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I frammenti d’amore di Pier Vittorio Tondelli

Foto di Luca Torriani

Nel 1986 Pier Vittorio Tondelli prepara una strenna natalizia di pochissime tirature da regalare ad alcuni intimi conoscenti. Nascono così Biglietti agli amici, frammenti e micro prose che testimoniano il percorso sentimentale dello scrittore emiliano nel passaggio verso la letteratura interiore.

Pier Vittorio Tondelli ha vissuto di scrittura, tanto da riversare in essa ogni affanno e gioia senza soluzione di continuità. Pertanto, il rapporto inscindibile arte-vita è evidente osservando le tappe della sua produzione: se Altri libertini (1980) e Pao Pao (1982) nascono sotto il segno del vitalismo giovanile di un ragazzo che si è formato negli anni Settanta tra contestazione giovanile e scoperta del rock, ciò che viene messo giù, rivisto e pubblicato dall’82 in poi segna un diverso passo autoriale, quello di chi nella vita privata sta vivendo l’approssimarsi di una fase più adulta, che comporta esigenze e modalità differenti di espressione.

Biglietti agli amici, uscito per la prima volta nel 1986 per la casa editrice bolognese Baskerville, è in realtà un progetto pensato da Tondelli già dal 1982 e costituisce un avviamento verso la poetica della letteratura interiore, che avrà piena realizzazione in Camere separate (1989). Innanzitutto, è un libro concepito per pochi, per gli amici, e solo dopo la morte di Tondelli ristampato per il grande pubblico a cura di Fulvio Panzeri per Bompiani, secondo la volontà dello scrittore. Si compone di 24 biglietti, uno per ogni ora del giorno e ognuno dedicato ad personam, prose private dal tono fortemente connotato in base al singolo destinatario. Ciascun biglietto è preceduto da una tavola angelica e astrologica che indica gli angeli e i pianeti che governano la corrispettiva ora del giorno o della notte nei giorni della settimana [1]. Flash prosastici frutto di riscritture di autori particolarmente amati da Tondelli, da Ingeborg Bachmann agli Smiths. La struttura dell’opera, la sua frammentazione, l’utilizzo di più lingue (italiano, inglese, francese) e il procedimento combinatorio fanno di Biglietti agli amici un libro consapevolmente postmoderno.

Senza cedere a una rigida catalogazione tematica, si può ipotizzare una guida alla lettura di Biglietti agli amici: i biglietti metaletterari, che riportano riflessioni sull’atto di scrittura e sul significato della letteratura (1, 2, 5); i biglietti intertestuali, in cui si riprendono e/o sviluppano alcune passate e future pagine tondelliane (8, 11, 14, 15, 21, 24); i biglietti filosofico-esistenziali (3, 7, 10, 18, 19, 22); i biglietti elegiaci, in cui viene affrontata la tematica amorosa (4, 6, 9, 12, 14, 16, 17, 20, 23). Come si può notare, questi ultimi sono quelli numericamente più presenti all’interno del corpus dei Biglietti e ne orientano il significato complessivo.

I frammenti lirici e amorosi di Tondelli sono narrati sempre da un io, non c’è mai il distacco del narratore in terza persona, bensì il coinvolgimento tutto carne e cuore di chi vive personalmente ciò che sta raccontando. Una scelta che delinea un deciso avanzare verso un’estetica e delle tematiche individuali, di raccoglimento. L’amore, infatti, viene vissuto in primis come un fatto privato ed è colto nel momento dell’abbandono o dell’allontanamento. La persona amata sfugge e quando c’è non basta, non completa. Con l’altro il soggetto non riesce ad avere l’esperienza di fusione e comprensione che vorrebbe («Why can’t you be just more like me, / Or me like you. / And why can’t one and one / Just add up to two. / But / We can’t live together / But, we can’t stay apart») [2].

Spesso, ad interporsi fra l’io e l’amato c’è una terza persona (Biglietto numero 6). Amori sparsi per il vecchio continente, per Milano, Firenze, Venezia. Amori cadenzati da lontananze geografiche insormontabili e l’attesa che fa da interludio, come se la pienezza dell’avventura amorosa si realizzasse in absentia, nella mancanza, nei ritagli di tempo poco antecedenti l’incontro con la persona amata. A questo proposito, importanti diventano le zone di frontiera e di passaggio come le stazioni («[…] le volte che mi sei mancato sono esattamente questi minuti di attesa e di angoscia e di terribile lucidità aspettando un treno a Santa Maria Novella alle due e trentacinque del mattino») [3]. Attendere l’amore ghiacciandosi le natiche su una panchina o andargli incontro sdraiato sul sedile reclinato di un aereo sono gli attimi funzionali all’io per ricapitolare il sentimento che prova. Un sentimento che, processato dai filtri della memoria e del pensiero, si irrobustisce e non cessa di esistere quando la storia finisce, perché rivive nell’abbandono. L’impazienza febbrile, l’insoddisfazione, si innestano in un’esistenza provata dall’irrequietezza, dal malcontento che volentieri diventa spersonalizzazione, rinuncia anche a se stesso (Biglietto numero 12) «[…] perché non gliela faccio più in tutto questo disastrato squagliamento che sono queste giornate di febbraio, che non ho speranze, che torneranno certo, però adesso niente». [4]

Dopo aver percorso la sua geografia emotiva, fatta di viaggi, appartamenti freddi e bohémiens, nelle capitali europee, lotte fisiche e sentimentali per appartenersi e unirsi indissolubilmente almeno per un’ora, il soggetto amante arriva all’esperienza amorosa spossato e quasi annientato: «In quel dicembre a Berlino, nella tua casa di Kopernickestrasse io volevo tutto. Ma era tutto, o solo qualcosa, o forse niente? Io volevo tutto e mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa». [5]

Poi, però, riparte. Per «[…] bagni di baci in cui rilassarmi e finalmente imparare i suoi movimenti d’amore». [6]

Giulia Annecca


[1] Roberto Carnero, Lo scrittore giovane, Milano, Bompiani, 2018, p. 108
[2] Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici, Milano, Bompiani, 2018 III ed., p. 23
[3] Ivi, p. 101
[4] Ivi, p. 77
[5] Ivi, p. 65
[6] Ivi, p. 89

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