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Al di là delle mura, una città: Giorgio Bassani e Ferrara

Giorgio Bassani ha dedicato il suo impegno letterario alla composizione di un grande ciclo dal titolo Il romanzo di Ferrara: non la Ferrara degli Estensi e dei Cardinali Legati, ma quella che fu teatro del fascismo e dell’immediato post-fascismo. Da Micòl a Lida Mantovani, dal dottor Fadigati a Clelia Trotti, la sua è la Ferrara dei grandi e dei piccoli, tutti accomunati da un destino: l’essere diversi dall’ambiente circostante.

Disegno di Giulia Pedone
Disegno di Giulia Pedone

Giorgio, protagonista di uno dei libri più importanti di Giorgio Bassani, è curioso di voler vedere cosa si trova al di là di un muro. È per questo che si trova spesso a guardarlo con occhi desiderosi.

«Quanti anni sono passati da quel remoto pomeriggio di giugno? Più di trenta. Eppure, se chiudo gli occhi, Micòl Finzi-Contini sta ancora là, affacciata al muro di cinta del suo giardino, che mi guarda e mi parla».

Dovranno passare nove anni prima che Giorgio, io narrante di questo romanzo, possa varcare quel muro ed entrare nel mondo segreto di Micòl e Alberto, in quel giardino che dà il titolo ad una grande opera della letteratura (italiana) del dopoguerra: Il giardino dei Finzi-Contini, pubblicato nel 1962.

Spostando lo sguardo dall’interno di quelle mura, dal giardino, al macrocosmo, ecco che il lettore si trova catapultato nella città di Ferrara, una città che è scenario ideale e reale dei personaggi, sorpresi dal loro destino, di Giorgio Bassani. 

I ragazzi de Il giardino dei Finzi-Contini si incontrano in questo luogo ideale all’interno della villa, sicuri di aver trovato un rifugio dalla promulgazione delle leggi razziali che iniziano ad imperversare nella città: infatti, i giovani ragazzi ebrei vengono esclusi dal circolo del tennis della città, e si ritrovano in questo giardino, un luogo nascosto all’interno delle mura di una villa di via Borgo Leoni.

È proprio Giorgio Bassani a sottolineare che la creazione di questo giardino è la nascita di una nuova città: una città ideale, un nucleo umano altro che è proprio la città degli ebrei. Il giardino diventa il luogo di un’esclusione e di un distacco dalla storia, una sorta di eden paradisiaco in cui ciò che è fuori, rimane fuori: purtroppo, non sarà per sempre così. Nell’epilogo del romanzo, infatti, si scoprirà una crudele verità: quella storia dalla quale ci si credeva lontani e riparati, entrerà all’interno di quel microcosmo distruggendo ogni serena realtà.

Le tematiche affrontate ne Il giardino dei Finzi-Contini, come l’esclusione, l’antisemitismo, la promulgazione delle leggi razziali e la diversità – tematiche purtroppo contemporanee – vengono affrontate nell’intera opera romanzesca di Giorgio Bassani.  

L’autore trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Ferrara, città che resterà per sempre nel suo cuore e che diventerà, appunto, teatro delle sue creazioni letterarie. Desideroso di raccontare quelle che sono le sue radici e la sua realtà, Bassani decide di unificare i suoi libri sotto il titolo comune Il romanzo di Ferrara, che raggiunse la sua forma definitiva nel 1980. Il ciclo comprende Cinque storie ferraresi (1956), Gli occhiali d’oro (1958), Il giardino dei Finzi-Contini (1962), Dietro la porta (1964), L’airone (1968) e i racconti L’odore del fieno (1972). 

Il romanzo di Ferrara, appunto. Ma quale Ferrara? L’attenzione di Giorgio Bassani è volta con assoluta prevalenza alla Ferrara della prima metà del secolo, con speciale riguardo a quella che fu teatro del fascismo e dell’immediato post-fascismo. Bassani racconta la storia di molte private vicende umane, privilegiando una narrativa fatta di sfumature, di raccordi simbolici, di sofferta intimità. I personaggi ebraici riflettono un destino di emarginazione e di solitudine che è quello dell’intellettuale stesso nella società contemporanea. 

