Vai al contenuto

Umberto Simonetta e il racconto di una «città scorbutica»

Umberto Simonetta
Disegno di Giulia Pedone

Autore di romanzi e racconti ma anche paroliere, giornalista, critico teatrale e sceneggiatore, Umberto Simonetta per tutta la sua vita ha raccontato storie adattandole a molteplici forme e generi espressivi. Rispetto alla produzione coeva cinematografica e letteraria, l’autore di Tirar mattina (1963) è riuscito a cogliere e a raccontare senza giudizi ideologici o moralistici i numerosi cambiamenti che negli anni Sessanta investirono la Milano «cuore del miracolo» (Giudici).

La Milano degli anni ’60 è stata senza alcun dubbio la vera capitale del miracolo e motore nevralgico e trainante del boom. Emblema paradigmatico di quel dinamismo e di quel processo tumultuoso che investe il Paese modificandolo, la metropoli diventa oggetto d’analisi di film, romanzi e canzoni, che pongono sotto lo sguardo indagatore una città «piena di strade e di negozi / e di vetrine piene di luce / con tanta gente che lavora / con tanta gente che produce» [1]. Il miracolo milanese ovviamente porta con sé numerose conseguenze che nella maggior parte si riverberano sul piano dei rapporti sociali [2]: il cambiamento che investe Milano fa sì che la “città più città d’Italia” (Verga) venga osservata con atteggiamento interrogativo da intellettuali che scelgono di dar conto di moltissimi aspetti anche problematici.

Sono soprattutto le pellicole filmiche a dare un ritratto suggestivo e a tratti conturbanti di una città moderna che rappresenta il boom economico come fonte prima di alienazione e incomunicabilità. Emblematici, a tal proposito, sono tre film paradigmatici dell’epoca d’oro del cinema milanese: Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti, La notte (1961) di Michelangelo Antonioni e Il posto (1961) di Ermanno Olmi. Che l’occhio del regista si concentri su una periferia popolare che, nonostante una «certa scarna bellezza», appare comunque «vuota, piatta e senza vita» [3], su una Milano borghese scialbamente ferrigna e fredda, «fragorosa e abbagliante nel vetro e nel cemento dei suoi grattacieli» [4], «quasi metafisica, dove troneggiano i grattacieli simbolo di una fredda modernità» [5] – il Pirelli, la Torre Galfa –, o su una città degli uffici ricca di ostacoli in cui piazza San Babila appare sventrata dal cantiere della metropolitana, il ritratto di Milano che emerge dai capolavori di Visconti Antonioni Olmi è quello di una città sede dell’alienazione, dello smarrimento nevrastenico e dell’incomunicabilità. 

È proprio dal cinema che occorre partire per sottolineare l’originalità dello sguardo di Umberto Simonetta nei confronti della Milano del boom. Nel 1963, infatti, l’autore di Tirar mattina collabora a Film 1963 scrivendo un saggio dal titolo Milano e il cinema, esprimendo il suo giudizio negativo nei confronti degli ultimi film – il riferimento, tra gli altri, è sia a Rocco, che ai film di Antonioni e di Olmi – a sfondo ambrosiano, rappresentato dai vari registi attraverso luoghi comuni e cliché – Milano frenetica, Milano tentacolare, Milano città fredda e alienata in cui mancano i rapporti umani – che non riescono ad offrirne una reale, oggettiva ed imparziale rappresentazione.

Lo sguardo di Simonetta nella conclusione del saggio si allarga però fino a comprendere l’orizzonte del miracolo italiano nella sua interezza problematica e l’autore parla di un vero e proprio derby: da un lato c’è chi sostiene che tutto sia perfetto, che tutto luccichi e che tutto fili alla perfezione e, dall’altro, chi pensa che tutto vada verso la più tragica rovina:

[…] Voglio dire che ormai la diatriba sull’esistenza o meno del miracolo sembra sia scaduta al rango di una discussione tra tifosi di calcio: da una parte si sbraita che tutto luccica, che tutto fila alla perfezione e che non siamo mai stati tanto bene come adesso, e dall’altra si risponde che non è vero, che va tutto a catafascio, che è una frana e siamo alla rovina. C’è, mi sembra, di che diffidare di queste raffinatissime polemiche [6].

