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Good night, and good luck: la lunga notte di una democrazia morente

In “Good night, and good luck” (2005), George Clooney, alla sua seconda prova come regista, racconta la storia di Edward R. Murrow, il coraggioso giornalista della CBS che ha mostrato uno dei lati più oscuri e decadenti della democrazia americana all’indomani della vittoria sul nazismo.

Fotografia di James Kemp

Con il suo secondo film da regista, Good night and good luck, George Clooney decide di affrontare uno dei temi più delicati e drammatici della storia americana. La terribile tirannia maccartista ha infatti mostrato le critiche fragilità della democrazia americana proprio successivamente alla vittoria alleata sulla potenza nazista.

La vicenda si sviluppa nel 1953 in un’America flagellata dalle liste di proscrizione del Senatore MacCarthy, che giungono a sconvolgere anche il mondo del giornalismo. Edward R. Murrow (David Strathairn), giornalista della CBS e conduttore della popolare trasmissione See it now, decide quindi di condurre una serie di inchieste sui metodi e gli obiettivi MacCarthy, con lo scopo di smascherarne definitivamente il dispotismo e il disprezzo per alcuni fra i più basilari diritti civili. Lo scontro fra i Murrow e MacCarthy, che metterà in serio pericolo il futuro professionale del giornalista, sarà uno dei punti di svolta che deciderà il declino del Maccartismo. Tuttavia, proprio il triste rammarico del protagonista per il clima di paura, acquiescenza e opportunismo che aveva permesso a MacCarthy di spadroneggiare, potevano essere solo il primo monito di una futura e ben più grave decadenza.

Ad ogni livello, la serenità dei cittadini statunitensi si vede stritolata dall’imposizione di un pensiero unico e dalla fobia del nemico, dall’oppressione della libera manifestazione del pensiero e cultura del sospetto. Il controllo pervasivo della vita privata dei cittadini e le costanti ed evidenti violazioni dei più elementari diritti civili diventano una costante quotidiana ed incontestata.

In questo contesto di acquiescenza ed incredulità generale, il coraggio poteva tradursi anche nella semplice narrazione dei fatti esattamente per come stavano, ossia in un giornalismo sincero ed orientato non tanto alla neutralità, ma all’unica partigianeria che nella visione espressa dai personaggi dovrebbe orientare il lavoro del giornalista, ossia la costante vigilanza nei confronti degli abusi di un potere costituito.

Murrow pone l’assoluta necessità di un’azione in tal senso alla luce della propria deontologia professionale e a quella della sua coscienza civile. In un contesto in cui l’oscurantismo della caccia alle streghe anticomunista penetrava anche l’ambiente giornalistico e televisivo, Il protagonista vede consumarsi non solo la possibile tragedia politico-sociale ma anche i singoli drammi individuali. Il riferimento va in particolare alla figura di Don Hollenbeck (Ray Wise) per il quale l’ulteriore accusa di filocomunismo, che ne compromette il futuro professionale, contribuirà al suo suicidio.

Lo stile registico sobrio ed elegante della regia di Clooney, dai toni quasi documentaristici, fa da controcanto alla figura di Murrow, la cui ferma serietà e pacatezza sembrano assumere un ruolo simbolico. L’equilibrio che il protagonista e i suoi collaboratori mostrano nella trasmissione condotta e di fronte alle pressioni politiche ricevute diventano paradigma della ragionevolezza che contraddistingue la riflessione democratica, incentrata sui fatti. Dall’altra parte soltanto il frenetico oscurantismo di una politica autoritaria fondata sulla paura del nemico.

Good night, and good luck, ossia il saluto finale che il protagonista rivolge ogni sera al suo pubblico, e che dà il titolo al film, va assumendo nel corso della narrazione il tono di un augurio di carattere politico per ogni cittadino in ascolto. L’augurio di sopravvivere a un periodo di oscurantismo e di poter tornare a vivere effettivamente in uno stato di diritto e di libertà.

Il film si apre con l’inizio del discorso tenuto da Murrow dinanzi alla Radio Television Digital News Association, e si chiude esattamente con le battute finali del medesimo discorso, dove con una drammatica capacità di analisi, descrive duramente cosa la televisione era diventata già nel 1958, e cosa rischierebbe di diventare senza un intento culturale improntato all’educazione e alla libertà di espressione. Per lo spettatore contemporaneo, la chiusura del discorso di Murrow, così come la vicenda umana e professionale di chiunque sia caduto vittima di meccaniche simili, non può che portare quell’eco tanto di eroismo quanto di disperata malinconia di chi vi sa riconoscere qualcosa di familiare.

Andrea Faraci

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