Nella Germania di primo ‘900, in piena rivoluzione freudiana, sulla scena musicale operistica si impone la figura di Richard Strauss, capofila del modernismo musicale e allo stesso tempo erede della tradizione operistica tedesca: le sue opere dal contenuto immorale scandalizzano il pubblico borghese benpensante di tutta Europa.
A Dresda nel 1905 va in scena Salomè, dove la modernità del magistero compositivo straussiano si rivela fin dalla scelta del soggetto: l’opera è una fedelissima messa in musica dell’omonimo dramma di Oscar Wilde, nessun adattamento, solo qualche taglio ad hoc per preservare il ritmo drammaturgico. È un chiaro esempio di literaturoper: un testo letterario che viene messo in musica così com’è stato redatto dall’autore, senza passare per la riduzione librettistica.
La vicenda si svolge nella reggia di Erode a Gerusalemme. Fin dalle prime battute, sullo sfondo si stagliano titanicamente due grandi personalità antitetiche ma irresistibilmente attratte l’un l’altra: Jochanaan (il profeta Giovanni il Battista), ieratico, puro, arcaico, misterioso e Salomè (figliastra di Erode), selvaggia, imprevedibile, volubile, seducente.
Salomè esce dal palazzo di Erode, dove sono in corso dei festeggiamenti, e sente la voce del profeta Jochanaan provenire da una cisterna in cui è stato rinchiuso. I due personaggi entrano presto in conflitto. La principessa di Giudea è attratta da questo uomo dal corpo bianco come un giglio, l’esaltazione erotica le sprizza da ogni poro, brama con tutte le sue forze la bocca e i capelli del profeta che giace rinchiuso nella fossa. Jochanaan replica sprezzante, l’arma della seduzione non può annullare la distanza fra i loro mondi: pena la morte.
Nonostante i ripetuti gridi di passione voluttuoso di Salomè il profeta si nega. Tutta la scena della seduzione è giocata su un ossessivo ripetersi di brevi figure melodiche che hanno l’effetto di irrigidire e cristallizzare le due figure sulle loro posizioni: la voce di Salomè cerca di irretire ma la voce di Jochanaan proclama la sua fede incrollabile in Dio.
La rabbia di Salomè è evidente e la porta a concepire un orrido piano di vendetta. La fanciulla fredda e casta si trasforma in una belva insaziabile disposta a tutto pur di poter poggiare le sue labbra su quelle di Jochanaan.
Entra in scena Erode, figura dall’ambigua psicologia che tenta in tutti i modi di possedere Salomè ma viene respinto. Ammaliato dalla bellezza della giovane, le promette di esaudire un qualsiasi desiderio a patto di vederla danzare. Salomè acconsente e balla la celebre e seducente Danza dei Sette Veli. È il momento cruciale attorno al quale ruota tutta l’azione drammatica dell’opera.
Non è un semplice balletto né mero esibizionismo erotico. La musica, vera protagonista della scena, tratteggia lo stato d’animo della protagonista attraverso un sinfonico flusso di coscienza, il discorso musicale ruota attorno a Salomè e ai suoi pensieri, attira irresistibilmente Erode verso i suoi propositi offrendo un’immagine ferina e trasfigurata della protagonista.
La danza accumula tensione e ossessione fino a scaricarsi in una crisi d’isterismo necrofilo: Salomè chiede ad Erode la testa di Jochanaan e il sovrano, ammaliato dalla danza, acconsente. Quando la testa le viene portata, Salomè, al culmine della tensione sessuale, la bacia sulle labbra. Disgustato Erode ordina alle sue guardie di uccidere la principessa.
Salomè ha ucciso per placare la sua sete erotica ma ha distrutto l’oggetto del suo desiderio, Jochanaan invece dà la vita per il suo Dio: brama e morte coesistono, l’uno faccia dell’altra, Eros e Thanatos.
La partitura di Richard Strauss è un vero e proprio concerto per orchestra con accompagnamento di voce umana. Il tessuto leitmotivico è denso e intricato, i temi non sono solo collegati ai personaggi ma anche alle loro emozioni e ai loro pensieri. Le idee musicali si incontrano, si intrecciano e mescolandosi si illuminano a vicenda. Ne emerge una fitta e inestricabile trama interiore, un vero e proprio commento psicoanalitico alla vicenda.
L’orchestrazione è spettacolare ed enfatica, ricca di effetti di colore. Strauss immagina un mondo esotico, privo di censure e freni inibitori. Il denso cromatismo esprime i disordini dell’animo umano e irretisce lo spettatore in un affascinante mondo sonoro dove l’erotismo emerge dal profondo timbro dei fagotti e dei contrabbassi fino alle provocanti acrobazie di clarinetti, oboi e violini.
Il fascinoso mondo sonoro creato da Strauss non può che essere ipnotico, come la testa di Jochanaan che catalizza l’attenzione di Salomè, ormai chiusa al mondo esterno e tutta protesa all’oggetto del suo desiderio, a quella bocca che brama così ardentemente.
Mattia Sonzogni