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Da Betty Dodson a “Grace and Frankie”: un’ode alla masturbazione (I)

Era il 1970 quando Betty Dodson decise di dedicare la sua seconda mostra al tema della masturbazione. Torna a parlarne oggi la serie Grace and Frankie, restringendo il campo alle persone più anziane.

Come Dodson racconta nel suo primo e più famoso libro Liberating Masturbation: A Meditation on Self Love, [1] furono le reazioni suscitate dalla sua prima mostra (tenutasi a New York nel 1968) a spingerla a dedicare la sua seconda esposizione alla masturbazione. Nel ’68 Dodson – il cui divorzio nel 1965 aveva siglato l’inizio di una scoperta e di una liberazione sessuale poi trasferita anche sul piano artistico – mette in scena «[her] interest in sex publicly». [2] Lo fa esponendo «Life-size, heroic figures fucking behind huge bright-colored sheets of plexiglass hanging in a gallery right next to the Whitney Museum […]». [3] Ed ecco che in Liberating Masturbation racconta l’interesse cercato di nascondere ma anche lo sconcerto del pubblico verso queste opere:

«My being a woman upset the basic social expectations. Why should a woman want to show her interest in sex publicly? She obviously would not just “want to get laid” (like a man) so there must be some “social significance” involved. I became painfully clear that virtually everyone was crippled from socially imposed sex-negative attitudes.» [4]

 Tale reazione è suscitata, come la stessa Dodson spiega, dalla creazione sociale di un doppio standard sessuale: aggressività, indipendenza, poligamia associate alla funzione maschile vs non-aggressività, dipendenza, monogamia della funzione femminile, voglia di get laid” (id est di scopare) vs figura della vergine illibata o della madre la cui sessualità è negata a priori.

Non era ancora nulla, comunque, rispetto allo scandalo che la seconda mostra avrebbe suscitato. La resistenza verso la tematica della masturbazione si avverte qui sin dall’inizio, dalla realizzazione stessa dei dipinti: trovare modellз dispostз a posare è quasi impossibile e solo con l’aiuto dellз amichз Dodson riesce infine a realizzare quattro nudi (due di persone femminilizzate, due di persone maschilizzate). Ma non finisce qui. Il giorno dell’inaugurazione il direttore della galleria, temendo di rovinare la propria reputazione, si rifiuta di esporre i quattro disegni. Solo dopo che Dodson minaccia di annullare l’intera mostra, accetta infine di esporne due: uno di questi è un nudo di una persona con vagina che si masturba con un vibratore.

La risposta del pubblico a questa mostra è educativa per Dodson; non solo infatti scopre che molte donne non si masturbano e molti uomini non sanno che le donne si masturbano ma soprattutto arriva a teorizzare quella che sarà poi un’idea guida: «the repression relates directly to masturbation. It follows then that masturbation can be important in reversing the process and achieving liberation». [5] Questa certezza deriva proprio dalle reazioni scandalizzate ai suoi disegni, tra ostilità e competizione maschile verso il vibratore – «Several men said emphatically “if that was my woman, she wouldn’t have to use that thing”» [6] – e domande come: la ragazza nel disegno ha un ragazzo? Sì, era alla mostra. Il sesso non è meglio? No, solo diverso. A Dodson: anche lei usa il vibratore? Ovvio. Crea dipendenza?

Con queste domande ci spostiamo ora dalla mostra di Dodson del ’70 al 2017, anno di uscita della terza stagione di Grace and Frankie. La serie racconta della vita e dell’amicizia di due donne sulla settantina dopo che i mariti, soci in affari da anni, rivelano loro di essere gay e di avere una relazione tra loro. Da quel momento Grace e Frankie vivono insieme nella casa al mare che le due famiglie avevano precedentemente comprato in condivisione.

Tutta la trama si fonda sulle avventure e sul rapporto prima difficile e poi di profonda amicizia tra queste due donne, da subito caratterizzate antiteticamente: Grace (interpretata da Jane Fonda) è un’ex donna d’affari, un po’ rigida e sempre elegante, mentre Frankie (interpretata da Lily Tomlin) è un’artista, una creativa, una hippie piena di chaotic energy.

Ma tornando a noi, nell’ultimo episodio della seconda stagione Grace e Frankie, in una discussione con le rispettive famiglie, presentano l’idea di mettersi in affari insieme e produrre vibratori per donne anziane con problemi di artrite. Inutile dirlo, anche la loro impresa incontrerà delle resistenze.

Prima di affrontarle aprirei però una parentesi proprio sul momento della presentazione di quest’idea per notare come ci sia un minimo – anche se non troppo accentuato per rimanere nel genere della serie – di approfondimento tecnico riguardo al tema. Non solo Grace parla del progetto come qualcosa che la riguarda anche personalmente, soffrendo di artrite e rispondendo con autoironia all’obiezione che non ci sia un mercato per prodotti come un vibratore per anziane, ma spiega anche, a un livello più tecnico e specificando di aver fatto delle letture, alcune problematiche che le persone con vagina più anziane devono affrontare e a cui si vuole andare incontro con questo vibratore: il maggiore tempo necessario per venire a causa di un più lento afflusso di sangue, il tessuto genitale più delicato, l’irritazione e l’infiammazione artritica che ne deriva. La spiegazione si inserisce bene nel flow comico della serie e del momento e potrebbe quasi passare inosservato. E invece il suo inserimento, proprio in virtù del tono comico della serie, non è per niente scontato. La sequenza è intercalata dalle proteste dei familiari riguardo all’argomento.

