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Born in the U.S.A.: la canzone più fraintesa di Bruce Springsteen

Fotografia di Manuela Mastrangelo
Fotografia di Manuela Mastrangelo

Born in the U.S.A è stata da molti interpretata come una canzone patriottica. In realtà è una protesta contro la guerra in Vietnam e dà voce a quei soldati veterani a cui non è stato riconosciuto il sacrificio al loro ritorno negli Stati Uniti.

Ingannevoli sono i colori della bandiera americana sulla copertina dell’album, l’energia dei colpi di tamburo e il titolo della canzone: Born in the U.S.A., singolo del musicista rock Bruce Springsteen, non è stata scritta per enfatizzare lo spirito patriottico degli Stati Uniti d’America, come invece in molti – tra i quali figura anche il presidente Ronald Reagan – hanno frainteso in passato e come tutt’ora accade.

Il brano dell’omonimo album venne scritto da Springsteen per un film e solo in seguito venne riadattato musicalmente, fino a diventare uno dei singoli più famosi del cantante. Il film di Paul Schrader trattava di una rock band che affronta diversi problemi della vita: è dal titolo di questo – che poi venne cambiato in Light of day – che viene chiamata la canzone di Springsteen, il quale aveva scelto inizialmente il nome Vietnam.

Ebbene, la canzone è stata interpretata da molti come un richiamo all’orgoglio del cittadino americano a causa del fraintendibile titolo, che è anche il verso del ritornello coinvolgente e trascinante. In realtà, è una canzone antiguerra e per certi versi antiamericana: la polemica implicita nel testo è rivolta agli Stati Uniti, che non hanno trattato adeguatamente i veterani di guerra in ritorno dal deludente Vietnam, e apre anche una parentesi per tutti gli americani che a casa non sono tornati.

Il protagonista del testo di Born in the U.S.A. è un cittadino americano assoldato per la guerra in Vietnam, l’unica che gli Stati Uniti non vinsero. Un uomo di umili origini che abbandona la sua cittadina per sfuggire agli abusi da parte della famiglia e che, per evitare la prigione, prende in mano un fucile per combattere in guerra. Gli viene imposto di “uccidere gli uomini gialli” nella terra straniera dove viene mandato, il Vietnam.

Tornato dalla guerra, ora veterano, cerca di riottenere il lavoro di prima, ma non è possibile, e finisce in prigione. Nella versione precedente della canzone, c’era una strofa che lasciava la parola al personaggio del datore di lavoro:

“Son, understand, if it was up to me…
‘Bout half the town’s out of work
Ain’t nothin’ for you here
From the assembly line to the front line
But I guess you didn’t hear:
You died in Vietnam.” [1]

“Tu sei morto in Vietnam”, non c’è posto qui per te. La reintegrazione dei veterani di guerra era difficile perché avevano la reputazione di persone alcolizzate, drogate, danneggiate dalla guerra. Un verso dell’ultima strofa dice: “Nowhere to run ain’t got nowhere to go”, questa è la condizione di fantasmi in cui erano costretti i veterani di guerra che Springsteen voleva raccontare. Inoltre, quest’uomo, dimenticato nonostante il sacrificio per il proprio paese, osserva una fotografia: raffigura una donna vietnamita con un uomo americano, meno fortunato del veterano suo amico, poiché perde la vita in Vietnam. “They’re still there, he’s all gone”, è un verso che sottolinea l’evidente futilità della guerra: “I Vietnamiti sono ancora lì”, dice, “mentre lui (suo fratello) non c’è più”.

Alla luce di questi versi, la canzone cambia energia, il ritornello non ha più la stessa carica dell’inizio. Il messaggio della hit del 1984 è: “Io sono nato negli U.S.A. e merito di più di quello che ho ricevuto”.

È probabile che il misreading della canzone come un inno all’America abbia fomentato la sua popolarità. Per questo motivo, Springsteen ha sempre cercato di avvicinare il suo pubblico al significato profondo e tragico della canzone attraverso una varietà di versioni acustiche nei suoi live, in particolare quelli attenuati da un sound blues, accompagnati spesso dal racconto di storie vere di uomini che hanno vissuto il Vietnam.

Teresa David


[1]: Tutte le citazioni presenti nell’articolo si riferiscono al testo di Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen.

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