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La ciociara e il suo nuovo mondo postbellico

Nel 1957, a dodici anni dal termine del secondo conflitto mondiale, Alberto Moravia pubblica La ciociara, un libro che riscuoterà immediato successo e che verrà interpretato da Sophia Loren per il grande schermo.

Fotografia di Luca Torriani per l'articolo "La ciociara e il suo nuovo mondo postbellico" di Giordano Coccia
Foto di Luca Torriani

L’esperienza bellica di Cesira, la ciociara protagonista del romanzo insieme alla figlia Rosetta, e quella di Alberto Moravia si rispecchiano continuamente, in un romanzo costruito sul tempo trascorso in Ciociaria dall’autore con la sua moglie dell’epoca: Elsa Morante. Affidando la parola del narratore interno ad una bottegaia ciociara trasferitasi a Roma, che non manca di espressioni colorite, Moravia vuole ricostruire la sua storia e la sua guerra.

Il romanzo si può inserire in quella miriade di scritti che hanno invaso la scena editoriale italiana al termine del secondo conflitto mondiale, un evento che ha portato tutti quanti a voler raccontare le proprie storie, le proprie esperienze e i propri timori passati e presenti. In questo romanzo però non c’è solo la dimensione personale dell’autore, certo importante nella ricostruzione dei luoghi, degli scenari e dei personaggi, ma anche una dimensione più politica, nazionale e di denuncia.

Attraverso quella che era stata la sua esperienza personale, l’autore conduce la pragmatica Cesira e la figlia Rosetta, descritta come angelica, pacifica e credente fin quasi all’inverosimile. Le due, alla notizia dell’imminente arrivo delle truppe alleate a Roma, decidono di fuggire dalla capitale per evitare i bombardamenti, e riescono a trovare rifugio in un piccolo paese montano della Ciociaria, dove si accomodano in una casetta minuscola e con pochissimo cibo e suppellettili. Il libro si concentra ed è giocato, almeno nella prima parte, sull’eterna attesa degli alleati, che però non arrivano mai e costringono a prolungare questo soggiorno tutt’altro che comodo.

Per gli amanti degli spoiler, Moravia rivela già nel risvolto di copertina della prima edizione Bompiani l’evento centrale di tutto il romanzo: lo stupro di Rosetta all’interno di una chiesa da parte di un contingente di truppe marocchine. Da questo momento in poi della creatura angelica e quasi beata che era Rosetta non rimane praticamente nulla, e la giovane donna inizia, quasi per riprovare all’infinito il tremendo dolore di cui è stata vittima, a fare l’amore con ogni uomo che incontra, facendo perdere le staffe e le speranze all’attonita mamma Cesira, che nonostante il suo pragmatismo e il suo sapersi muovere nelle cose del mondo si trova spiazzata davanti a quello che è accaduto alla figlia.

Lo stesso Moravia aveva proposto per questo suo romanzo il titolo Lo stupro d’Italia, poi democristianamente edulcorato dall’editore Bompiani. L’autore non vuole mettere qui l’accento su un plot twist, su un rivolgimento di trama, ma sul significato dello stupro. Si crea così una corrispondenza fra lo stupro ricevuto da Rosetta e quello subito dalla penisola tutta, metaforicamente violentata dalle vicende belliche: dopo lo stupro nessuna delle due è più rimasta la stessa, nessuna può tornare ad essere chi era, bisogna solo lanciarsi verso nuovi mondi.

Nell’ultimo capitolo, accompagnato dal canto di una rinsavita Rosetta e con le cupole di Roma in vista, Cesira e la figlia riescono finalmente a trovare una nuova fase della loro vita, che sembra aprirsi proprio in quel momento, subito prima di rimettere piede nella capitale. Certamente la loro trasferta ciociara, forse risultata più disastrosa di un’eventuale permanenza a Roma, ha cambiato irreversibilmente entrambe le donne, che tornano in città con animi molto differenti dopo le esperienze belliche.

Questo finale, che ricevette anche critiche severe per il suo essere eccessivamente lacrimevole (tanto che Sanguineti dichiarò che per lui il libro finiva al capitolo X), riconduce le due protagoniste a casa, facendo accettare loro con animo quasi remissivo un destino incontrollabile. Cesira e Rosetta sanno però che dopo tutta la violenza, l’indifferenza e la perdita di pudore che avevano provato durante quel soggiorno lontane dall’Urbe, era adesso arrivato il momento di ripartire, di uscire dal pantano in cui le aveva trascinate la guerra e dirigersi verso un mondo nuovo.

Giordano Coccia

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