Di fronte all’idea di Grace e Frankie la reazione dei figli passa dallo scettico (si rileva, come detto, la mancanza supposta di un mercato per questi vibratori) al “comicamente” censorio: in tutta risposta Grace sbotta in un «Oh andiamo! Anche noi anziane ci masturbiamo» (v.o. «Oh, grow up! Older women masturbate too!»), seguita a ruota da Frankie che gesticolando aggiunge un «E abbiamo le vagine» (v.o. «And we have vaginas!»).

La portata scandalosa delle affermazioni delle due donne non è però – e le risposte dei figli lo sottolineano bene – legata solamente all’argomento, ma anche e soprattutto al fatto che a portarlo avanti siano proprio delle madri. La resistenza all’idea di una madre che parla della propria sessualità è infatti lampante. Sotto questo aspetto nulla sembra cambiato dal 1974, insomma! Già Dodson, infatti, ne aveva parlato in Liberating masturbation: il doppio standard sessuale imposto dalla società e l’educazione dunque impartita alle persone con vagina – con l’aggiuntiva ostracizzazione di chi a quest’educazione si oppone – le porterebbero, secondo Dodds, all’accettazione di una sessualità socialmente “normale” priva di masturbazione, piacere e conoscenza del proprio corpo (anzi, anche solo possibilità di conoscerlo). «At this point we embellish our own pedestals and become the keepers of Social Morality, the classical image of “Mother”», l’immagine cioè di una madre asessuata. [7]

Se è forse oggi meno automatica e scontata la trasformazione delle persone con vagina in questa immagine di Madre rispetto a quanto lo fosse nel ’74 (ed è qualcosa di cui dobbiamo ringraziare anche Dodson e le altre persone che come lei hanno dedicato la vita a questa battaglia), la visione culturale e sociale delle madri come sexless è rimastaGrace and Frankie la mette in scena attraverso le reazioni filiali. In opposizione ad esse si pone, più di quarant’anni prima, l’approccio di Dodson verso sua madre: raccontando di come avesse chiamato varie persone con vagina suggerendo loro, in caso già non lo facessero, di masturbarsi, l’artista e sessuologa si sofferma sulla telefonata alla madre. Non solo le dà lo stesso consiglio, ma racconta come successivamente le due abbiano cominciato a condividere tra loro storie sulla propria masturbazione. Insomma ancora oggi Dodson docet!

Ancora oggi il lavoro di Dodson si dimostra illuminante non solo per quanto riguarda questo aspetto però. Dopo aver esplorato la resistenza sociale al tema della masturbazione, torneremo infatti nella prossima puntata della rubrica a parlare di Betty Dodson e di Grace and Frankie, per vedere, a partire da un altro momento di resistenza all’impresa di Grace e Frankie qual è la risposta delle due amiche e quale quella di Dodson a questa visione socialmente scandalizzata. Insomma, stay tuned per il prossimo articolo e, come si direbbe in una serie, to be continued…

Elena Sofia Ricci


[1] Dell’opera riporterò alcune citazioni nell’articolo nella versione originale in inglese, per poi tradurle in nota secondo la traduzione del saggio contenuta in L’orgasmo femminile, a cura di Christine l’Heureux, Roma, Savelli editori, 1981. Sebbene infatti esista in italiano questa parziale traduzione del testo di Dodson, possiamo notare come nel processo di traduzione esso sia stato in parte censurato, attraverso scelte lessicali volte a ridurne la portata scandalosa, scelte che evidenzierò all’interno di queste note.
[2] Betty Dodson, Liberating Masturbation, a Meditation on Self Love, New York, Bodysex Designs,1974, p. 11. Tradotto in L’orgasmo femminile (p. 34) come «in pubblico [il suo] interesse per la sessualità»: da notare la trasformazione dell’interesse di Dodson dal “sesso” (sex) inglese alla meno problematica “sessualità”.
[3] Ibidem. «[…] personaggi a grandezza naturale facevano l’amore dietro a grandi fogli di plexiglas tutti colorati vivacemente. I quadri erano appesi ai muri di una galleria d’arte situata accanto al museo Whitney» (L’orgasmo femminile, p. 34). Segnalo qui solo che per Dodson le figure rappresentate non stanno “facendo l’amore” (in inglese have sex o make love), ma proprio fucking.
[4] Ivi, p. 13. «Il fatto che fossi una donna sovvertiva le convenzioni sociali. Perché una donna aveva voluto mostrare in pubblico il suo interesse per la sessualità? Non era certo solo per farsi notare. Il suo gesto doveva quindi avere un significato sociale. Purtroppo era evidente che tutti, praticamente, erano pieni di pregiudizi sessuali» (L’orgasmo femminile, p. 34). A parte il non aver tradotto come questi pregiudizi sessuali siano “socialmente imposti” e di nuovo la trasformazione del “sesso” in “sessualità”, ciò che qui balza subito all’occhio è l’eliminazione di «She obviously would not just “want to get laid” (like a man)», che potremmo tradurre con «Ovviamente non voleva solo “scopare” (come un uomo)», e che viene invece trasformato in un semplice «Non era certo solo per farsi notare».
[5] Ibidem. «[…] la repressione sessuale passa senz’altro attraverso la proibizione della masturbazione. Quindi, praticarla può giocare un ruolo importante nel rovesciamento del meccanismo repressivo e favorire la liberazione sessuale» (L’orgasmo femminile, p. 36).
[6] Ibidem. «Parecchi altri hanno detto recisamente. “Se fosse mia moglie, non avrebbe certo bisogno di usare quello strumento» (L’orgasmo femminile, p. 36).
[7] Il tema dell’asessualizzazione delle madri nella nostra cultura è ampio e merita spazio. Preferisco dunque tornarci in una o più delle prossime puntate di questa rubrica e toccarlo ora solo brevemente.

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