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La notte dell’indovinello

La Turandot è un’opera incompiuta di Giacomo Puccini, diretta per la prima volta alla scala di Milano da Arturo Toscanini nel 1926.

Fotografia di Luca Torriani

Una principessa cinese di nome Turandot, circondata da una fama sanguinaria che rasenta la leggenda, sottopone tutti i suoi pretendenti ad una serie di indovinelli: il premio è la sua mano in matrimonio. Un giovane, Calaf, rapito dalla bellezza della principessa, riuscirà a risolverli tutti a rischio della sua vita.

La trama dell’ultima opera del maestro Puccini poggia sul libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, che a loro volta riprendono la vicenda da una commedia dell’arte veneziana siglata da Carlo Gozzi e databile alla metà del Settecento.

Con questa ripresa i due librettisti si ricollegano ad una tradizione secolare e ad un autore che era stato rivale della nuova commedia propugnata da Carlo Goldoni. La polemica scoppia infatti sulle novità che l’autore della Locandiera stava apportando al tradizionale teatro lagunare, novità contro cui Carlo Gozzi non perde occasione di schierarsi in nome di un pensiero più reazionario.

La Turandot è l’esito e l’acme di un’intera carriera, iniziata già nel 1747, e nasce dalla volontà del suo autore di rispondere con i fatti alle critiche di alcuni dei suoi detrattori.

La commedia, ispirata a sua volta ad una novella franco-orientale, elimina tutti gli effetti speciali e magici, strumenti che erano presi di mira per la loro presa sul pubblico. Al centro rimangono la sanguinaria principessa di Cina, un amore e una passione incontrollabili e un principe tartaro: tutti ingredienti che si sposano bene con la librettistica lirica.

L’esito di una sfida impossibile e una rivincita tanto audace quanto rischiosa si risolvono nell’arco di una nottata. Il momento è reso memorabile dalla celebre aria Nessun dorma, in cui il protagonista esprime tutta la sua impazienza nei confronti di una sfida che sa ormai di aver vinto.

E quell’ “all’alba vincerò” retto dalla voce del tenore protagonista mostra agli ascoltatori le ore notturne sotto una luce diversa da quelle della malinconia o dello struggimento. La notte diventa momento di euforia ed entusiasmo, in cui l’unico desiderio è che le stelle tramontino, che la notte si concluda e che con il giorno arrivi anche la promessa di matrimonio.

Giordano Coccia

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