Fuori in mare

Terra! Un grido liberatorio, una conquista, un pericolo finalmente scampato, un sogno che prende sempre più forma ogni secondo che passa. Vedere la terra all’orizzonte, iniziare a distinguere le luci notturne, le baie e i promontori ed essere come in una cristalleria: guardare, ma non toccare. Questo è quello che è accaduto ormai più di un mese fa, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, al largo delle coste della Calabria.

Dei migranti a bordo della nave che si è spezzata in due nel cuore della notte solo 79 sono riusciti a toccare quel sogno che vedevano tra le onde. Un sogno che però si è trasformato presto nell’incubo di dover riconoscere i corpi dei propri cari. 88 sono i cadaveri ad oggi recuperati, 88 persone che hanno visto la terra che speravano di raggiungere, ma ci sono arrivati solo cianotici, portati dalle onde, e ormai morti.

Il loro ingresso in terra italiana è stato dentro una busta di plastica bianca, senza nomi e senza alcun ricordo: tutte morti innocenti dell’indifferenza. Dell’indifferenza, sì, perché non sono state le onde a ucciderli, non è stato il mare: la verità che non vogliamo sentirci dire è che siamo stati noi. Siamo stati noi, che per non vederli morire speriamo che non partano, che restino in nordafrica a farsi maltrattare. Siamo stati noi, che arriviamo sempre al momento in cui non si può più fare niente, in cui si può solo fare la conta dei vivi e, soprattutto, dei morti.

I movimenti migratori, che il governo Meloni e soprattutto il ministro dell’interno stanno gestendo in maniera imbarazzante, hanno ragioni complesse, che probabilmente noi non capiremo mai fino in fondo. Il solo fatto di essere nati dalla parte giusta del Mediterraneo ci rende colpevoli? Chi di noi si sente colpevole per quello che è successo? Certo non le lacrime di coccodrillo del governo e della politica, che non ha ancora imparato l’importanza del silenzio del cordoglio e del rispetto.

E mentre i tavoli di Bruxelles si dibattono e rantolano in un pendolo che va tra “aiutiamoli a casa loro” e “costruiamo un ponte di navi per farli arrivare con comodità” le persone muoiono e il Mediterraneo diventa il cimitero a cielo aperto più grande del mondo.

La Redazione

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