Dagli anni ’70 al 2017, dalle opere di Betty Dodson a Grace and Frankie: momenti di rottura rispetto alla visione socialmente scandalizzata della masturbazione.
Riprendiamo oggi a parlare dell’artista Betty Dodson e della serie tv Grace and Frankie, già protagoniste dell’uscita precedente di questa rubrica, dove avevamo indagato alcune reazioni suscitate a livello sociale dalla mostra di Dodson del 1970 e quelle invece dei figli di Grace e Frankie, protagoniste dell’omonima serie, di fronte all’idea delle madri di iniziare a produrre vibratori per persone anziane con l’artrite.
Questo mese ci concentriamo sulla risposta di Dodson e delle protagoniste della serie Grace and Frankie alla resistenza sociale da loro incontrata nel tentativo di infrangere, in modi diversi, il tabù della masturbazione. Momento iconico di tale resistenza all’interno della serie è il focus group organizzato da Grace per analizzare la risposta del pubblico al prodotto. Grazie all’aiuto dell’amica Harleen, Grace riunisce un gruppo di donne a cui far provare i vibratori per averne un feedback: il tema del focus group non viene anticipato e dovrebbe essere una sorpresa. L’effetto sorpresa si riversa tuttavia anche su Grace e Frankie: solo appena prima di presentare il prodotto scoprono infatti che le amiche di Harleen fanno in realtà parte del suo gruppo di preghiera. La scena è come sempre presentata in modo comico, tra la preoccupazione delle due protagoniste e gli incoraggiamenti – prima che mostrino effettivamente la loro creazione e con tanto di richieste a Dio perché abbia successo – e il ribaltamento post-rivelazione. Il gruppo lascia la casa scandalizzato, tra sguardi perplessi e risposte come «Andiamocene prima che ci leghino e ci costringano a guardare film pornografici!» (v.o. «Let’s get out of here before they tie us to our chairs and force us to watch blue movies»). [1]
La storia tuttavia, e per fortuna direi, non finisce qui: dopo che Harleen e le sue amiche se ne sono andate Frankie nota che uno dei vibratori è scomparso. Ricomparirà insieme ad Harleen, tornata a prenderne anche per le sopracitate amiche, che ne decanta pregi e benefici. La situazione si ribalta dunque nuovamente: per Harleen Grace e Frankie starebbero ora realizzando il disegno di Dio!
La sequenza si rivela così come momento interessante per cominciare a indagare la risposta della serie – connessa come vedremo anche a quella di Dodson – alla visione sociale della masturbazione. Innanzitutto riprende quell’invito di Dodson alla masturbazione, raccontato dall’artista in Liberating Masturbation. L’invito, rivolto da Dodson alla madre, in contrasto con l’immagine sociale della sexless mother, va questa volta a infrangere un altro tabù: quello del rapporto tra sesso e religione. In maniera comicamente estremizzata, le donne invitate al focus group non sono semplicemente persone religiose ma, attraverso i dialoghi, vengono caratterizzate proprio come bigotte. Tuttavia, seppure dopo un’iniziale resistenza, l’idea di Grace e Frankie ha successo e viene accolta entusiasticamente. Ecco allora che l’invito di Dodson – un invito che vuole porre la masturbazione al centro, come chiave per una liberazione che passi innanzitutto dalla conoscenza del proprio corpo e dalla responsabilità del proprio orgasmo –, l’invito di Grace e di Frankie, si rivolge non solo ad alcune persone con vagina, ma a tuttз, nella convinzione condivisa che con tuttз di questo si possa e si debba parlare.
È un altro però il momento a mio avviso più importante e degno di nota per mettere in luce la risposta alle resistenze sociali e il punto di vista di Grace e Frankie riguardo alla loro impresa. Le difficoltà che le due donne si trovano ad affrontare non sono infatti legate solamente alla tematica della masturbazione; a questa si aggiungono anche resistenze legate all’identità delle due socie, in quanto persone anziane, e a parlare dunque della loro sessualità in quanto tali. Nel secondo episodio della terza stagione le due amiche si recano alla sede di una grande compagnia interessata alla loro idea, Orchidea Viola. Durante l’incontro organizzato con la compagnia vengono presentate loro alcune ipotesi per il packaging del vibratore: l’idea è quella di porre al centro della campagna pubblicitaria proprio Grace e Frankie. Le immagini che vengono mostrate però, come viene subito notato dalle protagoniste, le raffigurano ritoccate e ringiovanite: «Mi prendi in giro? Sembriamo due dodicenni in quelle foto!» (v.o. Are you kidding? Eh… We look twelve years old in those pictures!»), esclama iperbolicamente Grace. Le critiche di Grace e Frankie per questo ringiovanimento sono inascoltate: questo vuole il mercato, il sesso è giovane, nessuno vuole vedere due donne anziane sulla confezione di un vibratore (!) sono le risposte.
Le protagoniste preferiscono allora perdere l’opportunità di collaborare con Orchidea Viola e rimanere fedeli al loro obiettivo: rappresentare e rivolgersi a “persone come loro”. Ecco allora che la loro risposta alle resistenze sociali verso la sessualità delle persone con vagina anziane sarà rappresentata proprio dal packaging scelto per il vibratore. In opposizione a due effigi ringiovanite su quella che sarà poi la confezione del vibratore ci sarà uno dei dipinti di Frankie della propria vulva. In opposizione al nessuno vorrebbe due persone anziane sulla confezione di un vibratore, un esporsi, un mettere sé stessз al centro, un non arrendersi e un voler parlare di ciò che per il resto della società rimane un tabù. Un voler far sentire tuttз, anche le persone anziane, rappresentatз.
