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Un viaggio tra le meraviglie dell’Europa: i grandi vedutisti del Seicento

Nel Settecento nasce il Grand Tour, un viaggio delle principali città europee di interesse artistico e culturale, pensato come parte essenziale dell’educazione dei giovani di buona famiglia.

Fotografia di Raspopova Marina

Sin dal XVII secolo il Grand Tour veniva effettuato dai giovani britannici, poi la modalità si estese ad altri paesi europei. Il viaggio era fondamentale per la formazione dell’artista, che completava il suo studio a 360° gradi, osservando opere e monumenti di ogni genere. Un precedente famoso può essere ricordato nel viaggio che Donatello e Brunelleschi intrapresero con destinazione Roma, spostandosi da Firenze, riguardo al quale si può citare lo studio che fecero delle antichità classiche. Più tardi la pratica del Grand Tour si estese ai viaggi in Europa. Una delle mete però fondanti rimaneva l’Italia, e specialmente Roma per i suoi resti archeologici e le collezioni d’arte. In particolare, gli scavi archeologici erano stati valorizzati grazie all’azione di Raffaello d’Urbino, con il contributo di Baldassare Castiglione, grazie a una lettera indirizzata a Leone X e datata al 1519 sul tema della protezione e conservazione delle vestigia di Roma antica, che denigrava il pietoso stato di abbandono dei resti archeologici.

Gli artisti che viaggiavano intraprendendo questo periodo di formazione utilizzavano tutto ciò che potevano per far sì che il tour fosse valorizzato al massimo, ossia mappe e guide turistiche che spiegassero che tipo di opere si trovassero in un determinato luogo. Famose a questo proposito sono le Mirabilia Urbis Romae, gli antenati delle prime guide turistiche dedicate alle opere d’arte.

Proprio nel periodo di massima diffusione del tour vengono realizzati quadri significativi che indirizzano lo spettatore e gli artisti dell’epoca verso alcune delle più belle città d’Italia. Tra questi ci sono le opere dei vedutisti, artisti che dipingevano paesaggi o città riprese dal vero. Il soggetto preferito ed emblema del vedutismo non soltanto italiano è Venezia: i suoi scorci e i giochi di colore dell’acqua dei canali in relazione all’architettura che li circondano offrono ottime opportunità per questo nuovo modo artistico. Alcuni utilizzavano, in particolare Canaletto, la camera ottica, un dispositivo ottico composto da una scatola oscurata con un foro stenopeico sul fronte e un piano di proiezione dell’immagine sul retro. Questa camera permetteva di raccogliere i raggi solari proiettati su un qualsiasi oggetto e rielaborarli in modo da ottenere dall’altra parte della camera l’immagine capovolta. In questo modo, i pittori potevano catturare il paesaggio mostrato con le diverse sfumature di colori e le varie ombreggiature in base all’orario della giornata, e riportarlo agevolmente sulla tela.

Il vedutismo italiano si divide in due filoni: da un lato i cosiddetti “capricci”, ossia rappresentazione di paesaggi o totalmente di fantasia oppure costituiti da elementi reali ma tratti da luoghi differenti; dall’altro le vedute realistiche, ossia riproduzioni oggettivamente della realtà e più direttamente influenzate dalle teorie illuministiche. È bene ricordare tre artisti importanti: Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768), Bernardo Bellotto (1721-1780) e Francesco Guardi (1712-1793).

Analizzando questi tre artisti, si notano delle differenze particolari: Canaletto è più improntato sull’utilizzo della camera ottica e il protagonista delle sue tele è Venezia, la sua terra natia; Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto, dipinge invece diversi luoghi, come Milano (di cui si ha alla Pinacoteca di Brera l’opera del 1744 Veduta di Villa Perabò poi Melzi a Gazzada), Venezia, Firenze e molte altre città italiane. A differenza dello zio, che nelle vedute è più tecnico, Bellotto rappresenta la veduta con colori a volte più scuri e a volte più chiari e con ombreggiature più marcate. Non solo, le vedute di Bellotto rispecchiano i viaggi che lui stesso fece in diversi luoghi: Dresda, poi Vienna e infine nell’ultima parte della sua vita Varsavia. Peraltro, grazie alle sue opere si è potuta ricostruire Varsavia dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Mentre i capricci di Francesco Guardi si focalizzano principalmente sul panorama di Venezia con tocchi più pastosi.

Leila Ghoreifi

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