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Combattere per ciò che si vuole

Jacques-Louis David (1748- 1825), conosciuto per aver realizzato la famosissima Morte di Marat (1793), oggi conservata al Museo Reale delle Belle Arti del Belgio, ha dipinto Le Sabine (1794-1799), opera significativa perchè rappresenta l’avidità di strappare il potere all’altro, come Napoleone ha fatto nel 1799.

Fotografia di Darek Baranowski

Jacques-Louis David, nato a Parigi, è stato uno dei pochi artisti ad aver espresso, con la sua arte, una propria opinione riguardo ai destini della Francia rivoluzionaria. Nel primo periodo della sua arte, che inizia nel 1766, quando si avvicina al disegno e dimostra grande talento, «l’artista dipinge prevalentemente soggetti a carattere storico-mitologico, in cui l’espressione formale risente dello stile lezioso e dei preziosismi cromatici del Rococò […]. In Italia David sottopone la sua arte a una profonda riforma estetica e morale» [1].

Grazie al clima cosmopolita di Roma, l’artista entra in contatto con i protagonisti della rinascita artistica del Settecento come Anton Raphael Mengs. Dimostra interesse anche per alcuni grandi maestri del Seicento come Guido Reni e Nicolas Poussin, e in particolare è fervente ammiratore di Caravaggio.

Il periodo napoleonico fu significativo per David: esce dalla politica attiva ma il suo interesse rimane acceso per le sorti del suo paese. Proprio in questo periodo concepisce Le Sabine, opera conclusa nel 1799, anno del colpo di stato di Napoleone. Quest’ultimo ha liquidato il Direttorio e ha concentrato nelle proprie mani tutti i poteri, assumendo l’incarico di primo console. Per David, si apre una nuova stagione di successi, diventando il primo pittore dell’imperatore.

Le Sabine è «un colossale dipinto ispirato a un episodio dell’antica storia romana per rivolgere alle fazioni rivoluzionarie in lotta un appello alla riconciliazione» [2]. Il quadro è significativo proprio per il periodo in cui è stato dipinto e il messaggio è un sentimento di riconciliazione nazionale.

L’episodio (si ricorda il quadro Il Ratto delle Sabine di Pietro da Cortona del 1629 circa) rappresenta una delle vicende più antiche della storia di Roma, intrisa di leggenda. Secondo la tradizione, Romolo, fondatore di Roma, si rivolge alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne per poter procreare una nuova popolazione che abiterà la futura Roma. Il rifiuto da parte delle popolazioni vicine è netto e risoluto: Romolo organizza un inganno per attirare gli abitanti vicini e rapire così le fanciulle. Le popolazioni che subiscono questo oltraggio chiedono di liberare le fanciulle, ma Romolo oppone un forte rifiuto e impone di accettare i legami di parentela con i Romani, scatenando così una guerra. Tra i vari attacchi, l’ultimo è quello dei Sabini, un antico popolo italico dell’Italia centrale, che prendono il Campidoglio per poi scontrarsi nella Battaglia del lago Curzio con i Romani. La vicenda viene narrata dalle fonti antiche (Livio e Dionigi di Alicarnasso).

«David rappresenta l’epilogo della vicenda, il momento di pacificazione in cui le Sabine intervengono tra i combattenti delle opposte fazioni implorandoli di porre fine al conflitto» [3]. L’artista ha guardato all’Adorazione del vitello d’oro di Nicolas Poussin (1633-1636 ca), prendendo la figura femminile al centro con le braccia aperte e facendola diventare una delle Sabine più importanti, Ersilia. Ersilia ha un ruolo fondamentale: spalanca le braccia per dividere da un lato Romolo e dall’altro Tazio.

«Le Sabine si pongono in antitesi con le opere precedenti: la semplicità e la concentrazione dello stile degli Orazi sono sostituite da linee eleganti e morbide» [4].

La scena è crudele: i corpi abbassati uno sopra l’altro richiamano lo scontro che si sta svolgendo. A destra, si trova il soldato romano in atteggiamento fiero e protetto da uno scudo, che mette in evidenza al centro il simbolo di Roma: la lupa che allatta Romolo e Remo. Sull’altro lato il soldato della fazione nemica, il sabino. Tutta la scena si blocca in una frazione di secondo grazie alla giovane fanciulla, Ersilia, che con il suo gesto fa da spartiacque tra Romolo e Tazio.

Il dipinto farà il suo ingresso presso la sala dell’Académie d’architecture fino al 1805. Attualmente si trova al Museo del Louvre di Parigi.

Leila Ghoreifi

[1] G. Bora, G. Fraccadori, A. Negri, I luoghi dell’arte – Dalla Controriforma all’Impressionismo, volume quarto, Electa Scuola, Milano p. 223.

[2] Ibidem.

[3] Ivi, p. 229.

[4] Ibidem.

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