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La meccanica del viaggio di Fast Car

Foto di Manuela Mastrangelo
Foto di Manuela Mastrangelo

Fin dal suo primo album, Tracy Chapman compose musica folk rock impregnata di un profondo senso sociale. Fast car è uno dei suoi primi singoli in cui la protagonista del testo narra la storia di povertà e di speranza simboleggiato dal viaggio in auto.

L’album di debutto, intitolato Tracy Chapman e pubblicato nel 1988, ha per copertina una sua fotografia scura, da cui traspare un senso di malinconia: la cantante appare con la testa china, lo sguardo basso e sfuggente. È un’immagine che rispecchia la descrizione data da Matt Mahurin, il quale la fotografò per l’occasione e collaborò per realizzare il video musicale di Fast Car: la dipinge come una persona dal carattere timido, riservato, ma pervasa da una rara forza di spirito che la rendeva bellissima. La Chapman ha conquistato nel tempo quella forza, passo dopo passo, e i suoi pezzi contengono l’energia che la aiutò a rivoluzionare la sua vita dopo molto dolore dovuto alle difficili condizioni economiche della sua famiglia (viveva sola con la madre) e ai frequenti maltrattamenti e alle discriminazioni razziste subite.

Probabilmente fu questa forza di cui parlava il fotografo a permettere alla cantante di raggiungere quella soglia del successo con un’esibizione memorabile a soli ventiquattro anni, poco dopo aver terminato gli studi in antropologia. Si esibì al concerto anti-apartheid in onore del settantesimo compleanno di Nelson Mandela, nel 1988, tenuto allo Stadio di Wembley a Londra. Vi parteciparono molti artisti, tra cui Whitney Houston, Sting, Bono, Prince e molti altri. Dopo un contrattempo che impedì a Stevie Wonder di suonare, la cantante salì sul palco da sola, con la sua chitarra acustica, e incantò tutti i presenti suonando Fast car. La canzone divenne così una hit mondiale e lo stesso anno la Chapman vinse tre Grammy Awards.

Uno dei premi lo vinse proprio grazie a Fast car, la toccante canzone che spopolò nel 1988. Ebbene, se non si conoscesse il testo, non si direbbe mai quale ombra veli questo pezzo in realtà. L’arrangiamento è semplice, dal sound folk rock, la voce profonda della cantante non si eleva mai troppo oltre un certo limite. Il deejay Jonas Blue, assieme alla cantante Dakota, incise una cover di Fast car nel 2015, facendone una canzone tropical house, perché per lui il pezzo significava molto,: ricordava di ascoltarla sempre nei viaggi in macchina con la madre.

Ma il viaggio di cui la protagonista del testo racconta è ben diverso da uno spensierato viaggio in macchina. Non ci si deve lasciare ingannare dal titolo della canzone.

Come in tanti altri brani composti dalla cantautrice, dalle parole di Fast car scaturisce una malinconica storia di disperazione.

La prima strofa rappresenta perfettamente quale stato d’animo la musicista volesse delineare: la protagonista, giovane e impaziente di voltare pagina, vuole scappare dalla sua città con la persona che ama a bordo della sua auto, qualunque posto sarebbe meglio di dove si trovano ora, e nessuno dei due ha niente da perdere:

«You got a fast car,
I wanna ticket to anywhere,
Maybe we can make a deal,
Maybe together we can get somewhere,
Any place is better,
Startin’ from zero, got nothin’ to lose,
Maybe we’ll make somethin’,
Me myself I’ve got nothin’ to prove».

A quel punto, la protagonista racconta la propria storia al suo compagno di viaggio: in passato, la madre se n’è andata, abbandonando lei e suo padre, che non riusciva a mantenere un’occupazione stabile per il suo problema d’alcolismo. È a quel punto che la ragazza decide di caricare sulle proprie spalle tutto ciò che ha lasciato la madre, smettendo di studiare e trovando un lavoro umile per sostenere da sola la famiglia.

Il ritornello è molto forte, potente anche musicalmente: la protagonista si lascia andare ad un ricordo che le infonde la speranza per un futuro migliore. Il sogno di libertà è simboleggiato da un viaggio in auto ad alta velocità einsieme all’uomo con cui vuole cambiare la propria vita radicalmente.

«’Cause I remember when we were drivin’,
Drivin’ in your car,
Speeds so fast I felt like I was drunk,
City lights lay out before us,
And your arm felt nice wrapped round my shoulder,
And I, I had a feelin’ that I belonged,
And I, I had a feelin’ I could be someone».

Nelle strofe successive, la protagonista continua a raccontare la propria storia, che si fa straziante nel momento in cui il testo dice: «So take your fast car and keep on drivin’». Il passato della protagonista si è ripetuto, lei è l’unica rimasta in piedi. L’uomo che amava non le è stato accanto come credeva ed è come riavere suo padre a fianco. A questo punto, la protagonista si arrende, esausta e spogliata della speranza che la muoveva all’inizio. Metaforicamente, scende dall’auto su cui viaggiava assieme all’uomo, e gli dice di correre in fretta lontano da lei. «Is it fast enough so you can fly away?».

Nonostante la voce di Tracy Chapman ci trasporti ininterrottamente avanti nel tempo della storia della protagonista attraverso immagini evocative per quanto concrete, alla fine della canzone scopriamo di aver girato in tondo per tornare al punto d’inizio. Non è cambiato nulla nella vita della protagonista e questa circolarità è straziante. Per quanto abbia provato a scappare, la protagonista si trova sempre incastrata dove non vorrebbe essere.

È questo tipo di storie che stanno a cuore a Tracy Chapman ed è lo spirito vigoroso con cui le affronta che l’ha portata a vincere in seguito diversi premi, oltre alla soddisfazione di sostenere le persone più in difficoltà attraverso la musica.

Teresa David


Tutte le citazioni sono tratte da Fast car, Tracy Chapman, 1988.


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