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La benevolenza degli esseri superiori

Nel corso dei secoli, la storia dell’arte è stata, per certi versi, uno strumento umano, strumento che è servito all’uomo per poter comunicare con un Dio e per avere il vento a suo favore.

Fotografia di Joshua Reddekopp

Arte e religione hanno comunicato tra loro e, soprattutto in certe culture, questo legame è stato molto forte. L’uomo, per comunicare con una o più divinità e ingraziarsele, ha utilizzato la sua arte in mille modi e mille forme. Se si facesse un excursus sull’arte occidentale, si vedrebbe come questo tentativo di comunicazione con il divino sia presente in particolar modo nell’arte greca e romana. L’arte greca, in tutte e tre le sue fasi, ha avuto come comune denominatore il fatto di ispirarsi ai miti greci, ossia alle storie degli dèi e degli eroi greci.

In particolare, nel periodo augusteo, l’immagine di Augusto veniva sovrapposta all’immagine del figlio di Dio, e all’imperatore venivano attribuiti appellativi divini. Le Res gestae, ossia Le imprese del divino Augusto (risalenti tra il 27 a.C. e il 14 d.C.), sono dei resoconti redatti dallo stesso imperatore Augusto prima della sua morte come simbolo di manifestazione delle opere compiute durante la sua lunga carriera politica. Lo stesso Virgilio, autore dell’Eneide, fece propaganda politica sulle gesta di Augusto.

Nel Medioevo, «davanti alle immagini sacre, ogni fedele si genufletteva, faceva il segno della croce (con le tre dita unite, pollice, indice e medio, a significare la Trinità) e baciava le icone di Cristo, della Madre di Dio, dei santi locali» [1]. In quel periodo, infatti, si diffuse il concetto di icona (dal greco eikon, che significa immagine). L’icona era considerata il «segno della presenza di Dio» [2] ed era «la forma più semplice e immediata di autocoscienza ecclesiale che i popoli bizantini e slavi possedevano» [3]. Le icone avevano un ruolo importante nel mondo medievale: oltre a rappresentare un personaggio o un avvenimento sacro, ripreso dall’Antico o dal Nuovo Testamento, interpretavano in chiave simbolica l’evento sacro secondo la parola dei Padri della Chiesa [4].

Esempio eclatante e significativo per un discorso sulla presenza del divino nell’arte medievale è l’icona della Madre di Dio di Bisanzio [5]. Il culto della Vergine e in particolare della Theotòkos (titolo cristiano attribuito a Maria di Nazareth, chiamata anche Genitrice di Dio e Madre di Dio) era molto presente all’interno dell’Impero bizantino. Essa era patrona e protettrice della città di Costantinopoli.

Con l’avvento del Rinascimento, le cose cambiarono: si predilessero i ritratti, lo studio dei libri degli antichi scrittori della classicità e la creatività dell’intelletto umano. L’arte prese due strade diverse: da una parte pose al centro l’uomo e il suo intelletto e diede spazio a rappresentazioni di stampo profano come i ritratti di giovani fanciulle; dall’altra si continuò la tradizione delle rappresentazioni di stampo sacro, come le rappresentazioni della Vergine Maria, per mano dei pittori veneti (come per esempio Bellini, Tiziano, Sebastiano del Piombo e altri). Soprattutto in architettura, grazie alle commissioni che i papi fornivano agli artisti, si accentuò maggiormente la possibilità di rappresentare le divinità in diverse forme: ne sono prova le opere del Bernini (del periodo barocco) che rappresentavano l’elevazione delle divinità attraverso la narrazione dei miti.

Nelle culture orientali ancora oggi è presente una forte venerazione delle divinità e il senso di benevolenza e protezione delle divinità sugli umani è ancora avvertito. L’intreccio tra religione e arte è molto sentito: se ne possono trovare esempi nell’arte indiana (che comprende le due religioni più importanti dell’India: buddhismo e induismo) e nell’arte islamica.
Si può innanzitutto guardare all’arte buddhista. Il buddhismo, che «ha conquistato a sé buona parte dell’Asia centrale e orientale, si presenta in diverse forme, esemplificate a livello macroscopico dalle tre grandi tradizioni – theravada, mahayana e vajrayana» [6]. La particolarità significativa dell’arte buddhista è proprio la venerazione di un personaggio e delle sue vicende: il Buddha. Ancora oggi, l’adorazione del Buddha è presente nei templi e tutto ciò rende viva la memoria della tradizione buddhista.

L’arte islamica comprende tutte quelle arti legate alla religione dell’Islam. Essa «si presenta come un diamante dalle molte sfaccettature» [7]: dall’architettura alla calligrafia, dalla pittura all’arte ceramica. Quest’arte si ispira a quella bizantina, a quella romana, a quella paleocristiana, a quella persiana e a quella cinese. Il nucleo centrale della religione islamica è la riproduzione della calligrafia araba e raramente delle figure umane. L’arte islamica è l’arte del bello; essa è inoltre ancora oggi un mezzo di culto e di venerazione per Allah.

Leila Ghoreifi


[1] Alfredo Tradigo, Icone e Santi d’Oriente, Mondadori Electa S.p.A., Milano, 2004, p. 7
[2] Ivi, p. 6
[3] Ibidem
[4] Ivi, p. 7
[5] Bissera V. Pentcheva, Icone e potere, La Madre di Dio a Bisanzio, Editoriale Jaca Book Spa, Milano, 2018
[6] Nicoletta Celli, Buddhismo, Mondadori Electa S.p.A., Milano, 2014, p. 6
[7] Gabriele Mandel Khan, Islam, Mondadori Electa S.p.A., Milano, 2006, p. 6

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