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La doppia vita dell’adolescente

Fotografia di Manuel Monfredini

Giovane e Bella (Jeune et Jolie) è un film francese del 2013 scritto e diretto da François Ozon, la cui protagonista è un’adolescente che, dopo la sua prima esperienza sessuale, comincia a condurre una seconda vita nel mondo della prostituzione minorile.

Isabelle (Marine Vacth) non ha ancora compiuto 17 anni quando, durante le vacanze estive, conosce un ragazzo tedesco con cui perde la verginità; questo incontro la lascia delusa e insoddisfatta. Al ritorno a Parigi dopo la fine dell’estate, la ragazza viene fermata insieme a un’amica da un uomo che propone a entrambe dei soldi in cambio di favori sessuali. Anche se in quel momento le due amiche rifiutano, sarà questo episodio a far scaturire in Isabelle la curiosità che la porterà a prostituirsi, senza nessuna ragione apparente. Da subito si organizza aprendo un sito internet, adottando lo pseudonimo di Léa, utilizzando un telefono “di lavoro” e rubando dei vestiti alla madre per sembrare, o forse per sentirsi, un’adulta.

La carriera della ragazza finisce quando un cliente anziano muore d’infarto durante uno dei loro incontri. Isabelle viene rintracciata dalla polizia, che non la denuncia ma smaschera la sua seconda identità alla famiglia. Obbligata ad abbandonare Léa, lo pseudonimo che usava come prostituta, la diciassettenne si ritrova a dover condurre una vita normale sotto la supervisione della madre preoccupata. Frequenta i suoi compagni, va alle loro feste e comincia una relazione con un suo coetaneo.

La normale vita da adolescente la lascia insoddisfatta esattamente come la sua prima volta e, non più intenzionata ad accontentarsi, Isabelle riprende alcuni comportamenti di Léa. A letto col fidanzato sfodera trucchi imparati dai suoi clienti e flirta pericolosamente col patrigno. Questo atteggiamento porta la madre, inizialmente in apprensione, a vedere la figlia da un altro punto di vista e a non fidarsi più di lei. La tentazione si fa troppo forte e Léa torna in vita.

In alcuni momenti sembra che Isabelle si voglia circondare delle attenzioni dei suoi clienti e lo spettatore può vederla attraverso i loro occhi: una ragazza giovanissima nuda tra le lenzuola bianche di un hotel di lusso che, pur vestendosi da grande, non riesce a mascherare la sua età. In particolare, Isabelle sembra creare un legame speciale con Georges – il cliente anziano che più avanti morirà fra le sue braccia – che, a differenza degli altri uomini, fa volentieri conversazione con la ragazza. Questo rapporto particolare dà allo spettatore la sensazione che Isabelle, come tanti altri suoi coetanei, stia solo cercando un modo per essere notata e apprezzata.

Il suo atteggiamento comunque non è mai frivolo o coinvolto, ma mantiene sempre un certo distacco e una certa “professionalità”. Ciò che anche alla fine del film sembra difficile da afferrare è la motivazione che la induce a condurre questa vita. I soldi non sono un bisogno incombente per Isabelle, la cui famiglia appartiene all’alta borghesia parigina. Nemmeno l’aspetto sessuale sembra attrarla così fortemente, almeno non nell’atto in sé. Forse, ci fa intuire il regista, è più l’idea del sesso come strumento da poter usare a suo piacimento a interessare la protagonista.

La ragazza non dice mai esplicitamente quale motivo l’abbia portata a costruirsi una seconda vita. L’unica spiegazione che dà è che le piace prendere gli appuntamenti, sentire i clienti per telefono o su internet e poi presentarsi all’hotel indossando vestiti da adulta rubati alla madre: “è come un gioco”, dice. È forse proprio la curiosità, la voglia di sperimentare, di avere dei segreti e di trasgredire, tipica dell’adolescente, la vera motivazione.

Elena Marras

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