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Inspirate. Inalate il più possibile: il racconto di San Vuotabudella

Fotografia di Filippo Ilderico

Cavie (Mondadori, 2005) è un romanzo composto da ventitré racconti che raccoglie le storie di un gruppo di giovani scrittori che, ermeticamente isolati dal resto del mondo, cercano di sopravvivere. È la cornice del romanzo di Chuck Palahniuk, autore di culto che ha raggiunto nel 1996 il successo con Fight Club. Per la lettura del primo racconto occorre «fare un bel respiro».

«Ritiro per scrittori: abbandona la tua vita per tre mesi»: è questo l’annuncio a cui rispondono positivamente un gruppo di giovani aspiranti autori, sperando di riuscire a lasciare finalmente alle spalle le distrazioni della “vita reale”. , il luogo indefinito in cui gli scrittori si stanno recando, non è altro che un teatro ormai in disuso, vecchio e desolato, e loro, isolati dal mondo, vedono con il passare del tempo ridursi cibo, riscaldamento ed elettricità. Giorno dopo giorno, quando le varie circostanze si fanno disparate, il lettore assiste a storie sempre più «terrificanti, comiche, avvincenti e stomachevoli».

Uno dei racconti che meglio esprime il sentimento di claustrofobia, di nauseante e disgustoso soffocamento è proprio il primo, quello di Budella, l’autista gravemente sottopeso, pallido e smunto per un motivo che verrà alla luce solo poi, che deve portare gli autori nel luogo dell’incontro.

L’incipitdel racconto delinea in maniera efficace l’inclinazione di lettura:

Inspirate. Inalate il più possibile. Questo racconto dovrebbe durare più o meno il tempo che riuscite a trattenere il respiro, più un altro po’. Per cui ascoltate più in fretta che potete [1]

Il racconto ha come argomento principe la masturbazione. Ma non la «classica sega» quanto, piuttosto, pratiche avanguardiste e sperimentali volte a provocare un orgasmo più forte, un piacere più intenso. Ed ecco che il primo amico di Budella si masturba con una carota, deciso ad intraprendere un percorso nell’autoerotismo legato al pegging, l’altro amico, fratello minore di un militare in Oriente, decide di divertirsi infilando nel pene un’asticella di cera, provando artigianalmente ad imitare una pratica che, a detta del fratello, rende la masturbazione un momento ancor più magico.

Entrambe le storie, tuttavia, finiscono con la scoperta da parte dei genitori e il lettore è catapultato in un sentimento di imbarazzo, di pudica vergogna e di rivoltante soffocamento. 

Ma se in queste storie il soffocamento è solo figurato, nella vicenda personale di Budella, che ora, finalmente, racconta la sua storia, è l’elemento principale.

Ancora masturbazione, sì. Ma questa volta non più nell’intimità domestica della propria stanza, bensì in una piscina. Nel fondo di una piscina:

A furia di seghe, peraltro, mi era venuta una capacità polmonare pazzesca. [2]

Il protagonista vuole andare oltre e viene fatto riferimento al filtro della piscina per la pompa della circolazione: «il massimo era starci seduti sopra nudi». [3] Ed ecco un continuo di masturbazioni, di discese e di risalite, di eiaculazioni e di raccolta dello sperma: è «la Pesca delle Perle», definita così proprio da Budella.

Un giorno, nell’atto di salire dal fondo il protagonista è bloccato. Non riesce a salire. Non si muove. Inizia a mancare il fiato. In pochi istanti passa davanti al giovane ragazzo tutta la sua misera e solitaria vita, i suoi pensieri pornografici, il suo rapporto con il sesso, le sue paure. Lì, nel fondo di una piscina che ormai ha visto di tutto, sta per morire. Ma c’è ancora un po’ di forza e la usa tutta: dà calci, si dimena, grida nonostante il rumoroso silenzio di un fondale di una grande piscina. Sviene, perde i sensi.

Quello che i miei troveranno, di ritorno dal lavoro, sarà un grosso feto nudo, rannicchiato su sé stesso, fluttuante nell’acqua torbida della loro piscina, legato al fondo da uno spesso cordone di vene e di viscere aggrovigliate” [4]

L’immagine è tra le più scabrose: un ragazzo quasi morto, privo di sensi e con grande parte dell’intestino e delle budella fuoriuscite dall’ano. Da quel momento, un giovane ragazzo promessa del football e intenzionato ad una carriera universitaria brillante, rimarrà un ragazzo spento, invalido, smagrito e ancora profondamente legato al sesso, nelle sue sfumature forse più scandalose.

E in un racconto in cui il soffocamento e il senso di ripugnante scabrosità è sia letterale che figurato, l’autore, Chuck Palanhiuk, estremo come sempre, rivela nella chiusa del racconto un dettaglio da far quasi mancare il respiro anche, e soprattutto, al lettore: la giovane sorella di Budella, nuotando nella piscina di famiglia, rimane incinta. Abortirà, la famiglia si trasferirà in un altro Stato e dopo l’aborto i genitori non faranno cenno a questa storia.

E se l’incipitdel primo racconto di Cavie, anticipando temi dominanti dell’intera raccolta del 2005 come il sesso, la masturbazione, il sangue e le perversioni, era un consiglio, un suggerimento al lettore sul trattenere il respiro, ora, l’explicitcorrobora e rinforza le tonalità di nauseabonda asfissia di cui si diceva:

Voi. Adesso potete fare un bel respiro profondo. Io non l’ho ancora fatto.” [5]

Alessandro Crea


[1] C. Palanhiuk, Cavie, Mondadori, Milano, 2016, p. 17
[2] Ivi, p. 19
[3] Ivi, p. 20
[4] Ivi, p. 22
[5] Ivi, p. 24

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