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Intrecci di città sognate

È il 1972 quando Le città invisibili di Italo Calvino vede la luce, dopo lunga gestazione. Un libro che sembra crescere e costruirsi con lo stesso movimento caotico e insieme regolare con cui crescono le città al suo interno.

Fotografia di Luca Torriani
Fotografia di Luca Torriani

Le città invisibili di Calvino nascono durante un lungo e frammentato periodo. L’autore lo compone man mano, come le città vengono alla sua mente, diverse come i momenti della vita. “Era diventato un po’ come un diario”, afferma Calvino, “che seguiva i miei umori e le mie riflessioni; tutto finiva per trasformarsi in immagini di città: i libri che leggevo, le esposizioni d’arte che visitavo, le discussioni con gli amici” [1].

Così Calvino costruisce la sua opera, prolificamente spontanea, un’opera definita da Pasolini l’opera di un ragazzo e di un vecchio al tempo stesso. Di un ragazzo, perché “[S]olo un ragazzo può avere […] un umore così radioso, così cristallino” e anche così tanta pazienza [2]. Di un vecchio perché le città innalzate quasi in sogno possono essere viste attraverso il ricordo.

È proprio il ricordo di Marco Polo, in un intreccio in cui realtà e immaginazione si confondono, a riportare a un Kublai Khan, disilluso dal conoscere il proprio vasto impero perché sa che tanto tutto è già in dissoluzione, lo splendore e le rovine delle città che costituirebbero il suo regno.

Al tempo stesso, nella finzione del racconto di un fittizio Marco Polo, “il libro evoca […], ora implicita ora esplicita, una discussione sulla città moderna” [3]. Calvino sembra così scrivere “un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa più difficile viverle come città” [4], proprio nel momento in cui le megalopoli crescono smisurate e invivibili. Ma l’autore esprime il desiderio di non scrivere un’opera apocalittica – ce ne sono già tante.

Piuttosto vuole parlare e scoprire insieme al suo Marco Polo i motivi che hanno portato e portano gli uomini a decidere di vivere nelle città, realtà composite, luoghi di scambio, e non solo di merci, ma anche “di parole, di desideri, di ricordi” [5]. È così che crea città frutto di uno scontro tra realtà e mondo delle idee, città surrealiste che “in infinite forme, nascono invariabilmente dallo scontro tra una città ideale e una città reale” [6], un antagonismo irriducibile e in cui non si individuano vinti e vincitori né morali.

Elena Sofia Ricci


[1] Conferenza tenuta da Italo Calvino a New York nel 1983, in Italo Calvino, Le città invisibili, 2018, Mondadori, p. VI.
[2] Pier Paolo Pasolini, Postfazione a Italo Calvino, Le città invisibili, 2018, Mondadori, p. 162.
[3] Conferenza tenuta da Italo Calvino a New York nel 1983, in Italo Calvino, Le città invisibili, 2018, Mondadori, p. IX.
[4] Ibidem.
[5] Ivi, p. X.
[6] Pier Paolo Pasolini, Postfazione a Italo Calvino, Le città invisibili, 2018, Mondadori, p. 165.

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