A esemplificare e a dar ragione alla tesi simonettiana, opportuno un confronto tra La vita agra di Luciano Bianciardi e un numero di «Epoca» innervato da toni trionfalistici dal titolo «Milano vi chiama per darvi il benessere». Più precisamente, occorre concentrarsi su un’indagine a firma di Guido Gerosa – «Questa è la favolosa Milano» – in cui abbondano definizioni come «città che non dorme mai», «città che dà lavoro a tutti», «the blooming Milan», «la New York italiana», «la terra dei giganti» [7]. La vita agra, invece, è l’opera di un autore che fin dall’arrivo a Milano percepisce il capoluogo ambrosiano come ostile. La «grossa pisciata» [8] di Bianciardi nei confronti di Milano e delle varie euforie “miracolate” nasce da sentimenti rancorosi dovuti soprattutto all’abbandono di una realtà provinciale – protagonista de Il lavoro culturale (1957) – e osservata con sguardo nostalgico, quasi a suggerire lo sradicamento da una dimensione mitico-idilliaca, per giungere in una città infernale caratterizzata da squallida indifferenza e crudele cinismo. Ecco allora che l’immagine trionfalistica offerta da Gerosa e il ritratto “incazzato” di Bianciardi rappresentano davvero i due poli, le due fazioni antagoniste evidenziate da Simonetta in Milano e il cinema

L’autore de Lo sbarbato e de Il giovane normale, al contrario, brilla per efficacia rappresentativa perché la sua intonazione evita opposizioni nette tipiche di chi lodava il miracolo e di chi, al contrario, ne criticava amaramente le più inquietanti e angosciose storture alienanti. Il trentatreenne Aldino, protagonista di Tirar mattina, è un ragazzotto che non ha voglia di assumersi le proprie responsabilità e di diventare grande in una città moderna e alacremente operosa. Fedele ad una Milano à la Cerutti Gino – il testo della ballata cantata da Gaber è a firma proprio di Simonetta – in via di estinzione fatta di baretti e di osterie, oppone un rifiuto non polemicamente critico e arrabbiato alla metamorfosi in atto sempre più travolgente. In pieno miracolo economico, come detto, una serie di romanzi, film e canzoni comincia a rendere percepibile una tonalità tutt’altro che ottimistica sugli straordinari eventi in corso facendo emergere aspetti quali il disorientamento e la malinconia generati dal boom: il ragazzo di Porta Genova, lungi però dall’opporsi al miracolo, è attratto dalla ricchezza e dai simboli di quel decennio di raggiunto benessere [9].

La differenza tra Bianciardi e Simonetta risiede soprattutto nell’opposta postura assunta dai due autori per rappresentare la Milano dei primi anni Sessanta. L’incredibile divario che separa Bianciardi e Simonetta è individuale nell’«incazzatura» [10], nella rabbia e nella frustrazione. Bianciardi assume il punto di vista dell’intellettuale a cui il tanto decantato miracolo economico ha svilito la propria funzione. A sostenere il suo orientamento è l’ideologia di chi operando all’interno dell’industria editoriale è convinto che il progresso economico annulli ogni valore al “lavoro culturale”: da qui nasce la rappresentazione di Milano in chiave negativa e polemicamente rabbiosa, specchio di una società dominata non solo dai soldi, ma anche dal benessere e dal mercato. Dello spregiudicato anticonformismo di Simonetta è emblematica la sua attività artistica tout court, caratterizzata da un’eccentricità interdisciplinare pienamente moderna.

L’autore milanese si sforza di dar vita e voce a quei personaggi irregolari che ancora esistevano – e resistevano – in una Milano tramata dalle dinamiche del boom. Da buon intellettuale cosmopolita e milanese, ha provato a dare una prima rappresentazione della città ne Lo sbarbato, facendo del protagonista Mario né il ragazzo di vita pasolinano e né il contestatore ribelle pre-sessantottino. Sul tipo di educazione di Mario e sul suo modello famigliare borghese, Simonetta gettava uno sguardo ironicamente beffardo affatto lontano da tonalità e incazzate à la Bianciardi e disperatamente tragiche à la Pasolini Testori. 