Si crea qui nuovamente una possibile connessione con Dodson e la sua opera. Nel 1973 l’artista partecipa con altrз femministз alla progettazione della conferenza sulla sessualità organizzata a New York dalla N.O.W. (National Organization for Women). Per questa occasione Dodson, che aveva da poco iniziato a tenere dei workshops per femministз sulla consapevolezza fisica e corporea, si occupa della creazione di uno slide show le cui protagoniste sono le vulve. L’idea deriva direttamente dall’esperienza personale dell’artista, che in Liberating Masturbation racconta come intorno all’età di 10/12 anni le fosse venuta la curiosità di vedere come fosse fatta «DOWN THERE» (là sotto).
La vista della propria vulva però la lascia scossa. La bambina nota infatti che le sue grandi labbra sono un po’ allungate come, dice, quelle cose che pendono dal collo di un pollo. A un’osservazione successiva di quella che sin dall’inizio considera una deformità nota inoltre che il labbro sinistro è molto più corto del destro. Dodson bambina pensa allora che la forma della propria vulva sia causata dalla masturbazione, che le madri delle sue amiche avevano assolutamente vietato loro, e cerca di imporsi un periodo di astinenza, sperando che la situazione cambi. Ovviamente non succederà.
La vergogna di Dodson per la propria vulva non si spegne però neanche crescendo. A uno dei primi uomini con cui si frequenta dopo il divorzio dice di non guardare la sua vulva; l’idea che lui possa guardarla la imbarazza a causa delle sue «funny inner lips that hung down like a chicken» e che secondo l’artista sarebbero sfortunatamente una conseguenza della masturbazione infantile. [2] Solo in questo momento, grazie alla risposta di lui, l’artista scopre finalmente che la sua vulva non ha nulla che non va, molte donne anzi ce l’hanno di quella forma.
È proprio questa scoperta a darle la spinta per la mostra del ’73. Per proporre l’idea di uno slide show di vulve Dodson si ricollegerà infatti proprio al personale, dalla volontà di rappresentare vulve split beaver come la sua per le femministe. Chiede dunque alle persone che hanno partecipato ai suoi workshop di posare e insieme, scambiandosi i ruoli davanti e dietro l’obiettivo, realizzano una serie di foto di vulve. È un momento di creazione di consapevolezza per tuttз lз partecipanti: essз scoprono così che le vulve possono essere di diverse forme – a ognuna delle quali provano a dare un nome, attraverso la comparazione con elementi naturali – e di diversi “stili” (barocco, danese, moderno, gotico, classico, a forma di cuore) e che il clitoride si può trovare in esse posizionato in diversi punti. Riconoscendosi in queste immagini essз acquistano fiducia in sé stessз.
Ma l’effetto di questa esperienza non si conclude qui. Al contrario, con essa si è finalmente creata, dice Dodson, una rappresentazione della vulva fatta da persone femminilizzate: «The image of female genitals emerging after being concealed for how long? 2,000 years? The Goddess emerging to take her place in the New Aquarian Age. Towards the end of the evening I closed my eyes and saw one genital image after another pass before me, and I realized that this culture has not had an image of the women’s genitals. And now here it was – not the male version of the cunt, the split beaver in the porn shops, but the woman’s version of herself. Women together looking at and photographing their own genitals. A new form of art». [3]
E una forma d’arte si conferma durante la conferenza del ’73. L’esposizione delle fotografie ha un impatto forte sullз spettatorз: diverse persone affermano di aver cambiato il loro modo di vedere le cose, di aver acquisito fiducia e autostima, di non considerarsi più deformi.
Ed è questa la risposta e l’atto di liberazione di Dodson: mostrare i genitali delle persone con vagina, darne raffigurazioni in cui possano sentirsi rappresentatз, infrangere infine il tabù della masturbazione.
Elena Sofia Ricci
[1] Marta Kauffman, Howard J. Morris, Grace and Frankie, S3 E3.
[2] Betty Dodson, Liberating Masturbation, a Meditation on Self Love, New York, Bodysex Designs,1974, p. 24. Tradotto in L’orgasmo femminile, a cura di Christine l’Heureux, Roma, Savelli editori, 1981, p. 45, come «quelle cose che pendono dal becco del gallo».
[3] Ivi, pp. 26-27. Tradotto in L’orgasmo femminile, p. 48, come: «Era l’immagine del sesso femminile che faceva la sua apparizione, dopo essere stata tenuta nascosta per… quanto tempo? Duemila anni? La dea faceva la sua entrata trionfale nella nuova era dell’Acquario. Verso la fine della serata chiusi gli occhi e vidi apparire davanti a me una successione di immagini di vagina e constatai che nella nostra cultura non c’è un’immaginario collegato alla vagina. Ed eccolo ora, non nella versione maschile, lo split beaver dei pornoshops, ma nella versione fatta dalle stesse donne. Donne che guardano insieme e fotografano il sesso delle loro simili. Era una nuova forma d’arte».