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RIBOLLIRE LENTAMENTE SENZA ARDORE

Opera di Silvia Farina.

Un brano per accompagnare la lettura:

Brano scelto da Mattia Sonzogni, editor musicale.

Viola continuava a girare la polenta: sembrava voler abbandonare ogni frustrazione in quella coltre gialla. Sentiva Giorgio vociare allegramente con Massimo, due pòrci aggrovigliati alla luce della televisione, all’insegna di un commento pronto a scivolare sotto la gonna delle Veline.
Si concentrò sulla polenta: non c’era abbastanza acqua. L’assaggiò: non c’era abbastanza sale. L’ascoltò: bolliva troppo poco, la sua rabbia di più. Prese un bicchiere, lo riempì e mescolò di nuovo. Ora era perfetta, l’aria si formava velocemente, pronta a insorgere a ogni giro di ronda del cucchiaio di legno. Una bolla esplose, raggiungendo il polpastrello di Viola e provocandole uno scatto all’indietro. Mise il dito sotto l’acqua fredda, continuando a guardare le bolle nella pentola: noi continuiamo a scoppiare, vieni qua con noi, manchi solo tu. Un canto delle sirene.
“Viò, ma quando è pronto?”, tuonò Giorgio dal salotto, affondato nel divano con il suo grosso didietro.
“Ci vuole ancora un po’”, rispose lei dalla cucina.
I matrimoni falliti sono la prova matematica che legare due persone per la vita può essere controproducente. Purtroppo, quando Viola si era messa l’abito bianco, questo non glielo aveva spiegato nessuno.
Forse, se fosse stato giallo come la cena di stasera, ci sarebbe arrivata da sola: un colore povero come il piatto, che per cuocersi deve ribollire austero per ore. Soprattutto, che per quando è davvero pronto ti è passata la fame, hai già mangiato quasi metà del condimento e ti sei scottata almeno un dito.
Per Viola però, la cucina era un Regno e lei ne era la Regina, l’unico Olimpo dal quale guardare tutti dall’alto e finalmente comandarli. Si asciugò le mani sul grembiule imbrattato di sugo e sorrise.
Si ricordò di quando, durante le cene che organizzava nel suo appartamento universitario, indossava vestiti con orli di pizzo sopra il ginocchio e intrecciava perfettamente i capelli perché non si guastassero con i vapori della cucina. Ora il suo armadio era colmo di grembiuli sbiaditi e i suoi capelli bianchi riflettevano i segni di un’amara nostalgia.
Nonostante i suoi cinque anni di università, la sua gioventù mondana e quel bel lavoro lasciato in un angolo, la cucina era l’unica casa che le era rimasta, l’unico segno del suo passaggio nel mondo.
Dall’alto dei suoi fornelli, Viola ripensò a quando conobbe Giorgio, un uomo la cui genialità era sfociata in pura frustrazione. Anche della frizzantezza dei suoi folti capelli ribelli non era rimasto più nulla.
Le loro anime si erano incrociate sotto la luce colorata delle piste da ballo degli anni Ottanta, all’insegna dei balli di gruppo e della lacca per capelli. Andarono a convivere quasi subito, da amanti a conviventi, da conviventi a sposati, due passaggi netti che demolirono quel poco amore che Giorgio serbava per Viola. Provarono ad avere dei figli, ma non ci riuscirono mai.
Comprarono quella casa dopo qualche anno di matrimonio, dove la sua unica pretesa fu quella di avere una cucina più grande. L’addobbò con piante grasse e tende verdi: una sempre speranza che con gli anni sbiadì, lasciando macchie giallognole come i denti di lui. Non ebbero mai il coraggio di sostituirle.
“Viò, ma quanto ci metti? Io e Massimo abbiamo fame!”. Lei decise di non rispondere, lui colpiva, lei schivava, la sua rabbia ribolliva e come la polenta si addensava. Un semplice loop. Un matrimonio.
Si avvicinò al burro e lo prese con il cucchiaio. Era burro di capra, lui era allergico al latte di vacca. Una volta, dopo un piatto di ravioli burro e salvia, aveva passato tutto il giorno in bagno e lei aveva dovuto fare pipì dietro l’albero di pino in giardino. La cagna di casa.
Mentre guardava il burro sciogliersi nella polenta, le bolle iniziarono a gonfiarsi e ricominciarono il loro canto di sirene.
Viola, non trovi che questo burro ci renda più salate? Non vorrai rovinare il tuo meraviglioso lavoro.
“Non ho altro, ragazze. Lui decide tutto, persino il sapore del burro”.
