Quale o quali rappresentazioni culturali, anche in una prospettiva storica, abbiamo dell’orgasmo e della sessualità delle persone con vagina? Cosa ne emerge? Da cosa derivano? E chi, esattamente, rappresentano?
E ora una domanda a te, lettorə: tu ti identifichi in queste rappresentazioni? O, per non escludere nessunə, pensi davvero che rispecchino la realtà, considerata anche nella sua complessità?
Da queste domande prende vita questa rubrica, che vuole esplorare quella che è stata – e spesso è tutt’ora – l’immagine che i prodotti culturali offrono della sessualità e dell’orgasmo delle persone con vagina e al tempo stesso rispondere a questa immagine. E lo farà non solo facendo riferimento ai saggi che affrontano l’argomento, ma proponendo altre opere, altri artefatti culturali (soprattutto letterari e cinematografici) che, nella particolarità delle loro visioni e dei temi di volta in volta indagati, provano a dipingere un quadro più complesso e inclusivo, offrendo spunti di riflessione.
Ma questa rubrica e questa indagine nascono anche – se vogliamo trovare un punto personale di avvio – dalla pagina di un’opera, In the Dream House di Carmen Maria Machado. In questo romanzo-saggio autobiografico Machado parla in realtà non tanto di sessualità, ma soprattutto di violenza. Ritengo importante specificarlo non avendo intenzione di trattare quest’opera (che tra l’altro consiglio a tuttз) in modo riduttivo e per forzarla a rispondere ai miei scopi. Per quanto dunque non sia centrale, il tema della sessualità non è tuttavia estraneo all’opera di Machado – la violenza e la minaccia presenti nel testo vanno infatti a intaccare, ovviamente, anche la sfera sessuale. Ma non è questo argomento, che ritornerà nella rubrica, che voglio ora affrontare. Faccio riferimento piuttosto a una pagina specifica in cui Machado richiama un fatto, una sentenza del 1811 contro due maestre scozzesi accusate di essere amanti: «il giudice Lord Meadowbank insisteva che i loro genitali “non erano formati in modo tale da potersi penetrare a vicenda”, e che “senza penetrazione l’orgasmo venereo non poteva verosimilmente verificarsi”». [1]
Proprio da questo passaggio, che contiene già due false ideas, deriva quel “venereo” che chiude il titolo di questa rubrica, una parola che ho voluto inserire qui in senso ironico – quasi provocatorio – e che vuole sottolineare una caratteristica significativa della rappresentazione culturale e storica delle persone con vagina: la cancellazione della loro sessualità di per sé. Poiché non di orgasmo femminile, né tanto meno (figuriamoci) di orgasmo di persone con vagina, qui si parla. Creature eteree che camminano danzando (lanciandovi una strizzata d’occhio), essз non provano certo desiderio sessuale, una cosa bassa e promiscua come il sesso non lз riguarda certo. E non si parli assolutamente di masturbazione! Di sessualità si può dunque parlare solo se “venerea”, se nascosta dietro i veli della dea dell’amore e innalzata attraverso la sublimazione nell’immagine divina, che cancella così con la spuma del mar da cui «vergine nacque Venere» [2] tutto ciò che di “basso” in tale sessualità c’è. E, aggiungerei, anche quella natura sensuale e passionale, per così dire quasi più terrena che divina, di Venere stessa.
Vorrei infine soffermarmi su un ultimo aspetto. Quello che a primo impatto mi ha infatti colpito in questo passo di In the Dream House è infatti l’enunciazione così chiara di un’idea purtroppo ancora molto diffusa nella e dalla cultura e dai discorsi dominanti: la connessione stretta e inevitabile tra orgasmo, per così dire, “venereo” e penetrazione. E voi che ne pensate? Qualche domanda? Come si suol dire, ne parleremo nelle prossime puntate.
Elena Sofia Ricci
[1] Carmen Maria Machado, Nella casa dei tuoi sogni, Torino, Codice edizioni, 2020, pp. 198-199.
[2] Da Giacomo Leopardi, A Zacinto.