Il paroliere di Gaber, infatti, mostra un atteggiamento più laico, anticonformista e borghesemente spregiudicato, assumendo il punto di vista di chi vive in questa città ed è in grado di non essere subalterno alla mitologia del miracolo senza però vedere nella metropoli ambrosiana solamente alienazione infernale e smarrimento nevrotico. In Tirar mattina l’autore esegue magistralmente il ritratto di uno dei tanti personaggi che abita a Milano, un personaggio che sarebbe indotto dalla città in cui vive, dall’educazione paterna, da tutto il mondo che lo circonda, a cercare il proprio posto in una metropoli operosa e borghese che chiede a tutti i suoi figli di fare qualcosa nella vita. Tuttavia, Aldino non ha intenzione né di diventare grande e né di mettersi a posto. La vita sbandata del trentatreenne è ben lontana dall’esistenza grigia, molle e borghesemente noiosa del milanese figlio del boom. Ecco perché è necessario eliminare il filtro ideologico, tipico della critica, della letteratura e del cinema degli anni Sessanta, dalle letture del romanzo simonettiano, straordinario proprio per l’assenza di una presa di posizione – il famoso derby ricordato dall’autore nel saggio del ’63 – e di giudizio censorio nei confronti del miracolo.  

Simonetta, una volta messi da parte i vari pareri polemici e moralistici e i cliché con cui interpretare criticamente la città, sembra essere riuscito nell’obiettivo che lui stesso si auspicava per i nuovi film a sfondo ambrosiano, che l’autore sperava riuscissero a rendere, una volta per tutte, «qualcosa di questa città difficile, del suo linguaggio, del suo umore, della gente che la abita» [11].

Alessandro Crea


[1] Sono i versi della celebre canzone di Gaber Com’è bella la città (’69), a firma dello stesso Gaber. Il brano con il suo ritmo sempre più incalzante nel ritornello ben rende la frenesia crescente della Milano “miracolata”, invasa dal fenomeno dell’inurbamento, dai grandi flussi di emigranti e dalla diffusione sempre più estesa del modello consumistico americano, dove i cittadini sono contagiati dalla celebre febris emitoria denunciata da Luciano Bianciardi nelle pagine de La vita agra (’62). 
[2] «[…] Proprio perché sede elettiva della modernità, la metropoli conosce sussulti e sconvolgimenti costanti e di tale impeto da minare l’alacre operosità quotidiana e la convivenza serena dei suoi abitanti». G. Rosa, Identità di una metropoli. La letteratura della Milano moderna, Aragno, Milano 2004, p. 9.
[3] J. Foot, Milano dopo il miracolo. Biografia di una città, Feltrinelli Milano 2015, pp. 61 e 95.
[4] V. Spinazzola, Michelangelo Antonioni regista, in Id. (a cura di), Film 1961, Feltrinelli, Milano 1961, p. 60.
[5] V. Scrima, La crisi d’immagine, in S. Galli (a cura di), Milano e il cinema, Milano in Mostra, Milano 2018, p. 127.
[6] U. Simonetta, Milano e il cinema, in V. Spinazzola (a cura di), Film 1963 cit., p. 44. 
[7] G. Gerosa, Questa è la favolosa Milano, in «Epoca» n° 604, 29 aprile 1962.
[8] «Ho in animo di buttar una grossa pisciata in prima persona sull’avventura milanese, sul miracolo italiano, sulla diseducazione sentimentale che è la sorte nostra oggi», M. Terrosi, Bianciardi com’era. Lettere di Luciano Bianciardi a un amico grossetano Il Paese Reale, Grosseto 1974, p. 23. 
[9] «Fra l’altro, aldino è attratto irresistibilmente dalla ricchezza. Si tratta di una fascinazione, degna di un bimbo anelante, per le belle auto, i bei vestiti, i bei locali e ogni sorta di lusso consumistico. Una passione che lo allontana da qualsiasi critica ponderata del boom». L. Daino, «Non ci ho niente da spartire con nessuno». Saggio su «Tirar mattina» di Umberto Simonetta, «Allegoria» a. XXI, n. 80, luglio-dicembre 2019
[10] In una lettera all’amico Mario Terrosi, Bianciardi parla del romanzo come di una «solenne incazzatura, scritta in prima persona singolare». La lettera, datata 1° marzo 1964, è ora pubblicata in M. Terrosi, Bianciardi com’era. Lettere di Luciano Bianciardi a un amico grossetano cit., p. 34.
[11] U. Simonetta, Milano e il cinema, in V. Spinazzola (a cura di), Film 1963 cit., p. 46.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.