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«And then he was a she»: Prinçesa on the Wild Side

Prinçesa, Holly, Candy: hanno tutte una storia molto simile. Temi taboo come la prostituzione, la transizione e le droghe accomunano due canzoni molto importanti nelle carriere di Fabrizio De André e Lou Reed.

Fotografia di Elena Sofia Ricci

Prinçesa e Walk on the Wild Side sono due canzoni che vanno a braccetto, molto vicine per certi aspetti. La famosa canzone di De André si ispira alla storia vera di Fernanda Farias de Albuquerque, mentre quella di Lou Reed alla cricca di “superstar” di Andy Warhol che il musicista conobbe a New York negli anni 70. Storie taboo di transgender, prostituzione, droga, sesso orale; storie proibite, come le si vuol chiamare, ma che meritavano a loro volta di essere ascoltate e di riecheggiare attraverso le canzoni dei due grandi artisti.

Per la canzone dell’album Anime salve (1996), scritto assieme a Ivano Fossati, De André mise in scena la realtà di una donna transgender, appunto la brasiliana Fernanda Farias, e della sua transizione, partendo dal suo passato raccontato nel romanzo Prinçesa (pubblicato da “Sensibili alle foglie”, 1994). Questa biografia giunse alle orecchie di De André grazie a Renato Curcio, al tempo compagno di cella dell’ex-brigatista Maurizio Iannelli – autore del libro. Lui e Fernanda si erano incontrati nel carcere di Rebibbia, a Roma, all’inizio degli anni 90, ed è lì tra le sbarre che, dall’incrocio dei loro destini, nacque il romanzo Prinçesa.

La canzone di Lou Reed, inclusa nell’album da solista Transformer del 1972, riassume l’intera storia di Prinçesa nella prima strofa, che racconta di Holly Woodlawn, attrice transgender nella comitiva di “superstar” di Andy Warhol:

«Holly came from Miami, FLA

Hitchhiked her way across the U.S.A.

Plucked hey eyebrows on the way,

Shaved her legs and then he was a she».

Poche parole e semplici giri di basso per la storia di una transizione, una tra le più difficili da raccontare, carica di emozioni incomprensibili ai più. Holly va via di casa, viaggia e attraversa gli Stati Uniti facendo l’autostop, si depila le sopracciglia e le gambe, cambia forma, «e poi lui fu una lei», canta Lou Reed. La strofa termina col dolce invito di una voce morbida: «Hey babe, take a walk on the wild side», è Holly che ci chiama a farci avanti, ad andare oltre le apparenze, ad attraversare la strada poco trafficata, a tuffarci in un’avventura nascosta nel buio. In pochi versi è svelata la storia tormentata di questa figura di New York city nel 1972.

Altrettanto tempestosa la vita raccontata da De André. La protagonista è Fernanda, detta Prinçesa, e ha una storia simile a quella di Holly di Lou Reed. La prima strofa è una dichiarazione della vera natura di Prinçesa, quella che il personaggio cova dentro di sé e che, tra il vociare e lo sghignazzare borghese iniziali, grida a squarciagola: «Sono la pecora, sono la vacca, che agli animali si vuol giocare [riprendendo provocatoriamente gli insulti attribuiti dalla società che la circonda] / Sono la femmina camicia aperta, piccole tette da succhiare».

Si continua accompagnati dalla fisarmonica e altri strumenti più inusuali, come il bouzoki e il mandolino, che rimandano subito a un’atmosfera esotica, tornando indietro nella storia di Fernanda, nata Fernandino, in Brasile. La madre la riteneva essere «come una figlia», ma «a ricordargli che è nato maschio sarà l’istinto, sarà la vita». Allora Fernandino reagiva tappandosi gli occhi, fingendo che la realtà del suo corpo dovesse necessariamente essere diverso:

«E io davanti allo specchio grande
mi paro gli occhi con le dita
a immaginarmi tra le gambe
una minuscola fica».

È lì che inizia il primo passo della transizione, attraverso l’immaginazione di Fernandino. Un passo per volta, quel sogno diventa realtà, ed ecco che, come Holly faceva l’autostop attraverso gli U.S.A., così anche Fernandino scappa di casa, dando una scossa al suo destino sulle note di flamenco di una chitarra:

«Nel dormiveglia della corriera
lascio l’infanzia contadina
corro all’incanto dei desideri
vado a correggere la fortuna».

