Vai al contenuto

Sound and color: tra Kandinskij e gli Alabama Shakes

Sound & Color è il secondo album degli Alabama Shakes, pubblicato nel 2015. La copertina dell’album, però, sembra essere antitetica rispetto al titolo e al suo richiamo al colore.

Il nome della band non lascia molto spazio all’interpretazione, dato che il quartetto capitanato dalla chitarrista e cantante Britanny Howard viene proprio da Athens, una tranquilla cittadina nella contea di Limestone, in Alabama. L’aspetto più interessante è però il titolo, apparentemente in antitesi con la copertina bi-tonale dell’album. In che modo un album può essere definito “colorato”? In fondo la musica, come qualsiasi altra forma d’arte, è in grado di colorare la realtà secondo i gusti personali dell’artista. Questa trama di colori è a sua volta soggetta alla libera interpretazione dell’osservatore (in questo caso ascoltatore) e può quindi assumere delle tonalità e delle sfumature che non sarà mai possibile catalogare e scrivere nero su bianco.

Secondo Kandinskij vi è un netto collegamento fra la musica e i colori, così netto da poter associare ogni colore al suono di uno strumento specifico. Gli unici due colori esclusi da questo schema sono proprio quelli che compongono la copertina dell’album in questione: il bianco ed il nero. Mentre il primo rappresenta la somma negativa di tutti i colori, il secondo viene classificato come non-colore.

«Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde» [1]

Quello che succede in questi 47 minuti di musica avrebbe fatto ricredere Kandinskij. Blake Mills è stato il produttore artistico che si è occupato dell’arrangiamento e della finalizzazione di questi 12 brani, ottenendo carta bianca dai musicisti sin dalle fasi embrionali; si tratta di qualcosa di abbastanza raro, soprattutto se l’album in questione è il secondo. Questa decisione ha dato a Blake lo spazio, come lui stesso dice, di approcciarsi alla produzione non solo come un fotografo, ma anche come un pittore. Se il fotografo si limita a catturare la performance del musicista nel migliore dei modi senza però intaccare la natura della performance stessa, paragonarsi ad un pittore significa intervenire radicalmente sulle caratteristiche delle sorgenti sonore che andranno a comporre il quadro finale.

ll braccio destro di Blake è stato il fonico Shawn Everett. Durante il processo di missaggio del disco, Shawn dice di essersi ispirato a film e foto per cercare di ricreare lo stesso universo sensoriale in ambito sonoro. In particolare alcuni scatti di John Conn di fine anni ‘70 della metro di New York l’hanno aiutato a visualizzare lobiettivo musicale del disco. Per il singolo Dont Wanna Fight, invece, ha voluto ricreare quella strana sensazione che provava guardando una foto di Bruce Davidson di una ragazza che guardava in camera.

Le atmosfere rétro di questo disco ci portano in una cartolina sgranata dai suoni prima caldi e avvolgenti e un instante dopo distorti e taglienti. Le influenze vanno dal soul di Janis Joplin al R&B moderno di Childish Gambino con melodie vocali vicine ad Aretha Franklin e Bon Scott degli AC/DC. Il resto è musica.

Thomas Macdonald


[1] Vassilij Kandinskij

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.