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Sonorizzazioni urbane: Cries of London di Luciano Berio

Fotografia di Chiara Pitrola
Fotografia di Chiara Pitrola

In una brumosa giornata di metà ‘700 nel mercato della city londinese risuonano i gridi dei venditori che decantano le qualità della loro merce. Su quest’impressione Luciano Berio costruisce la composizione Cries of London.

Luciano Berio (1925 – 2003), ligure di nascita, esordisce come uno dei più decisi esponenti dell’Avanguardia e della scuola di Darmstadt. Centrale nella sua prima produzione è l’interesse verso le sperimentazioni della musica elettronica che lo porta a fondare, nel 1955, lo Studio di fonologia musicale Rai di Milano assieme al collega e amico Bruno Maderna.

L’avanguardia non è però un dogma, Berio si mostra fin da subito curioso verso ogni manifestazione del mondo sonoro: esemplificativi sono Folk –Songs (1964) e Beatles Songs (1967) dove il compositore gioca deliberatamente con elementi extra-colti. Materiali musicali con un alto tasso di referenzialità dialogano con l’astratto e visionario linguaggio avanguardista, senza però dimenticare la lezione della musica europea sette-ottocentesca.

In questa tendenza non solo alla commistione ma all’esplorazione di un mondo sonoro stratificato si inserisce la composizione Cries of London (Gridi di Londra), in una prima versione del 1974, riveduta successivamente nel 1976. Dedicatari di questo piccolo ciclo sono gli Swingle Singers, atipico ensemble vocale per cui Berio scrive diversi capolavori, fra i quali Sinfonia (1968). I gridi a cui fa riferimento il titolo della composizione, e che Berio mette in musica, sono quelli dei venditori ambulanti del mercato londinese fra ‘600 e ‘700, un’idea che viene al compositore osservando alcune stampe d’epoca.

C’è un illustre precedente seguito consapevolmente: il compositore cinquecentesco Clément Janequin, noto per le sue chanson, impregnate di un forte descrittivismo musicale, in cui la voce imita ora il canto degli uccelli, ora il clangore delle armi in battaglia. Di questa vasta produzione fa anche parte Les cris de Paris, voir Voulez ouir les cris de Paris (I gridi di Parigi, voi volete udire i gridi di Parigi) che ritrae le urla dei mercanti parigini di quel tempo.

Dall’esempio di Janequin Berio riprende la struttura: dopo un brano introduttivo, che funge da cornice, vengono presentati i gridi, basati su un materiale breve e frammentato che viene assemblato e montato su una complessa intelaiatura corale.

Il brano di apertura (These are the cries of London Town) rappresenta una sorta di commento dell’autore, che guarda al passato dalla prospettiva di un uomo dell’oggi. Tuttavia l’incipit non ha un sapore moderno ma immerge l’ascoltatore in un’atmosfera antica, creando una dimensione onirica e sospesa. Con l’uso delle voci Berio costruisce un accordo per quarte (elemento armonico che denota la modernità musicale) al cui interno il contralto propone una melodia diatonica basata su un tetracordo (elemento antico). All’opposto i brani che descrivono i gridi sono caratterizzati da una scrittura più rarefatta, dove il linguaggio musicale sfrutta ogni risorsa, sperimentando con le possibilità della voce. Si realizza così un chiasmo stilistico fra passato e presente, nel moderno si annida l’antico e viceversa.

La riproposizione dell’idea di apertura è alternata ai gridi dei venditori (il secondo, il quarto e il sesto numero del ciclo). La costruzione di questi episodi ha una dimensione spiccatamente teatrale. Le voci centrali (contralti e tenori) propongono i gridi, impersonando i venditori, mentre le voci esterne (soprani e bassi) riverberano e amplificano il frammento popolare tramite giochi fono-simbolici.

Ad accentuare il sapore popolare e realistico del brano è il particolare uso della voce, modellata con fini espressivi. Lo stile vocale non è lirico, le voci procedono cantando senza vibrato, sfruttando ora effetti, ora giochi sonori al limite fra il declamato e il cantato.

Nel brano che suggella il ciclo, cry of cries (grido di gridi), riemergono frammenti e ricordi dei brani precedenti. In un universo eterofonico che filtra la percezione sonora attraverso la memoria, Berio restituisce la molteplicità che caratterizza il mondo urbano. Dopo aver presentato dei piccoli quadri in posa, sulla partitura viene trasferita la percezione sonora dei sensi.

La Londra del settecento diviene così il simbolo della complessità urbana, dove diversi elementi, in apparente contrasto, coesistono fra di loro. Dal loro scontro nasce il dinamismo che dà linfa alla continua dialettica fra passato e presente.

Mattia Sonzogni

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