Chandler
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Vecchi generali sentimentali a Los Angeles

Fotografia per articolo di Giulia Annecca su "Il grande sonno": "Vecchi generali sentimentali a Los Angeles"
Fotografia di Manuel Monfredini

Adelphi riporta nelle librerie Il grande sonno, capolavoro del 1939 di Raymond Chandler. Il pratico e idealista Philip Marlowe si butta nelle strade di Los Angeles per lenire le ossessioni affettive dell’anziano generale Guy Sternwood.

Quando il detective Philip Marlowe entra nella stanza del generale Sternwood c’è puzza di morto. Un caldo infernale avvolge la scena come un sudario e in questo clima da malaria troneggia sulla sua sedia a rotelle il vecchio generale, che ordina al maggiordomo due brandy e poi riprende «a parlare, lentamente, dosando le forze con la cautela di una showgirl disoccupata che stia indossando l’ultimo paio di calze buone rimastole» [1].

Sternwood è anziano e razionale e le sue due figlie, Vivian e Carmen, giovani e diversamente sfrenate. Questa è la causa principale che turba il suo lucido vegetare e che lo costringe a sborsare di tanto in tanto discrete somme di denaro per mettere a tacere eventuali ricattatori e scandali. Siamo nella Los Angeles degli anni ’30, fuori dalle mura patinate ed esotiche di casa Sternwood si consumano gli ultimi strascichi del proibizionismo e del suo contraltare, la trasgressione. È perciò facile, per delle ragazze di “buona famiglia”, rimanere per sempre impigliate nelle maglie di un gossip osé. Marlowe, narratore omodiegetico del romanzo Il grande sonno di Raymond Chandler, viene convocato dal generale per sbrogliare il mistero di un biglietto ricattatorio inviatogli da un certo Arthur Gwynn Geiger, in cui si fa riferimento a una cambiale data a quest’ultimo da Carmen. Durante il colloquio che butterà Marlowe nelle calde e ombrose strade californiane, viene fuori che Rusty Regan, marito di Vivian, è scomparso da circa un mese. Ma il generale, sebbene dichiari con schiettezza che Rusty sia una boccata d’ossigeno e vitalità per lui che è ormai ben avanti nell’età, non incita esplicitamente Marlowe a ritrovarlo. Congedatosi dalla dimora – non prima di un confronto con Vivian Sternwood convinta che il padre abbia chiamato il detective per la ricerca del coniuge desaparecido -, Marlowe avvia le indagini e inizia a sondare il terreno dal negozio di libri di Geiger, scoprendo così che Geiger spaccia materiale pornografico nella sua attività. Decide, allora, di pedinarlo e si apposta fuori casa sua, ma quando sente un colpo di pistola provenire dall’interno irrompe nell’abitazione e trova Geiger morto, una macchina fotografica nascosta in un totem e Carmen Sternwood visibilmente in preda a droghe. Da quel momento, come un effetto domino, si verificano nella narrazione una serie di omicidi, scomparse e sviamenti che sveleranno il fitto reticolo di regolamento di conti che intercorre fra i diversi personaggi.

Detective troppo in gamba e borderline per rientrare ufficialmente nei ranghi della polizia, accattivanti e sofferenti femmes fatales, una città cruda e misteriosa, sesso, violenza e sound del parlato: Il grande sonno, a distanza di quel lontano 1939 quando fece la sua prima comparsa, si conferma una pietra miliare del genere hardboiled. Raymond Chandler padroneggia una lingua veloce e fantasiosa, nient’affatto immediata. Infatti, nonostante il registro linguistico adottato – specie nei dialoghi – sia improntato alla mimesi del parlato servendosi dell’immaginario ferocemente pop dell’epoca, lo stile di Chandler non mira alla piattezza espressiva e alla semplicità. Lo scrittore americano dà vita a una narrazione corposa, visiva, cinematografica, riplasmando il genere noir, di cui l’hardboiled è una fascinosissima costola. Philip Marlowe è un detective insolito, incline ad ammettere la sua fallacità, e sarà il protagonista di altre storie di Chandler. I personaggi de Il grande sonno che gli orbitano intorno, invece, sono più che altro delle figure, ma contribuiscono in modo determinante alla definizione di quell’ammaliante cronotopo tutto sigarette, Cadillac, baby e scazzottate della “mala” losangelina del tempo. Su di loro si staglia nell’ombra dei suoi appartamenti l’anziano Sternwood, che come un malinconico ragno tesse paziente la sua ragnatela.

I tipi Adelphi riportano in Italia l’opera di Raymond Chandler, inaugurandola per l’appunto con la pubblicazione nel 2019 de Il grande sonno tradotto da Gianni Pannofino e collocandola nella collana Fabula, a seguito di una travagliata storia editoriale costellata da tagli, strafalcioni linguistici e benpensantismo cui in genere sono stati sottoposti i gialli per lungo tempo in Italia [2].

Un disilluso e amareggiato Marlowe chiuderà le fila del romanzo. «Quando si è morti si dorme il grande sonno» [3], dice il detective dopo aver compreso che a portarlo ad un soffio dalla morte in un pozzo petrolifero dismesso è stato, in fondo, l’affetto smodato di un vecchio che non si rassegna al mistero.

Giulia Annecca


[1] Raymond Chandler, Il grande sonno, Milano, Adelphi Edizioni, 2019, p. 15
[2] Federico Di Vita, La nuova edizione del Grande sonno è bellissima, Esquire, 2020
[3] Raymond Chandler, Il grande sonno, Milano, Adelphi Edizioni, 2019, p. 260

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