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Matisse: il colore della danza

Nel dipinto La danza Henri Matisse manifesta la sua scelta a favore del colore puro, della semplicità espressiva, in linea con i canoni del movimento dei Fauves, di cui fu il leader. Il tema centrale è la danza, simbolo della gioia di vivere e della ricerca della felicità dell’uomo.

Fotografia di Wan Chen

Nelle tragedie greche, il coro, che ormai presenta svariate forme e modalità espressive, spesso moderne o contemporanee, fa da contraltare ai protagonisti ed enfatizza la storia. Si tratta di uno spettacolo sempre nuovo, ma anche antico, che alla forza delle parole accompagna l’efficacia di altre modalità di comunicazione. Proprio il coro, nel periodo in cui quella forma di teatro nacque nell’antica Grecia, si esprimeva attraverso la danza ed il canto. La parola χόρος (choros) deriva dal verbo χορέυω (choreuo), che significa “danzare” e, sempre per restare nell’antica Grecia, anche la parola “orchestra”, che indicava il luogo del teatro dove agiva il coro, derivava da ορχέομαι (orcheomai), altro verbo con lo stesso significato del precedente. Peraltro, il canto e la danza costituiscono tra gli “strumenti umani” quelli più naturalmente efficaci, in quanto non abbisognano di elementi ulteriori, e si può dire che bastino a se stessi.

In questo senso anche le opere d’arte che rappresentano il canto o la danza sono spesso il segno tangibile dell’anelito dell’uomo verso la libertà e simboleggiano la principale aspirazione dell’uomo, quella alla comunicazione ed alla condivisione fra le persone, ciascuno con le sue peculiarità e con le sue caratteristiche. Tra queste opere d’arte in modo particolare colpisce La danza, il capolavoro di Henri Matisse, nel quale viene raffigurato una sorta di girotondo tra uomini e donne che si danno la mano nudi muovendosi – si presume – ad un ritmo musicale.

Sul tema della danza il pittore francese fece due versioni, una, del 1909, ad oggi conservata al Museum of Modern Art di New York, mentre l’altra, del 1910, fa parte delle collezioni del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. I due dipinti si distinguono soprattutto per la differenziazione di colori ed in particolare per l’uso di tonalità più chiare nel primo, più forti nel secondo. Nel primo dipinto le ballerine sono sicuramente di sesso femminile, mentre nel secondo i soggetti danzanti sono di entrambi i sessi o quasi asessuati. In questi dipinti il pittore mette a frutto le lezioni di stile dei contemporanei: il primitivismo e il colore a stesure piatte di Gauguin, l’intensità cromatica “arbitraria” di Van Gogh, lo studio della composizione di Cézanne.

Entrambi i quadri sono di grande dimensione circa due metri e mezzo di altezza per quasi quattro di lunghezza ed entrambi hanno funzione decorativa. Avrebbe dovuto essercene un terzo al fine di rappresentare le tre età dell’uomo, ma il collezionista e committente del dipinto, il mercante russo moscovita Sergej Scukin, si fermò a due soltanto, da esporre nella sua residenza di Mosca. In un’intervista rilasciata su Nouvelles del 12 aprile 1909 a commento della prima versione de La danza Matisse descrive l’opera in modo sintetico, ma anche realistico e suggestivo allo stesso tempo: «Tre colori per un vasto pannello di danza: l’azzurro del cielo, il rosa dei corpi, il verde della collina».

Questo il significato dei colori secondo la critica: il verde, che occupa la parte più bassa del quadro, rappresenterebbe la Terra, che infatti ha forma sferica. Il blu simboleggia il cielo, il rosa-arancio l’uomo. La scelta dell’autore compendia i canoni tipici del movimento dei Fauves (dal francese, “belve”), del quale Matisse fu l’iniziatore. Le loro opere avevano sempre un timbro cromatico forte, innaturale, non presente nella realtà e per certi versi aggressivo proprio come una belva feroce, con la capacità di presentarsi in modo prorompente di fronte allo spettatore e di scuoterlo.

La danza riprende lo sfondo di una composizione dello stesso pittore francese, risalente al 1905, che in questa sede si cita anche perché il titolo è emblematico della poetica di Matisse, secondo la quale la ricerca dell’accordo e dell’armonia costituisce lo scopo della vita e dell’arte medesima. L’opera si chiamava Gioia di vivere, e presentava colori forti ed accesi, con elementi e forme figurative nei quali, oltre al colore, sono la linea e il disegno a fare da padrone.

Anche nel La danza Matisse, sebbene con predominanza della forza del colore, recupera la linea sinuosa e decorativa. In sostanza, attraverso il movimento delle figure danzanti, il pittore sente la necessità di conciliare i diversi mezzi espressivi e desidera riconquistare la linea e il disegno, elementi fondamentali nella pittura per raggiungere l’armonia dei maestri classici.

Nelle figure dei danzatori i corpi sono sbilanciati. In primo piano una ballerina si è staccata dal gruppo e cerca di acciuffare la mano del compagno. Simbolicamente, questo dipinto rappresenta la felicità della danza musicale e allude alla comunanza umana. I ballerini danzano insieme, nudi, e allo spettatore sembra di cogliere in sottofondo il ritmo di una musica felice. Il binomio danza-musica continua, quindi, ad accompagnare questi grandi pannelli.

La scelta della nudità rappresenta, probabilmente, il ritorno alle origini, perfettamente in linea con la volontà del pittore di semplificare il soggetto eliminando ogni riferimento alla realtà e ricercando invece, anche e soprattutto attraverso l’uso sapiente seppure in qualche modo elementare dei colori, l’integrazione armonica tra figure, cielo e suolo. Le pennellate sono applicate in modo veloce, senza dettagliare tutte le figure e le parti dei corpi, resi attraverso semplici campiture monocromatiche, come lo stesso Matisse aveva preconizzato nella suddetta intervista del Nouvelles. Nella versione più famosa, la seconda, i corpi vengono fuori dal quadro attraverso il colore bruno tendente all’arancio della pelle e in forza del contrasto con il cielo azzurro.

In ultimo, va rilevato che il dipinto non appare tridimensionale, ancora una volta al fine di discostarsi dalla realtà ed enfatizzare il punto di vista soggettivo dell’artista. Di Matisse le parole: «Oggetto della pittura non è più descrivere la storia poiché la si trova nei libri. Noi ne abbiamo un concetto più alto. Con la pittura l’artista esprime le proprie visioni interiori».

Marta Casuccio

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