Vai al contenuto

Individuo e contesto nel cinema di Roman Polanski

Fotografia di Manuel Monfredini

I film di Roman Polanski mostrano spesso il divario che si crea fra l’individuo e il contesto in cui viene inserito e dal quale viene inesorabilmente schiacciato. Film come L’inquilino del terzo piano e Rosemary’s Baby raccontano l’orrore che in situazioni di apparente normalità si genera quando l’identità dei singoli si scontra con l’identità imposta dall’uomo organizzato.

La dualità del gruppo e del singolo, quasi sempre sconfitto, è forse uno degli aspetti più ricorrenti nel cinema di Roman Polanski, dove il contesto assume quasi il ruolo di un vero proprio personaggio.

L’inquilino del terzo piano [1], in continuità con i due precedenti film della c.d. trilogia dell’appartamento (La repulsione e Rosemary’s baby) ne è uno degli esempi più significativi.

Ne L’inquilino del terzo piano, come in Rosmary’s Baby, il contesto è da ricercare nella apparente normalità dei rapporti di vicinato e della vita quotidiana. Trelkowski (interpretato dallo stesso Polanski) è un modesto e timido impiegato di origine polacca, che decide di trasferirsi in un appartamento da poco liberatosi a causa del tentato suicidio della precedente occupante, Simone Choule. Pur non conoscendola direttamente, Trelkowski fa visita a Simone Chule, ricoverata in ospedale fra la vita e la morte e resa irriconoscibile dalle bende e le ingessature.

Qui conosce un’amica di Simone, Stella, con la quale nasce un reciproca attrazione. Successivamente, il protagonista, sentendosi perseguitato dai vicini e dal proprietario, scivola lentamente verso un incubo di paranoia e allucinazioni. La follia lo allontana da Stella e lo porta a travestirsi ogni notte da Simone Chule, gettandosi infine anche lui dalla finestra. Il film si conclude con la chiusura di quello che si rivela essere un loop temporale. Il protagonista steso su un letto di ospedale, interamente fasciato, urla terrorizzato non appena vede arrivare al suo capezzale se stesso in compagnia di Stella.

Dominato da atmosfere opprimenti e, come da molti ribadito, kafkiane, il film ruota attorno alla figura di un uomo modesto ed emarginato. Il tema della doppiezza del personaggio Trelkowski/ Simone Chule ha dato adito a diverse interpretazioni e soprattutto domande. Trelkowski e Simone sono la stessa persona? Esiste davvero un complotto contro di lui? Trelkowski, osservando la finestra del bagno comune di fronte il suo appartamento, vede spesso degli inquilini fissarlo e decide un giorno di correre fino al bagno a guardando verso la propria finestra vede se stesso affacciato. Una volta tornato confuso in stanza, osserva di nuovo verso la finestra vedendo questa volta Simone ricoperta di bende.

Questo riporta al tema della doppiezza del personaggio e non solo. Da un lato c’è il mite impiegato in rapporto con una parte sconosciuta e velata della sua stessa identità, identità che perde passo dopo passo ogni punto di riferimento. Dall’altro, persino il tema della doppiezza sembra avere un suo doppio. Il dualismo centrale del film fra individuo e collettività, fra un’identità faticosamente cercata e rivendicata ed una invece imposta. Molti sono gli elementi nel film che insistono sul punto: il proprietario che rinfaccia le origini straniere per convincerlo a non chiamare la polizia di seguito a un furto o la portiera che non riesce mai a pronunciare correttamente il suo nome.

Trelkowski, di cui non conosciamo il nome proprio, nel suo delirio si arrende a quanto crede desiderato dalla comunità “diventando” Simone. In questo senso il personaggio, maschile, riprende il personaggio femminile Rosemary e il suo ruolo forzato di madre e moglie ossequiosa.

Ogni domanda relativa al ruolo del sovrannaturale nei film in questione è secondaria. L’orrore vero è sotto gli occhi di chi guarda per tutto il tempo. Personaggi che perdono costantemente se stessi o che non hanno mai davvero compreso se stessi e la propria condizione, che si confrontano con un mondo che li plasma a piacimento spingendoli alla follia o alla sottomissione. Gli stessi personaggi sviluppano una lenta rassegnazione davanti all’inesorabilità di questo processo.

Da qui forse lo straziante urlo atterrito di Trelkowski nel rivedere se stesso dare nuovamente inizio a ciò che è destinato non solo a succedere ma anche a ripetersi.

Andrea Faraci


[1] Titolo originale “Le Locataire”, tratto dal romanzo di Roland Topor.

1 commento su “Individuo e contesto nel cinema di Roman Polanski”

  1. L’eterno ripetersi della vita, la dualità citata nell’articolo, una concezione circolare dell’esistenza che viene simboleggiata nel mito di Sisifo, unita alla contrapposizione ideologica libertà-prigione (dell’anima e della mente in una società pressoché opprimente) che viene visualizzata nella presenza costante di interni claustrofobici: tutto ciò rappresenta la sintesi del pensiero ideologico polanskiano, ed è cinema che produce stupore ed estraneamento costante, da ricordare a lungo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.