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Solennità quotidiana: Fanfare for the common man di Aaron Copland

Allo scoppio della seconda guerra mondiale Aaron Copland non celebra la brutalità della forza militare ma mette in scena la strenua resistenza quotidiana della società civile.

Fotografia di Thomas Ashlock

Aaron Copland (1900 – 1990), newyorkese e di famiglia ebrea, è stato in vita uno dei compositori americani di maggior successo. La sua musica incarna l’autentico spirito americano. Dopo un esordio nel solco della musica seriale e di alcuni esperimenti di Igor Stravinsky trasforma il suo stile cercando maggiore comunicabilità. Forgia un vero e proprio suono che nella sua iconicità identifica immediatamente i tratti salienti del cosidetto “nuovo mondo”: gli ampi spazi naturali, la frenesia del mondo urbano, la vivacità rustica della musica popolare, l’eroismo della nazione.

La sua natura di compositore incline a celebrare la grandezza della nazione statunitense lo porta a ricevere numerosi commissioni nell’ambito di eventi e celebrazioni pubbliche. Nell’estate del 1942, pochi mesi dopo l’entrata in guerra degli americani in conseguenza all’attacco giapponese a Pearl Harbor, viene commissionata a Copland una fanfara per celebrare l’impegno militare della nazione.

Il risultato è un brano che diventa subito un classico nel repertorio musicale statunitense, Fanfare for the Common Man, per ensemble di ottoni e percussioni. Il titolo del brano si ispira a un discorso del vicepresidente Henry A. Wallace che aveva celebrato il XX secolo come il “secolo dell’uomo comune”.

La fanfara di Copland è costruita con semplicità, tramite gesti iconici e immediatamente evocativi. Il brano è aperto dai colpi vigorosi delle percussioni, segnale di forza e giustizia. Successivamente compare un secondo elemento dal valore fortemente simbolico, l’arpeggio sulla triade maggiore. Il linguaggio è chiaro e nitido, senza sbavature. Viene privilegiato l’utilizzo di intervalli consonanti come la quinta e la sesta nella scrittura a due voci. Copland ricorre esclusivamente all’impiego di un’armonia chiara e schematica, che procede per compatti blocchi accordali, ad evocare l’indefessa coesione del popolo americano.

Il brano è una solenne perorazione, non dedicata a un milite ignoto, come avrebbe voluto una certa retorica bellica, ma agli uomini e alle donne di tutti i giorni. Nell’ora più buia, al tragico scoppio della guerra, Copland sceglie di mandare un universale messaggio di speranza. Nella battaglia per la libertà contro la tirannide le gesta eroiche che contano non sono quelle militari, dove prevale il brutale esercizio della forza cieca. Attraverso invece lo sforzo della società civile, capace di incarnare ancora una volta il mito del sogno americano, è possibile difendere gli ideali di democrazia e uguaglianza dei popoli. L’eroismo non è concentrato in singoli atti di potenza bellica, ma si manifesta nella resistenza instancabile dell’individuo alle sfide della quotidiniatà.

Mattia Sonzogni

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