Le sue papille non sono le tue, non sentono il vero gusto: se usi un po’ di latte, non se ne accorgerà mai. Lui vuole essere nutrito, nutriamolo.
“Non me lo lascia comprare il latte. Controlla sempre la spesa per vedere quanto spendo. Una volta, ho comprato delle calze al supermercato e mi ha insultata perché costavano troppo. Mi ha detto che tanto le gonne non mi stanno più bene”.
Hai pensato a quanto sarebbe divertente?
“Cosa?”.
Vederlo rotolarsi sul pavimento a tenersi le budella, guardarlo mentre la faccia gli si contorce di dolore e ti chiede aiuto seduto sul water. Non ti piacerebbe vederlo soffrire, anche se per poco, sapendo che è merito tuo?
Viola si lasciò sfuggire un sorriso “Sì ma non ho il latte, quindi non saprei come”.
Le bolle s’illuminarono.
Sì, ma i tuoi lassativi li hai ancora, no?
Aveva ragione Ulisse: le sirene ti chiamano al peccato e tu irrimediabilmente rispondi, anche a costo di affogare. Si avvicinò al cassetto dei medicinali: Oki, Tachipirina 1000, Brufen, Imodium e poi finalmente Dulcolax, scaduto da sette mesi. Tanto meglio.
Prese un bicchiere, schiacciò sei compresse e le mise in una ciotola. Prese il mestolo e si riempì il piatto, poi lasciò cadere la polvere nella pentola e la mescolò bene. La polenta inghiottì ogni singola traccia.
È così facile a volte scatenare una reazione in qualcuno. Puoi decidere quando farlo arrabbiare, quando farlo sognare, quando farlo godere e persino quando mandarlo in bagno.
Si concentrò di nuovo sulla polenta: la girò un’ultima volta. Era pronta. Prese il mestolo, lo inzuppò nella sua amante gialla e la mise negli altri due piatti, aggiungendo infine il sugo rosso alla salsiccia e funghi.
Prese in mano i due piatti. “A tavola!”. Sospirò, improvvisamente immobile: era normale, non avere paura?
“Oh, finalmente!” — disse Giorgio vedendola comparire sulla soglia — “stavo per chiedere a Massimo di invitarmi a cena”.
“La polenta richiede tempo, Giorgio”.
“Allora inizia a cucinare prima”. Si sedettero.
Massimo prese il vino, lo versò a Giorgio e poi a Viola. Due bicchieri pieni per loro, mezzo per lei. Una donna non beve quanto un uomo.
Viola assaggiò la polenta: la farina si era addensata perfettamente, era morbida, saporita, forse la sua migliore di sempre. Alzò gli occhi e guardò Giorgio che aveva appena finito di bere un sorso di vino: “Beh, cosa ne pensi?”.
Giorgio la guardò, abbozzò un sorriso un po’ beffardo e si girò verso Massimo. “Dai, vediamo se n’è valsa la pena”.
Mentre Viola lo guardava con impazienza, il marito prese la forchetta, la passò lentamente sugli angoli del piatto e la mise in bocca: “Buona, devo dire che cucinare ti riesce ancora bene. È solo un po’ amara”.
I due uomini finirono la loro polenta con voracità mentre lei li guardava, sorridendo tra sé, consapevole del futuro. La sua gialla palla di vetro. Se è vero che ogni cuoco prima o poi trova il suo piatto, allora lei aveva trovato di più, una compagna. Quel sapore se lo sarebbe ricordato per sempre: non era mai riuscita a ribellarsi, ma la polenta sì.
La sua fenice era rinata dalle ceneri del rimpianto ed era finalmente arrivato il momento di godersi un bel volo. E di riderne.

Racconto di Sophie Grace Lyon.
Editing di Martina Costanzo e Martina Marotta.


L’autore

Sophie Grace Lyon, metà londinese e metà marchigiana, vive a Milano dove lavora in una casa discografica. Nel 2021 ha ricevuto un attestato di merito al “Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti”. A marzo 2022 ha pubblicato la sua prima raccolta poetica “Dell’amore parlatemi velocemente” per Ensemble.

1 commento su “RIBOLLIRE LENTAMENTE SENZA ARDORE”

  1. Geniale! Siamo tutte le sirene della polenta! Sophie descrive le banalità di un matrimonio al capolinea in un modo sorprendente, emozionante e al tempo stesso realistico: Viola nella sua cucina è un’immagine reale che si è stampata indelebilmente nell’anima. Ho letto anche le poesie di Sophie: per favore non smettere mai di scrivere, abbiamo bisogno di scrittrice che raccontano l’universo femminile senza vittimismi o fonti romanticismi! Attendo con ansia il prossimo scritto, prosa o poesia non importa!

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