Ci si trova di fronte ad un’autentica folla di tipi, di personaggi, i quali sembrano usciti dalla vita vera. I più sono borghesi, come la stragrande maggioranza degli abitanti della Ferrara novecentesca. Sono Lida Mantovani, Elia Corcos, Micòl Finzi-Contini, Mario Spisani detto Pelandra, e la lista sarebbe lunghissima. Ogni personaggio che abita le vie della Ferrara di Bassani, per elezione personale o per decreto del destino, si sente, ed è, diverso dall’ambiente circostante. E per ciò solo ne risulta escluso irreparabilmente. 

Non bisogna dimenticare l’esplicito autobiografismo dell’autore, spesso identificato con l’io narrante. Per squarci più o meno estesi o trasposti, Bassani racconta della sua infanzia, della sua adolescenza, della sua prima giovinezza. Ed è lui, in fondo, il protagonista assoluto del libro. L’argomento più importante del libro, quello che gli conferisce la straordinaria unità che presenta, è proprio la storia del rapporto tra Giorgio Bassani e la sua materia. È la storia degli ultimi, dei diversi, degli ebrei e degli omosessuali. È dura realtà di coloro per i quali la vita, in un periodo storico che costituisce lo sfondo cronologico dell’ampia parabola narrativa ordita da Bassani, non è per niente facile: è la storia di ragazzi ebrei a cui non è più permesso giocare a tennis in città, di un ragazzo che non viene accettato dagli altri per il semplice fatto di essere ebreo, di uomini che vengono fucilati, ed è anche la storia, triste e tragica, del Dottor Fadigati che, omosessuale, sceglie di suicidarsi gettandosi in un fiume per non cadere vittima di uno scandalo tra i tradizionalisti benpensanti della città.

Nonostante queste vicende impregnate di difficoltà, i protagonisti non sono personaggi drammatici: anzi, decidono di riunirsi a giocare nel giardino della famiglia Finzi-Contini «perché così ci divertiremo di più». Sono personaggi per lo più sereni, anche se, sarebbe inutile negarlo, le note malinconiche all’interno dei romanzi sono presenti: basti pensare alla stessa malinconia mista a rabbia e delusione che circonda l’Epilogo doloroso del romanzo Il giardino dei Finzi-Contini.

La storia del rapporto tra Giorgio Bassani e la materia narrata è guardata e indagata da ogni lato. La sua Ferrara costituisce il termine opposto di una lotta, il segno dell’inesausta, disperata volontà di possesso della vita, o di recupero di essa, che è il segno di ogni operazione autenticamente poetica.

 «Occorrono troppe vite per farne una» ha detto Eugenio Montale. Per concludere la sua esplorazione di sé stesso e delle proprie radici sono occorsi a Bassani molti “sguardi” dall’alto delle mura natali, durante le accorate, innumerevoli sue circuitazioni di esse. Lo scrittore racconta i suoi personaggi, spiega la sua realtà. Intanto racconta sé stesso, il rapporto dell’io con il sé ad un lettore che viene catapultato all’interno di una realtà apparentemente lontana, in verità più vicina di quanto si possa pensare. Le tematiche all’interno della narrativa di Giorgio Bassani, infatti, riecheggiano nella contemporaneità: se prima dei ragazzi venivano cacciati da un circolo di tennis in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, oggi dei ragazzi del Mali vengono aggrediti e feriti in mezzo all’indifferenza dei più solo per il fatto di essere stranieri e, come gli ebrei nel romanzo di Bassani, ciò li porta a non venir considerati come tutti gli altri. Una diversità che non solo porta ad un’esclusione, ma anche ad una violenza e ad un sopruso fisico.
Se un uomo omosessuale decide di suicidarsi perché giudicato diverso, oggi Andrea, «il ragazzo con i pantaloni rosa», sceglie di buttarsi dal terrazzo del suo condominio perché non si sente accettato se le sue prime cotte sono i ragazzi e non le ragazze.

Giorgio Bassani lo raccontava nel secondo Novecento, oggi, nel 2019, lo si vede tutti i giorni.

Alessandro Crea

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