Due maschere della commedia inglese si muovono sulla scena di un teatro d’opera. La narrazione, anziché produrre effetti di disinvolta comicità, getta di fronte allo spettatore brutali delitti compiuti con lucida efferatezza.
Al compositore Harrison Birtwistle (classe 1934) appartiene la voce che con più radicalità ha saputo interpretare le inquietudini e le provocazioni della Scuola di Manchester, un agguerrito gruppo di musicisti inglesi che durante gli anni ’60 sconvolsero la scena musicale della vecchia Albione, ancora eccessivamente ingessata in un tradizionalismo di maniera, quando già il resto d’Europa era spazzato dai venti sferzanti delle nuove avanguardie di matrice seriale.
Il culmine del folgorante inizio della carriera di Birtwistle avviene nel 1968 (l’anno della contestazione studentesca) con la rappresentazione dell’opera in un atto Punch and Judy, su libretto di Stephen Pruslin. Il soggetto dell’opera si ispira alle tradizionali maschere della commedia dell’arte Punch e Judy. Fra i due è Punch a ricoprire un ruolo di maggiore spicco, una derivazione inglese del napoletano Pulcinella. Punch si contraddistingue per il suo carattere al di là delle regole, una maschera negativa che sfugge ad ogni conseguenza derivata dalle sue azioni criminose.
Nell’adattamento di Birtwistle e Pruslin i due protagonisti sono in realtà degli esseri umani in carne ed ossa affetti da evidenti disturbi della psche. Con il progredire della vicenda, si comportano sempre di più come oggetti inanimati mossi solo dalla cieca violenza e crudeltà. Già nel preludio dell’opera Punch si macchia dell’uccisione del proprio figlio mentre Judy non risparmia la vita a chiunque essa incontri per strada.
L’opera non è quindi un lavoro di teatro dell’infanzia ma uno studio sulle possibilità drammaturgiche offerte da una materia drammatica e violenta. L’importanza della trama passa totalmente in secondo piano per Birtwistle. Il compositore si concentra principalmente sulla decostruzione e rielaborazione della ferocia umana.
Le performance orali, come la commedia dell’arte, trovano nella ripetizione ossessiva di elementi formulari e modulari un mezzo di efficacia espressiva. La rielaborazione di una forma di oralità offre a dunque Birtwistle l’opportunità di giocare sulle più svariate forme di ripetizione, intessendo una fitta ed ossessiva trama sonora su cui si innestano le azioni sceniche.
Ma l’assillante rielaborazione di un materiale minimo fino alla tormentosa angoscia non rimane un semplice esercizio di economia compositiva. La ripetizione straziante di cellule schizofreniche rappresenta la sostanziazione musicale di una ferocia disumana che rende carnefici e vittime degli oggetti inanimati di fronte alla violenza: come dei burattini.
Mattia Sonzogni