Molto forte, incredibilmente vicino è un film ambientato in concomitanza con i tragici avvenimenti dell’11 settembre 2001. Il protagonista, un bambino con la sindrome di Asperger, deve affrontare il più incomprensibile degli eventi, la morte del padre che tanto amava. Per farlo, inizia una caccia al tesoro a New York per trovare il proprietario di una misteriosa chiave.
Il film del 2011 Molto forte, incredibilmente vicino è un adattamento del romanzo Extremely Loud & Incredibly Close scritto da Jonathan Safran Foer. Diretta da Stephen Daldry, la pellicola è stata candidata agli Oscar del 2012 nelle categorie di Miglior Film e Miglior Attore non protagonista (per l’interpretazione di Max von Sydow). Nel cast, Thom Hanks e Sandra Bullock, insieme al giovane attore Thomas Horn nei panni del protagonista.
Oskar ha nove anni e ha la sindrome di Asperger. Lui e il padre (Tom Hanks) hanno uno stretto e profondo rapporto: l’uomo spesso propone al figlio degli indovinelli e delle cacce al tesoro che divertono entrambi.
L’11 settembre 2001 però è un giorno che cambierà per sempre la tranquilla vita di Oskar. Dopo essere stato mandato a casa da scuola, a seguito dei primi allarmanti avvenimenti, il bambino, rimasto solo, si accorge che nella segreteria telefonica ci sono dei messaggi. Sono di suo padre, che si trova bloccato all’interno del World Trade Center. Il telefono squilla improvvisamente per la sesta volta, Oskar sa che si tratta di suo padre, ma non ha il coraggio di alzare la cornetta. La segreteria registra gli ultimi istanti di vita dell’uomo, poi gli edifici crollano in diretta tv.
Nelle settimane successive, Oskar cerca di razionalizzare ciò che è successo in quello che lui definisce “il giorno più brutto”. Si scontra spesso con la madre (Sandra Bullock), che non riesce a spiegargli il perché di quei terribili eventi, e il loro rapporto peggiore notevolmente.
Un anno dopo, Oskar trova per caso una busta, nascosta dentro un vaso, contenente una chiave misteriosa. Sulla carta c’è scritta solo una parola: “Black”. Il bambino, abituato alle cacce al tesoro organizzate dal padre, decide di scoprire il mistero della chiave e inventa un ingegnoso sistema per trovare e fare visita a tutte le persone chiamate Black che vivono a New York.
Oskar inizia a girare per la città e incontrare tante persone diverse, cosa non facile per lui, dato il carattere introverso e molto riflessivo che lo contraddistingue. Nessuno però sembra aver conosciuto suo padre. Gli si affiancherà, nella sua missione, un uomo anziano che si è trasferito a casa della nonna. L’inquilino non è in grado di parlare a causa del trauma della morte dei suoi genitori, ma ha un sistema tutto suo per comunicare. I due iniziano a fare amicizia, fino a quando Oskar decide di far sentire all’uomo la registrazione degli ultimi attimi del padre, che aveva nascosto. L’anziano uomo si infuria e dice al bambino di smettere di cercare il proprietario della misteriosa chiave.
Oskar non si arrende e scopre quello che sembra un indizio lasciato dal padre: un numero di telefono cerchiato di rosso. Lo chiama, ma risponde una donna (Viola Davis) che aveva già incontrato durante i suoi appuntamenti con i vari “Black”. Lei lo accompagna dall’ex marito, dove verrà svelato il mistero della chiave.
Il film è una delicata rappresentazione del tentativo di un bambino di dare un senso a una tragedia che lo ha colpito da vicino. La sua acuta sensibilità e l’intelligenza fuori dal comune non fanno altro che appesantire il fardello emotivo, e il gettarsi a capofitto in un’impresa misteriosa, armandosi di logica e raziocinio, è il calco del processo di accettazione in evoluzione.
La morte è di già di per sé un mistero, ma le morti tragiche, fatali e improvvise lo sono ancora di più. Ciò che è accaduto l’11 settembre ha riguardato tantissime persone, e ognuna di esse ha sicuramente reagito in modo diverso, ma in parte anche uguale. La storia di Oskar mostra il suo personale modo di elaborare la vicenda, ma è probabile che molti possono rivedersi in lui.
La necessità di capire il perché delle cose, e quasi l’ossessione di avere un obiettivo o una missione, guidano la fase del suo lutto. Questo lo porta a scontrarsi con chi vuole bene, in primis la madre, ma è anche un’occasione di crescita personale. Oskar, per dare un senso alle cose e affrontare le complesse emozioni che prova, da un lato si fa del male, come quando mostra al vecchio inquilino i lividi che si è auto inflitto, ma dall’altro intraprende un’avventura che lo porta sia a superare le sue paure, sia ad accettare l’incomprensibile.
Oskar altro non fa che prendere il caos causato da un tragico avvenimento e cercare di razionalizzarlo, inquadrarlo, dargli una logica, un senso, un motivo. Ma la calma arriverà solo alla fine, quando il bambino scopre che la soluzione al problema che si era posto non è quella che lui aveva programmato.
Martina Costanzo