per poco tempo: è sicuro che in quei momenti lei non può essere con nessun altro.

Il romanzo diventa una ricerca ossessiva di questa giovane ragazza. L’attesa di un amore, sì, ma anche l’amore per l’attesa, per questo momento di incertezza, di ansia. È proprio così, infatti, che Antonio Dorigo, cinquantenne rimasto nell’intimo un giovane, scopre il sapore dell’amore, la sua amarezza e il suo melanconico incanto.

Maurilio Mazzarò scrive: «Con il personaggio di Laide, Buzzati ha voluto presentare la ragazza d’oggi nella sua completezza. La ragazza che non vuole amare, solo andare a letto. […] Buzzati con Laide ci ha dato una figura del nostro tempo che ha la residenza nella Siberia degli odierni sentimenti. Un capolavoro fatto con la creta delle fantastiche menzogne e con gli atteggiamenti più spregiudicati ma al tempo freschi e ingenui».

È proprio Laide il motivo del successo del romanzo: la sua seduzione, l’eros e tutto quello che ha portato nella vita di Antonio Dorigo.

Una figura femminile che, al pari della Cecilia di Moravia e della Lolita di Nabokov, riesce a mostrare la vitalità che contraddistingue le ragazze di vita della Milano degli anni Sessanta: dietro la facciata del boom economico c’è una città sconosciuta e lasciva, asilo segreto dei peccatori e dei derelitti, degli sfruttatori e delle donne del popolo, che Antonio, intrappolato nelle sue abitudini tipiche della borghesia milanese non aveva mai avuto l’occasione di scoprire.

Alessandro Crea

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