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L’innocente pericolo del canto: Simple Song #3 di David Lang

La musica come mezzo per comunicare con sé stessi e con il proprio passato: trascendere la limitatezza del linguaggio umano e abbracciare, contro ogni razionalità, la parte più profonda della propria intimità. É questo il significato del testo musicato da David Lang nella sua Simple Song #3.

Fotografia di Manuela Mastrangelo

Il compositore statunitense David Lang, classe 1957, ha saputo trarre dal minimalismo di fine ‘900 nuova linfa e un’energia creativa fresca e vitale, dando luce a un universo ipnotico e frizzante che mescola accanto a influenze medievali e gregoriane i ritmi più energici del jazz e del rock. Il tutto unito a una sottile vena malinconica che viene dal canto popolare, quello ebraico in particolare.

Lo stile visionario di Lang ha saputo catturare l’attenzione di decine di artisti nel corso del tempo fino ad approdare al grande schermo. Nel 2014 il regista napoletano Paolo Sorrentino usa alcuni brani di Lang nel suo film La Grande Bellezza (I Lie, World to come IV) per poi tornare a collaborare con lui nel 2016 per il film Youth – La Giovinezza. In questo lavoro Lang compone il brano attorno a cui ruota tutta la trama, la Simple Song #3, capolavoro del musicista Fred Ballinger, protagonista del film.

La pellicola, che si ispira a un celebre romanzo di Thomas Mann, La Montagna Incantata, racconta del soggiorno in un hotel svizzero di un celebre compositore, Fred Ballinger, ormai al limitare della carriera. L’anziano musicista viene assillato dalle richieste continue di un ritorno sulle scene per dirigere la sua opera più famosa, Simple Song #3.

La vicenda diviene il pretesto per riflettere sull’opposizione fra giovinezza e vecchiaia che si traduce in due modi diversi di intendere le relazioni e i sentimenti umani. Da una parte l’edonismo e la leggerezza, mentre dall’altra la compassata rassegnazione di chi pensa di aver già avuto tutto dalla vita e ingabbia il proprio io dietro una maschera. La musica riveste un ruolo centrale.

Simple Song #3 non è solo il brano di maggior successo di Ballinger ma anche il suo più intimo atto d’amore verso la moglie. L’anziano musicista appare costantemente bloccato nell’esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni, quasi lo ponessero in una situazione di pericolo e di vulnerabilità. Il linguaggio umano rappresenta il tentativo frustrante di comunicare con l’altro. Sul lato opposto si colloca la musica, l’unico mezzo che Ballinger ha per comunicare con sé stesso e con parti differenti del proprio io; l’unica via che possiede per fare veramente i conti con la sua interiorità, senza svicolare o eludere la domanda pressante di senso che lo opprime.

Come recita il titolo, Simple Song #3 (Canzone Semplice), si tratta di un brano dal carattere semplice, quasi facile nell’esecuzione, dove l’elemento vocale spicca in primo piano. La voce viene usata da Lang non con l’obbiettivo di esplorarne tutte le possibilità tecniche ma solo per il suo potere evocativo. L’impatto emozionale della voce umana sull’ascoltatore supera quello di qualsiasi altro strumento. Il ricordo della voce accompagna da sempre l’uomo nel suo cammino, da quella udita nel grembo materno fino ai sussurri fra due amanti.

L’esperienza di abbandono al di là di ogni restrizione o costume sociale precostituito non è solo ideale ma si verifica anche a livello della forma musicale. Il linguaggio musicale scelto da Lang è semplice, melodico e consonante. Non ci sono fitte figurazioni, dissonanze aspre o elaborati schemi musicali ma solo brevi incisi melodici elaborati per espansione o diminuizione. Come se Lang confessasse la segreta ambizione di ogni compositore: abbandonare i rigidi schemi della sperimentazione per concedersi al piacere della spontaneità.

La spontaneità è la cifra che caratterizza la musica e che il protagonista del film cerca invano di raggiungere. Il suo rapporto con il mondo è ormai intermediato da filtri e barriere che Ballinger ha eretto in seguito alle esperienze traumatiche cha hanno segnato la sua esistenza. La fiducia tradita, l’insostenibilità del dolore diventano motivi che spingono Ballinger a etichettare ogni relazione con il mondo esterno come pericolosa e da evitare. La dimesione dell’Eros prima fra tutte.

Il testo messo in musica da Lang dipinge un atto d’amore, una scarica catartica e un’esperienza mistica allo stesso tempo. Attraverso la musica Ballinger trova il modo per dichiarare a sé stesso quello che veramente risiede nella sua interiorità, senza la paura di un pericolo incombente. L’io poetico si rivolge a un tu indefinito (sia esso un amico, un’amante o Dio). Nell’affidarsi all’altro l’atto creativo trova il senso più profondo e il tormento trova la redenzione.

Mattia Sonzogni

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