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Travis Bickle: di fronte allo specchio

Tra le strade bagnate e gli assoli di tromba, tra le vetrine illuminate dei diner e le gambe delle prostitute, nella frenetica New York notturna degli anni ’70 è ambientato Taxi Driver, il film cult di Martin Scorsese con uno dei protagonisti più ambigui e solitari del grande schermo.

Travis Bickle viene presentato all’inizio del film come un giovane americano che ha servito in Vietnam e che cerca lavoro come tassista notturno per rendere produttiva la sua insonnia.

Già dai primi minuti si può capire che non ha legami o passioni. Quello che si riconosce in lui è una completa solitudine, un disprezzo per tutto quello che lo circonda e una profonda incoerenza, che stanno alla base di ogni sua azione e ogni suo pensiero.

È proprio una delle scene più iconiche di questo film a far entrare lo spettatore con molta naturalezza nella mente contorta del protagonista: si trova nel suo appartamento davanti allo specchio e sta provando ad utilizzare un marchingegno costruito dal lui stesso, che gli permette di nascondere la pistola nella manica della giacca, per poi farla scivolare lungo il braccio fino alla mano.

Appare così, da solo, mentre si parla allo specchio e pronuncia quella famosa battuta, facendo scattare il meccanismo della pistola e puntandola verso il suo riflesso: «stai parlando con me?».

Con chi ce l’ha Travis Bickle? A chi vuole puntare la sua pistola? Parla, nei suoi farfugli deliranti, della gente e del marciume che non può fare a meno di notare sui marciapiedi di New York. Sta puntando la sua pistola contro la società, ma nel farlo la punta verso se stesso.

È il 1976, e la guerra del Vietnam è appena finita. Travis è probabilmente tornato da poco negli Stati Uniti; si ritrova in una città, in una nazione che è cambiata mentre lui era a combattere, proprio per quella società in cui non si riconosce più. Travis è tornato, ma lo è davvero? È solo, non ha niente di cui occuparsi, non riesce a smettere di pensare e per questo la notte non riesce a dormire. Diventa tassista, proprio per sbarazzarsi di quelle voci nella sua testa, che invece continuano a crescere sempre di più, mentre assiste alla decadenza del paese in cui credeva tanto mentre era via. Vede delinquenza, prostituzione, sporcizia, droga, disordine, tradimento. Travis si sente abbandonato dal suo paese, dalla società che aveva salutato sperando di poter tornare, solo che ora non è più la stessa.

È così che nella sua mente comincia a svilupparsi il bisogno di dover intervenire. È così che si ritrova davanti allo specchio, a puntare una pistola al suo riflesso, che rappresenta tutto quello che trova di sbagliato in quel mondo nuovo.

Elena Marras

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