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“De vitae erroribus” o del romanzo di formazione in salsa Calcare

La profezia dell’armadillo, l’esordio cartaceo di Zerocalcare, è la resa di una generazione che vive la «sensazione di essere sempre ferma al palo».

La profezia dell'armadillo
Fotografia di Thanos Pal

«Vabbè ma quindi… Qualcosa nella vita… L’ho fatto? Questa sensazione di essere sempre fermo al palo, di girare in tondo mentre tutti gli altri vanno avanti… Di non aver fatto un metro da quando sono uscito da scuola anni fa… Prima o poi finisce?» [1], chiede incredulo Zerocalcare ventenne al se stesso di dieci anni dopo, ormai artista affermato, che va a trovarlo.

Nella nuova edizione de La profezia dell’armadillo di Michele Rech, uscita per Bao Publishing nel 2017, è presente una premessa in cui lo Zerocalcare del presente consegna al sé di nove anni prima – che non immagina che in due lustri arriverà a vivere dei frutti del suo lavoro – un libro intitolato De vitae erroribus. Si tratta di un compendio che getta uno sguardo retroattivo sugli inizi, su quell’esordio comparso per la prima volta nel 2011 e arrivato nel 2022 alla ventiquattresima ristampa e alle centocinquantamila copie vendute. Calcare si chiede quanto dei suoi ricordi non sia sfumato e perso per sempre nel medium del fumetto, quanto della Camille reale della Profezia sia preservato dalla sua memoria.

Il primo romanzo grafico moderno di Zero si impernia su due filoni narrativi: il racconto pop e irresistibilmente fancazzista della quotidianità del giovane Calcare e il ripescaggio nel passato di alcuni pezzi che possano aiutarlo a far luce sulla morte di Camille, sua storica cotta. Lo sfondo è l’irrinunciabile quartiere di Rebibbia. Calcare si barcamena fra la precarietà lavorativa, conversazioni zen con l’amico Secco, asocialità smaltita a plumcake e binge watching di serie tv culto, la vita dei centri sociali e la difficoltà di venire a patti con qualcosa di non inquadrabile nella categoria dell’esperienza.

La complessità del mondo narrativo di Zerocalcare è quella di un fumetto che nasce in primis da istanze interiori. Le tavole iper caratterizzate dell’artista romano sono la resa grafica di una coscienza che è emblematicamente rappresentata dall’Armadillo ma che è, più generalmente, il motore da cui si avvia ogni singolo frammento di testo. Il personaggio di Zerocalcare è un rielaboratore delle circostanze della sua esistenza: le storie iniziano dal divano di casa sua o dalla sua scrivania, quando alcuni incidenti del vivere quotidiano diventano il pretesto per recuperare riflessioni e fatti che hanno determinato la sua formazione e che sono ancora pregni di significato per lui. È un personaggio personalissimo, che però si presta a fare da specchio alle ansie e alle questioni di una generazione ingolfata con rabbia e ironia nelle aspettative di chi le ha lasciato un mondo in cui a “farcela” è «l’ex compagno di classe analfabeta e pornomane, oggi divenuto consulente di successo».[2] In tragedia e in commedia, appesi alla certezza – fondamentale – di procedere al buio con sprazzi di luce.

Giulia Annecca


[1] Zerocalcare, La profezia dell’armadillo. Artist edition, Bao Publishing, Milano, 2017, p. 5.
[2] Ivi

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