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La biblioteca perduta

Fotografia di Filippo Ilderico

Auto da fé (Die Blendung), è il primo e unico romanzo di Elias Canetti, pubblicato nel 1935. Dopo essere stato osteggiato dal regime nazista, il libro troverà nuova fortuna a partire dalla sua terza edizione (1963) e farà guadagnare all’autore il Premio Nobel per la letteratura 1981.

Nella Vienna degli anni ’20 il protagonista della vicenda canettiana è Peter Kien, un sinologo di fama interazionale con un unico affetto al mondo: la sua biblioteca. Kien ha una cura maniacale per i suoi volumi, tutti ben ordinati e puliti.

Il romanzo è diviso in tre parti: Testa senza mondo, Mondo senza testa e Il mondo nella testa. Un trittico che, oltre a suggerire un abbozzo di interpretazione, conduce il protagonista verso il finale profetico e apocalittico.

In Auto da fé è fortissima la componente autobiografica di Canetti che, nato in Bulgaria da genitori ebrei, imparò il tedesco durante i suoi studi viennesi. Con questo romanzo Canetti lancia una denuncia nei confronti della catastrofe mondiale sorta insieme all’affermarsi del nazismo. In questa denuncia si condensano sia le sue origini semitiche che lo scoppiettante finale, segno dell’inquietudine dei tempi.

Ma oltre ad essere un libro di denuncia, Auto da fé è anche un romanzo che ricalca il tema archetipico del viaggio. Il viaggio di Kien, però, non è il gioioso ritorno a casa dell’Odissea, né la crescita a lieto fine di Oliver Twist, bensì un percorso sgretolante, che lo allontana sempre più dal suo paradiso di bibliofilo.

L’eden di Peter Kien è la sua casa, e in particolare la stanza adibita a biblioteca, una biblioteca che dalle descrizioni di Canetti pare immensa, piena zeppa di libri introvabili e continuamente rifornita dei titoli più strani in circolazione. Kien passa la maggior parte del suo tempo dedicandosi ai suoi studi e alla cura dei suoi libri, che svela una malcelata ossessione per l’ordine e una paura maniacale per qualunque contatto umano.

Come in ogni viaggio che parta dal paradiso, personalissimo in questo caso, anche Kien commette un peccato originale, un peccato che sarà anche la sua rovina. Non è una mela a tradire il protagonista, bensì una governante: Therese Krummholtz.

L’ignorante donna, assunta da Kien per provvedere ai suoi bisogni, diventerà moglie del sinologo e si impossesserà pian piano della casa e dei libri della biblioteca. Costretto a vagare in una Vienna grottesca in compagnia dell’altrettanto grottesco Fisherle, un gobbo appassionato di scacchi incontrato in un locale notturno, Kien si accorgerà della differenza che separa la strada dalla sua biblioteca chiusa.

Dopo la parte del Mondo senza testa, tutto sembra tornare alla normalità, con l’arrivo del fratello psichiatra di Kien e la riappropriazione del protagonista del suo mondo, del suo paradiso.

Ma la precaria condizione di Kien svanisce: la sua biblioteca non è più il suo paradiso, il contatto con la moglie e con la Vienna degli anni ’20 l’hanno cambiato in modo irreparabile. E i suoi libri, così immobili, non lo accolgono più come erano abituati a fare.

Per Kien il paradiso si perde in un gigantesco e simbolico rogo, la distruzione definitiva di una condizione ormai mitologica e lontana. Dalle fiamme non si salveranno né lui né i suoi amati libri.

Giordano Coccia

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