Il movimento della Secessione viennese, nato nel 1897, ebbe come esponente di punta il pittore Gustav Klimt. Tra le opere del suo cosiddetto “periodo aureo”, contrassegnato dalle suggestioni dell’arte bizantina, vi è il ritratto di Adele Bloch Bauer.
A Gustave Klimt, famoso pittore della cosiddetta Secessione viennese, fu attribuito dai contemporanei l’appellativo di “intenditore di donne”, Frauenversteher. Il pittore ha infatti una predilezione per i soggetti femminili. La donna nella sua opera, pittorica ma anche grafica, è descritta nelle sue sfaccettature, sia nelle raffigurazioni più classiche sia in quelle più libere come gli stessi nudi, in cui accentua i contorni in modo a volte assai vibrante.
Si coglie il riferimento al mistero dell’esistenza e dell’identità, con risultati a volte non compresi dai contemporanei, come fu per il caso delle famose tre allegorie delle facoltà universitarie, giurisprudenza, filosofia e medicina, che gettarono il seme per il più grande scandalo artistico che Vienna ricordi.
Specie nei suoi primi anni di lavoro, l’universo delle donne è accompagnato da quella patina dorata che, da un lato, ne fa icone irraggiungibili e fredde, dall’altro lato le rappresenta come simbolo dell’amore sensuale, con un misto di regalità ed erotismo che le rende uniche nel loro genere e che a sua volta non può che confermare come Klimt fosse in realtà un artista sui generis, dai tratti autonomi e originali. Del resto, egli sottopose il suo ideale figurativo a una costante evoluzione: periodi di bellezza classica, con una chiara euritmia delle linee, fanno posto a periodi più “manieristici”, ma tuttavia con la costante capacità di fermare qualcosa al di fuori dal tempo, anche se la sua arte fu fortemente radicata nel contesto viennese di fine secolo e degli inizi del Novecento. C’è chi sostiene, infatti, che è proprio con Klimt che a Vienna comincia la pittura “moderna”.
Per lui e per gli altri componenti del movimento della Secessione l’arte, la cultura e la società sono valori in consonanza tra di loro, con una concezione globale dell’arte che teorizzò come l’opera d’arte dovesse essere l’intera esposizione organizzata, ivi comprese le arti applicate, la grafica, l’architettura di interni e non soltanto i pezzi in mostra.
Come altri pittori famosi anche Klimt ebbe molte modelle, ma una divenne la sua modella per eccellenza, la sua musa ispiratrice: Adele Bloch Bauer, figlia dell’imprenditore Maurice Bauer, poi convolata a nozze con il figlio del barone Bloch. Era una giovane donna, bella, brillante e intelligente (che non mancarono di attribuire a Klimt come amante) e che sarebbe stata destinata a diventare una sorta di mito, anche per via della storia di un suo pregevole ritratto firmato da Gustav Klimt.
Il celebre ritratto di Adele Bloch Bauer n. 1 (Klimt ne fece un secondo qualche tempo dopo), raffigurante una donna ebrea intellettuale e benestante, mecenate e committente di tante opere artistiche, fu commissionato a Klimt dal marito di Adele. Alla morte della donna il quadro fu rubato dai nazisti insieme a tutti gli averi della famiglia Bloch-Bauer e successivamente tornò in possesso della nipote di Adele, Maria Altman, scampata alle persecuzioni naziste. Oggi il quadro è esposto presso la Neue Galerie di New York di Lauder.
Dell’opera si occupò nel 2005 anche una pellicola cinematografica intitolata significativamente Woman in gold. Il ritratto, infatti, è inserito dagli studiosi nel cosiddetto “periodo aureo” dell’artista. Notorio è che il pittore dopo due viaggi a Ravenna, avvenuti nel 1903, sentì forti le suggestioni dell’arte bizantina, scoprendo la tecnica della foglia d’oro tipica di quel periodo e facendone largo uso, specie nei quadri raffiguranti figure femminili, nelle decorazioni degli abiti e nel fondo quasi uniforme dei dipinti. Le donne ritratte in questi lavori sono una sorta di idoli pagani circondati da luci d’oro e ricche decorazioni che rimandano all’Egitto, dal quale Klimt riprese la simbologia dell’occhio di Horus, e all’antica Grecia. In quel periodo si nota un ritorno alla regolarità delle proporzioni, in ossequio all’arte classica, e, in merito alla rappresentazione della donna, è presente poi un’allusione al decadentismo fin dè siecle, in cui le figure ritratte sono in bilico tra la femme fatale e la ragazza malinconica e complessa.
Il primo ritratto di Adele Bloch Bauer venne esposto al pubblico per la prima volta nel 1907. Dietro quel lavoro ci fu un grande impegno di ricerca: Klimt realizzò, infatti, quasi cento studi per rappresentare al meglio l’amica mecenate, alcuni dei quali si ispirarono al mosaico dell’imperatrice Teodora in San Vitale, da lui visitato a Ravenna.
Il ritratto, di forma perfettamente quadrata, mostra Adele su un trono stilizzato. Lo sguardo, rivolto verso lo spettatore, cela uno smarrimento malinconico e un cenno di fragilità, ma allo stesso tempo è orgoglioso, mentre le mani sono intrecciate fra di loro. Intorno alla figura della donna sono dipinti triangoli ed occhi e i capelli corvini sono raccolti in un largo cappello.
Lei incarna il tipo della donna viennese del tempo, una donna vulnerabile, ma forte allo stesso tempo, che vive il periodo post-bellico con coraggio e determinazione. La serenità del suo sguardo e il suo sorriso, anch’esso enigmatico, valsero al quadro ed alla donna ivi ritratta l’appellativo di Monna Lisa austriaca.
E’ questa la tecnica di Klimt nel periodo aureo: egli organizza gli elementi dietro e attorno alla figura centrale le cui vesti dapprima mantengono inalterato il carattere del tessuto per poi inglobare le forme della decorazione di fondo. L’abito di Adele e la poltrona nella quale è seduta sono disegnate con grande cura e precisione e si fondono in un tutto indistinto: intorno domina l’oro fatta eccezione per una zona verde in basso a sinistra che simula il pavimento. A sfuggire alla luminosità diffusa soltanto il viso con l’incarnato color perla, le mani e il collo. Il resto del quadro è bidimensionale, non c’è profondità, l’abito si perde nello sfondo luminosissimo. Il quadro è una perfetta sintesi dello stile classico con quello bizantino. Il contrasto tra la sfavillante luminosità circostante e la enigmaticità naturale del volto della donna trasmette l’idea di una femminilità decadente, oppressa e sopraffatta dalla preziosità dell’abito gioiello.
Marta Casuccio