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VELLUTOSETA

Opera di Silvia Farina

Un brano per accompagnare la lettura:

Brano scelto da Mattia Sonzogni, editor musicale

9.25, la danza sicura dei tacchi della Greco. È in anticipo. Dovrò salutarla per primo e sorriderle, ma non troppo. Lei timbrerà il cartellino dall’alto del suo tailleur di seta, un triangolo rosso sul muro informe, antracite. Allora alzerò le pupille dal foglio Excel e le fisserò sul suo polso, dentro uno scrunchie di velluto viola. Sorriderò bevendo dalla tazza col brand dell’Azienda. Sorrido. Lei risponde timida, poi scruta verso il basso. Manca un bottone all’altezza del seno. Forse mi ha visto. Cazzo. La mia mano scorre veloce sul trackpad. File, Salva con nome. Salvo.
E se invece fossi rimasto a fissare, se invece del trackpad la mia mano avesse sfiorato il tailleur e poi aperto il vuoto tra i due bottoni come uno squarcio sul muro antracite, se ci avessi affondato tutto il braccio. Mi sarei tuffato tutto intero, con la faccia e con la lingua, a sentire se la sua pelle è pure di velluto, o di seta, e se ci posso affogare. Avrei respirato il viola duro oltre il pizzo del reggiseno, le sue dita strette ai miei riccioli, io premuto contro il jeans. Allora avrei staccato le labbra dai capezzoli, ossigeno viola su pizzo bianco, balenato un sorriso ebete e sfilato lo scrunchie dal polso. Avrei infilato quel velluto in bocca, come a dire Ora tocca a te.
Lei non avrebbe capito più nulla. Con il seno ancora fuori dal pizzo avrebbe strappato piano il velluto dalle mie labbra, le dita morbide tra i denti. Avrebbe aperto la zip come uno squarcio sui jeans e appoggiato la lingua, attraversando i peli, e poi la vena fino in cima. Il velluto strusciato piano fino a bagnarsi.
Forse sto sudando. Il pino pungente del mio deodorante mi riporta al muro antracite. Emma è lì, un triangolo rosso. Socchiude gli occhi e appoggia indice e medio sulla bocca, come a dire: Sigaretta?

9.25, cinque minuti in anticipo. Dall’altra parte della scrivania Alex della reception accenna un sorriso. Smartwatch, notifica: Room 302 ore 10, meeting con l’Head of Communications. Ci sarà il solito soffitto antracite, gli indicatori di performance sparati come Bibbia sul muro, la frutta sul tavolo che può toccare solo il CEO.
Cazzo, il primo bottone del tailleur si è scucito all’altezza del seno. Alex sposta fulmineo lo sguardo di nuovo sullo schermo. I suoi riccioli mori scivolano sulla camicia di finto lino, spuntano dall’intercapedine metallico tra i due monitor. Odore pungente di deodorante maschile sottomarca. Socchiudo gli occhi e appoggio indice e medio sulla bocca, come a dire: Sigaretta? Alex mi fissa. Fumare più di due sigarette al giorno va contro la policy dell’Azienda. Se fuma ora, poi ne ha solo un’altra per nove ore. Tengo lo sguardo fermo, le dita ancorate sulle labbra.

I cerchi di fumo si dissolvono lievi contro la ruggine della tettoia. La pioggia batte fitta e ci toglie il peso di dover dire cazzate.
Primo tiro appoggio la schiena di seta sul cemento. Espiro.
Secondo tiro lui guarda l’acqua che trabocca dalla grondaia.
Terzo, gli sfilo la sigaretta e la metto in bocca. Lui alza lo sguardo, poi lo fissa vago sul bottone mancante del tailleur. Allungo il collant destro sul suo ginocchio di jeans. Sono licenziato, deve pensare. Invece mi dice: Mi sono fatto male al piede. La partita ieri.
Con l’indice getto le cicche a terra e mi chino completamente, fino a baciargli lo stivale bagnato. Lo guardo da quaggiù. Espandersi. Le sue mani volano verso il pavimento e mi agganciano sui fianchi. Mi alzo mentre lui appoggia la seta sul muro grezzo. Libero la mano destra e la infilo sotto la sua cintura, attraverso i peli. Collo sudato su muro antracite, sto mangiando tutta la frutta del CEO.

Racconto di Martina Bani
Editing di Martina Costanzo


L’autrice

Martina Bani nasce nel 1996. Nel Regno Unito e in Australia ha studiato filosofia, sociologia, cinema e lavorato nel marketing culturale. Si sente troppo britannica per essere italiana e troppo italiana per essere britannica. Crede che non appartenere completamente a due luoghi possa voler dire sentirsi vicina al cuore di entrambi.
Ha scritto poesie in inglese, di cui una pubblicata da Fly On the Wall Press nel 2022, tradotto poesie dall’italiano per The Burner, ed è tornata da un anno in Italia per fare della scrittura un ponte tra due lingue e parti di se stessa. Ha frequentato la Scuola Holden. Non sopporta le uvette, i carlini e lo sguardo maschile.

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