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“Una discesa nel Maelstrom”: Poe e l’orrore del naufragio

Una discesa nel Maelstrom è una novella di Edgard Allan Poe pubblicata nel 1841, meno nota rispetto ad altri titoli ma non per questo meno avvincente: questa merita di essere riscoperta. Il tema, di cui si fa un racconto orrorifico e pullulante di simboli, è molto caro all’attualità: il naufragio.

Maelstrom
Disegno di Elena Sofia Ricci

Naufragio: l’evento terribile che pone fine alla navigazione e causa un’avaria importante dello scafo, per citare quasi testualmente la Treccani, per l’urto con un oggetto esterno, un’altra nave o per qualche evento naturale. La storia del cinema e della letteratura si è cibata di naufragi fin dagli esordi: nella letteratura classica il naufrago è Ulisse o anche il Crusoe, se si vuole guardare un po’ più in là. In effetti, non sfuggì mai ai più quale valenza simbolica potesse avere il mare e di conseguenza il naufragio. L’argomento è stato declinato in più modi: oggi, tuttavia, vogliamo concentrarci su di un racconto lungo, trenta pagine tremende, scritte dallo scrittore del mistero per eccellenza, Edgard Allan Poe.

La trama non è complessa e scorre su uno schema abbastanza nitido. Salva dal pericolo della noia l’abilità del Poe di creare tensioni giocando sull’orlo delle parole, sul disvelato, sull’orrido. Un gruppo di fratelli norvegesi si imbatte nel Maelstrom, una corrente estremamente violenta che si verifica lungo la costa atlantica della Norvegia, più volte al giorno. Come da prassi, i protagonisti non riescono ad avere scampo e l’imbarcazione inizia una discesa vorticosa nell’abisso marino. Mentre due dei tre fratelli trovano la morte, il terzo si salva, aggrappandosi al legno di un barile: è da qui che inizia la narrazione, proprio attraverso la voce del sopravvissuto, irriconoscibile dopo l’accaduto.

Cos’ha il racconto di tanto speciale da dover essere ricordato? La narrazione si presta ad un insieme complesso di riflessioni. In primo luogo, l’atmosfera generale della vicenda si inserisce alla perfezione in quella che doveva essere la tempra romantica del periodo e di cui profondamente l’autore si nutrì. Non è solo il terrore e la paura della morte e dell’annegamento. C’è qualcosa in più: la bellezza della natura, della natura matrigna che si mostra nella sua vera forma, nel suo essere più violento. Così la paura umana della morte improvvisa si mescola ad un sentimento di ammirazione e di bellezza: è il sublime romantico che riempie il cuore di un ansioso rapimento estatico.

Il lettore moderno troverà inoltre sorprendentemente inquietante la scientificità con la quale Poe procede al racconto; egli parte dal racconto dettagliato di un fenomeno fisico, quello di una corrente che conosceva bene. Poe infatti cita esplicitamente le sue fonti, a dimostrare che quel che dice è concreto e reale: nel lavoro di Arlin Tourner, “Sources of Poe’s a descent into the Maelstrom” pubblicato nel 1947 sul “The Journal of English and Germanic Philology”, si individua come fonte del racconto di Poe il volume decimo della terza edizione dell’ “Encyclopaedia britannica” in cui il fenomeno marino appariva già descritto. Altre affinità, seppur meno probabili, possono esser trovate in un articolo pubblicato sul New York Magazine nel dicembre del 1971 che dunque Poe potrebbe aver letto. È dell’aprile del 1836 , invece , un racconto pubblicato anonimo che presenta forti affinità con quello che sarà il racconto d’autore.

Ma non si esaurisce qui invece la scientificità dell’occhio autoriale: nel vortice della corrente, il protagonista con lucidità appunta mentalmente delle leggi fisiche che vede manifestarsi nell’annegamento dei suoi fratelli e dell’intera barca. Di due corpi pesanti, affonda prima il più pesante. Un corpo sferico affonda più velocemente degli altri, così come un corpo cilindrico affonda assai più lentamente. Ed è grazie a questa conoscenza basata sull’osservazione empirica che riesce a salvarsi, contrariamente agli altri due. Poe, in questo, sta probabilmente dialogando con la sua epoca: egli fa notare che la natura non può essere controllata dall’uomo, ma solo capita.

Una lettura da fare, quella di Poe, non solo per sentirsi presi da quel sentimento di sgomento per cui tanto si ama Edgard ma anche per riflettere su quella che dev’essere la realtà di un naufragio: come il mondo appaia mentre un muro d’acqua ti trascina sul fondo.

Serena Garofalo

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