Vai al contenuto

I Birmingham Boys di Jonathan Coe alle prese con gli anni ‘70

Romanzo corale di formazione, La banda dei brocchi di Jonathan Coe mette in scena un gruppo di ragazzi che crescono con violenza e dolcezza tra le agitazioni sociali e culturali dell’Inghilterra degli anni ’70.

Fotografia di Misho Gugulashvili

Si scrive Inghilterra anni ’70 si legge sperimentazione musicale, contestazione giovanile, scioperi operai, attentati terroristici, crisi economica, convivenza impossibile tra conservatorismo e spinte centrifughe verso un mondo che si riforma e chiede radicalmente il cambiamento. Nel romanzo La banda dei brocchi (uscito in UK nel 2001), Jonathan Coe racconta accuratamente quegli anni – facendoli esplodere nella loro irruenza – attraverso le vite adolescenziali di un gruppo di amici che frequenta il compassato liceo King William di Birmingham, espressione anacronistica di uno stile di vita e valori ad impronta tory.

Benjamin, Doug e Philip reagiscono agli smottamenti socioculturali della loro contemporaneità in modi differenti, anche a causa della diversa provenienza sociale. Philip, metodico ago della bilancia del trio, trova nella riscoperta della propria città una via di fuga dalle disastrose dinamiche sentimentali dei suoi genitori; Doug, il più assertivo ed energico, vive con conflittualità la fedeltà alla causa paterna (sindacalista) e l’attrazione fatale verso gli agi dell’alta borghesia, un’iniziazione in primis sessuale che avrà radici in un viaggio nella prematura scena punk londinese. Benjamin, il riflessivo, si chiude man mano in un ostinato e sospeso silenzio in cui gioca un ruolo non secondario la tragedia che colpisce la sua famiglia: Malcolm, il ragazzo della sorella Lois, muore a causa di un attentato dell’IRA in un pub, cui lei scampa riportando per anni traumi psicologici profondi.

Sebbene La banda dei brocchi possa considerarsi un romanzo corale di formazione per lo più “al maschile”, i personaggi femminili che vi figurano sono la chiave di volta per comprendere a fondo il desiderio di cambiamento che attraversa come una scarica elettrica gli anni ’70: Cicily, Claire, Miriam e Lois sono ragazze che vivono con cocente urgenza la necessità di emanciparsi, patendo sulla propria pelle il richiamo della libertà e l’asfissiante stereotipo femminile della brava ragazza, che zittisce ogni increspatura sulla pallida e piatta superficie della provincia agitando lo spauracchio del sesso. La sessualità femminile, infatti, è sperimentata come marchio infamante nella chiusa realtà delle casette a schiera della middle class, dietro le cui tende si agitano gli impulsi non più domabili derivanti dalla repressione.

Un’inquietudine aleggia anche nei momenti di maggiore respiro del romanzo, dovuta al sempre più difficile confronto generazionale e alla scoperta che la Storia mastica e risputa gli stessi tradimenti e le stesse attese. Soprattutto non tutte le ferite del passato sono rimarginabili, come avrà modo di esperire Benjamin in vacanza con i suoi e una famiglia tedesca nella campagna danese. Per questa ragione, conoscendo gli sviluppi recenti della storia inglese, è possibile scorgere nella Banda dei brocchi alcune radici del presente più prossimo, capire da dove arriva l’ondata di insoddisfazione e intolleranza sfociata nella Brexit.

Jonathan Coe costruisce un itinerario godibilissimo all’interno della provincia inglese degli anni ’70, alternando con scioltezza tragicità e commedia. Ai suoi personaggi ci si affeziona ed è bello sapere che non li si abbandona per strada. Le avventure di Benjamin Trotter&co., infatti, continuano ad essere esplorate dallo scrittore nei romanzi successivi Circolo chiuso e Middle England, all’insegna della “coeissima” mixture di romanzo storico e romanzo generazionale.

I “brocchi”, gli sfigati, le nullità in letteratura sono la rivendicazione di un disagio che crepa il ghiaccio delle apparenze, la macchina narrativa si aziona quando compaiono in scena. Se poi i rotters vengono dalla provincia ci si deve aspettare una fuga disperata verso un centro illusorio, una perenne insoddisfazione di chi sente di vivere fuori dalla cerchia delle “cose che accadono”. La periferia rompe i propri margini. C’è vita oltre Londra? Sì.

Giulia Annecca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.