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Lady Bird: la trasformazione oltre il nido

In Lady Bird (2017), la regista Greta Gerwing racconta il tormento di una ragazza che tenta di costruire la propria identità tagliando ogni legame con quanto più le appartiene davvero.

Lady bird
Fotografia di Hello I’m Nik

Christine Mcpherson (Soirase Ronan) è una studentessa di una scuola cattolica di Sacramento che decide di farsi chiamare Lady Bird. Christine affronta le tribolazioni della sua adolescenza, come la ricerca di un inserimento sociale frequentando personalità affermate ma vanesie fra cui la popolare Jenna (Odeya Rush) e il chitarrista bohemian Kyle (Timothée Chalamet), le tensioni con la migliore amica Julie (Beanie Feldstein), il rapporto conflittuale con la madre e ancora le difficili condizioni economiche della propria famiglia. Muovendosi un po’ goffamente fra tutte queste sofferenze, Lady Bird cerca di trovare la propria identità e il proprio posto nel mondo arrivando anche alla sofferta ma agognata opportunità di lasciare la propria città e l’universo personale che le appartiene.

Nella sua opera prima come regista in solo, Greta Gerwing riesce a proporre una sua versione profonda ed equilibrata del dramma adolescenziale con un tenero ed autentico ritratto della sua protagonista. Punto nevralgico del film è l’agitato percorso di Christine verso la costruzione di una propria identità. A partire dalla scelta di un nuovo nome che pone come una rivendica della sua autonomia rispetto all’autorità genitoriale che le ha imposto un nome.

La sua ricerca annaspa attraverso varie tappe. Ad ognuna di esse si ha l’impressione che ogni sua azione o sforzo di affermazione sia in realtà il rabbioso tentativo di nascondere la sua vera personalità allo scopo di presentarne una più accettabile per se stessa e per gli altri. Primo punto è l’instaurare relazioni sentimentali. La sua prima scelta ricade su Danny (Lucas Hedges). Dopo un periodo di serenità, tuttavia, la relazione termina bruscamente una volta scoperta l’omosessualità di Danny. Christine si avvicina quindi a Kyle che però rivelerà ben presto la sua natura meschina e narcisista. La ricerca forzata di un rapporto, l’idealizzare e subordinarsi al partner rivelano l’atteggiamento di rinuncia alla propria personalità, preferendo rinunciare alla propria sensibilità e volontà di profondità pur di sentirsi accettata, in questo caso, dall’altro sesso.

Per quanto riguarda le restanti relazioni sociali, lo schema si ripete. Così ben presto Christine allontana l’amica Julie per avvicinarsi a Jenna. Nel farlo mente clamorosamente sulla propria condizione sociale e sulla sua famiglia, a sua volta impegnata ad affrontare le difficoltà economiche dovute anche alla disoccupazione e alla depressione del padre. Per accattivarsi la simpatia di Jenna, Christine organizza anche un colorito scherzo nei confronti di una delle suore della scuola, nonostante la simpatia che prova per quest’ultima.

Tuttavia, l’ossessione per l’autoaffermazione, esternata anche attraverso i continui tentativi di accedere ad università lontane da Sacramento, lascia spesso il posto ad un ancora più pressante desiderio di accettazione soprattutto da parte della madre che non sembra mai mostrarle sufficiente attenzione e apprezzamento. Da un lato, la vita di Lady Bird si muove quindi fra la costante e determinata ostentazione di un sé mai davvero compreso dalla stessa Christine. Dall’altro, c’è l’attaccamento al nido da cui vuole sempre fuggire.

Nel finale, dopo il trasferimento a New York, il peso della contraddizione interiore si fa sempre più insostenibile. Così, dopo aver approcciato uno spocchioso estraneo ad una festa ed essersi disperatamente attaccata alla bottiglia, Christine si risveglia in ospedale e, quella stessa mattina, passeggia per la città assolata. Commossa dal coro di una chiesa trovata per caso sul suo cammino, Lady Bird telefona alla madre per raccontarle quanto fosse emozionata la prima volta che aveva guidato da sola nella propria città. Al telefono si presenta di nuovo come Christine, lasciando intendere di essersi liberata dalla propria ossessione per le sue radici semplicemente accettandole.

Andrea Faraci

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