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Un paradiso perduto ma sublimato in musica: il “Tristano e Isotta” di Wagner

Fotografia di Filippo Ilderico

Erede della tragedia classica e colonna portante dell’opera tedesca del ‘900 è il Tristano e Isotta di Wagner: una tragedie lirique, la trasfigurazione in musica di un amore platonico – tanto paradisiaco quanto infernale per la sua incompiutezza – tra il grande compositore tedesco e la sua musa Mathilde Wesendonk.

È nella lettera del 1854, destinata all’amico Franz Liszt, che Richard Wagner – compositore, direttore d’orchestra e librettista tedesco – descrive lo sforzo di scavare nelle profondità dell’animo umano al fine di poter realizzare il Tristano e Isotta, un’opera che avrebbe dovuto sublimare l’amore per la sua “santa del paradiso”, ovvero Mathilde Wesendonk, già sposa di un ricco commerciante svizzero presso cui il compositore fu ospite a Zurigo. L’ispirazione risente in realtà anche dell’influsso dell’opera Il mondo come volontà e rappresentazione di A. Shopenhauer.

L’opera, interamente cantata e su libretto proprio, è ispirata ad un poema del XIII secolo del Minnesänger tedesco Gottfied von Strassburg, il quale a sua volta aveva rielaborato una leggenda di probabile origine celtica. La storia – divisa in tre atti – è quella dell’ineluttabile destino di Isotta (figlia del re d’Irlanda, promessa in sposa al re di Cornovaglia Marco) e Tristano (vassallo dello sposo). Gli antefatti della storia sono raccontati dalla stessa Isotta, al centro del primo atto: trovato ferito, Tristano viene guarito da Isotta pur avendo scoperto, attraverso alcuni indizi, che il misterioso guerriero è in realtà il colpevole dell’uccisione del suo amato Morold, morto durante uno scontro. La rinuncia della vendetta da parte di Isotta è scatenata da uno sguardo tra i due, chiave di tutto il dramma, che fa già presagire il loro amore, reso concreto da un filtro magico che sarà bevuto da entrambi, inconsapevoli del suo reale effetto. Dopo una serie di vicissitudini che si snodano lungo gli ultimi due atti, il loro amore segreto – ostacolato dall’obbedienza ai valori di fedeltà e cavalleria – verrà allo scoperto, e i due si lasceranno morire, concedendosi ad un paradiso di felicità ultraterrena.

Già all’inizio, durante il viaggio in nave di Isotta verso il suo promesso sposo, è presente un “indizio” sul destino dei due protagonisti, ovvero un canto affidato ad un marinaio. Le cadenze incomplete del preludio, del resto, non vengono risolte fino alla fine del dramma, che si conclude col canto di amore e morte di Isotta (Liebestod). I numerosi leitmotiv (o motivi conduttori) inoltre, conferiscono omogeneità all’opera e ne scandiscono i temi (il motivo del desiderio, della desolazione e molti altri).

I suggestivi scenari e la passione dei due sfortunati amanti sono espresse musicalmente dall’autore attraverso un alto livello di tensione, servendosi di un cromatismo ascendente esasperato, volto a creare un linguaggio ormai ai confini della rottura della tonalità. L’organico orchestrale scelto da Wagner è inoltre funzionale a garantire un perfetto impasto sonoro durante tutta l’opera; alcuni strumenti irrompono invece dallo sfondo proprio per bucare questo velo di omogeneità.

L’opera è pervasa di opposizioni, esplicitate dalle scelte compositive di Wagner. Un esempio lampante è la notte, simbolo di rivelazione e verità, in contrapposizione all’inganno del giorno. L’autore porta in scena la complessa psicologia dell’animo umano ed esaspera la dicotomia tra il mondo esteriore – fatto di illusorie sovrastrutture che ingannano l’uomo – e il mondo dell’interiorità che appartiene solo ai due amanti, i quali, avendo intuito gli inganni della vita, sublimano il loro amore soltanto con la negazione della volontà di vivere, sino all’annientamento e alla completa fusione nel non-essere. È infatti il dramma interiore l’unico vero evento portato in scena e che senza dubbio ha contribuito a fare del Tristano e Isotta la più rivoluzionaria opera dell’estremo romanticismo.

Tra i vari capolavori del compositore tedesco, questa tragedie lirique, o flusso continuo (così è stato annotato da Wagner) è il sogno artistico di un amore ideale, tanto paradisiaco quanto infernale per la sua impossibilità di concretizzarsi. Del resto è proprio la sua intensità e la sua incompiutezza che hanno permesso all’artista di realizzare un’opera che resta ancora oggi un punto di partenza per la musica moderna successiva.

Eleonora Gioveni

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