Nel 1838 viene commissionata a Francesco Hayez l’opera L’abboccamento di Jacopo Foscari dall’imperatore Ferdinando I d’Austria. Francesco Hayez è uno degli artisti più ricordati dell’Ottocento italiano per aver rappresentato con un forte impatto le sue tele di stampo storico.
L’opera raffigura un episodio storico di tradizione veneziana, precisamente la storia dei due Foscari, che ispirò l’opera in tre atti I due Foscari di Giuseppe Verdi del 1844. Il dipinto di Hayez rappresenta il padre Francesco, doge di Venezia nel 1457, ed il figlio Jacopo, ingiustamente accusato di omicidio e condannato ad un esilio da cui non rientrerà mai.
Il padre, che non può opporsi al giudizio dei Dieci, è raffigurato al centro della scena in un gesto di autorevolezza ma con un’espressione turbata: è diviso tra “ragion di Stato” e amore paterno. Questo dipinto è emblematico e simbolico di un conflitto sia interiore per la scelta dell’esilio (riferito all’espressione del Doge) sia esteriore tra padre e figlio.
Il figlio mostra un’espressione affranta, di chi con dolore accetta il proprio destino di esilio ma non che questo gli venga imposto proprio dal padre. Tra i tanti personaggi che popolano la scena spicca Loredano, nemico giurato dei Foscari e animatore della messinscena che porterà Jacopo alla condanna. Egli è l’unico personaggio che sembra godere del fatto: significativamente appare sulla scena fra padre e figlio, e con espressione fiera e soddisfatta indica alle proprie spalle Venezia e il mare.
Nell’opera Francesco Foscari destituito di Hayez (che si trova alla Pinacoteca di Brera, Milano), viene rappresentata l’episodio in cui il Doge, ingannato da false accuse, condannò all’esilio il figlio Jacopo, per poi morire prima che venisse scoperto l’intrigo. Il padre, infatti, ne apprende la notizia mentre la fazione nemica pronuncia la sua destituzione, e, per il dolore, si accascia senza vita.
In questi dipinti di Hayez è rappresentata tutta la drammaticità del significato delle scene: l’angosciosa contrapposizione tra Giustizia e devozione allo Stato da un lato e amore per il proprio figlio, condannato all’esilio, dall’altro. Il personaggio del Doge è una figura molto significativa e conflittuale: lui, il capo supremo dello Stato della Repubblica di Venezia, dovrà attenersi alle regole per il bene dello Stato andando contro i suoi stessi principi di padre e condannando a morte il figlio amato. Il gesto del Doge rappresenta il poter governare lo Stato in giustizia e armonia e sostenere il popolo, anche al prezzo di rinunciare alla protezione del proprio figlio da soprusi.
Leila Ghoreifi