E inizia così il passaggio fisico, grazie al bisturi «per seni e fianchi» e a una «vertigine d’anestesia», sempre più realmente percepibile ed evidente agli occhi altrui:

«Mescolo i sogni con gli ormoni
ad albeggiare sarà magia
saranno seni miracolosi».

Tutto questo «perché Fernanda è proprio una figlia, come una figlia vuol far l’amore» e i due versi seguenti sono tra i più forti della canzone, che richiamano al dolore non solo fisico della transizione, ma spirituale e interiore, che il cambiamento da un sesso all’altro richiede: «ma Fernandino resiste e vomita e si contorce dal dolore». Questo tormento lo si può confrontare con ciò che viene narrato in un’altra canzone scritta da Lou Reed: Candy says.

In Walk on the Wild Side, Lou Reed parla anche di Candy, donna che «was everybody’s darling / but she never lost her head /even when she was giving head». L’ultimo verso è un chiaro riferimento al sesso orale, altro argomento taboo ai tempi della canzone. Candy è un altro personaggio della canzone, ispirato a Candy Darling, un’altra attrice transgender tra le “superstar” di Andy Warhol. A lei viene dedicata un’intera canzone dei Velvet Underground, band di cui Lou Reed faceva parte, intitolata Candy Says. È una canzone in cui la sofferenza della donna viene delicatamente cantata e suonata come in una ninna nanna, ed è espressa soprattutto dal verso: «I’ve come to hate my body / and all that it requires in this world» e, ancora, dalla tristezza di «What do you think I’d see / if I could walk away from me?», in cui si coglie il frustrante desiderio di annullare il proprio corpo, di allontanarsi da quello che non sentiamo nostro.

Il «palcoscenico» della vita di Fernanda è illuminato dai fari delle macchine quando si dà alla prostituzione, si tratta di una strada simile alla Wild Side di Lou Reed, dove di argomenti taboo se ne trovano a volontà. È dove «tra ingorghi di desideri / alle mie natiche un maschio s’appende», dice Fernanda e, ancora, coi due poetici parallelismi: «nella mia carne, tra le mie labbra, un uomo scivola, l’altro si arrende».

A questo punto, con la voce soave di un clarinetto, si conclude il racconto di Fernanda, il cui nome d’arte è Prinçesa, «che [finalmente] squilla di luce», sinestesia azzeccata:

«che Fernandino mi è morto in grembo
Fernanda è una bambola di seta
sono le braci di un’unica stella
che squilla di luce di nome… Prinçesa».

E ora dà il cuore a un avvocato di Milano, seppur nella «penombra di un balcone», cioè di nascosto dal resto della società che ancora non vede la sua luce.

Il brano Prinçesa termina con un elenco di parole brasiliane cantate da un coro sulla musica di una samba. Possiamo facilmente immaginarci Prinçesa danzare su questa musica in un crescendo di energia. Anche la canzone di Lou Reed termina con un coro: «And the colored girls say “Doo do doo do doo do do doo…”» e un assolo di sax che rimanda all’atmosfera metropolitana di New York, dove di fatto vivevano le “superstar” di Andy Warhol protagoniste della canzone.

Le parole brasiliane di Prinçesa rappresentano la sua vita, il passato, il presente e il futuro che Fernanda e tutte le persone transgender come lei hanno conquistato nella loro nuova forma; eccone alcune:

«o cèu (il cielo),

igreja (la chiesa),

a desonra (la vergogna),

a saia (la gonna),

o esmalte (lo smalto),

o espelho (lo specchio),

o baton (il rossetto),

o medo (la paura),

a rua (la strada),

o encanto (l’incantesimo),

os carros (le macchine),

a policia (la polizia),

a canseira (la stanchezza),

o brio (la dignità),

o noivo (il fidanzato),

o fidalgo (il gransignore),

o porcalhao (lo sporcaccione),

o azar (la sfortuna),

a bebedeira (la sbronza),

as pancadas (le botte),

os carinhos (le carezze),

a falta (il fallimento),

a formusura (la bellezza)».

L’ultima, la più accentuata con cui si chiude il brano, è viver (cioè, appunto, vivere).

Teresa David

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