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Luci della città americana

Fotografia di Filippo Ilderico

Luci della città (City lights, 1931) è il quinto film realizzato da Charlie Chaplin. Egli riesce qui a realizzare una commedia sentimentale con una critica tanto velata quanto incisiva.

Nonostante sia uscito nelle sale nel 1931 la produzione dell’opera iniziò già nel 1928, anno in cui il cinema muto era appena giunto al termine. Malgrado ciò Chaplin, essendo co-proprietario della United Artist e, dunque, sia produttore sia distributore dei suoi stessi lavori, poté decidere di concepire “Luci della Città” ancora come un film muto.

Il film di Chaplin, in cui egli è al tempo stesso attore, regista, sceneggiatore e co-autore delle musiche, narra la storia di un vagabondo innamoratosi di una fioraia cieca, la quale però lo crede un milionario.

Il povero vagabondo, nella disperata ricerca di trovare i soldi necessari per pagare l’operazione che potrà far riacquistare la vista alla fioraia, si imbatte in un vero milionario in procinto di buttarsi nel fiume, perso nei fumi dell’alcol.

Il protagonista una volta salvato il milionario viene ospitato da quest’ultimo nella sua sfarzosa abitazione, per poi essere cacciato dal ricco padrone di casa la mattina dopo, svanita l’euforia provocata dagli alcolici.

Il vagabondo cercherà in ogni modo di procurarsi il denaro per la sua amata fioraia, incappando nelle peggiori mansioni, fino ad arrivare ad uno dei finali più commoventi della storia del cinema.

Già dalle scene iniziale e la sua prima gag, ed ancor prima semplicemente dal titolo del film, il regista presenta efficacemente l’ambientazione della sua opera: una moderna città statunitense nella sua epoca più ruggente, la cosiddetta “Jazz Age”.

Sotto la brillante commedia slapstick e la poetica romantica, già sperimentata nel precedente film “Il Monello” (1921) e qui portata a definitivo compimento, Chaplin in Luci della Città forgia la sua critica verso la società americana degli anni ‘20, definendo due modelli dicotomici di condotta: quello del milionario da una parte e quello del vagabondo e della ragazza cieca sua innamorata dall’altra.

Lo scontro tra upper class statunitense ed il ceto meno abbiente, influenzato dal modello marxista, sarà un topos che ritornerà nella filmografia chapliniana già a partire con il successivo Tempi Moderni, pellicola in cui il cineasta ridicolizzerà a suo modo le condizioni lavorative fordiane nelle fabbriche americane.

In questo film, dunque, Chaplin, attraverso l’utilizzo del personaggio del vagabondo “as a social outsider, enters the life of both worlds – the urban rich and the urban poor – and provides a morale alternative to the 1920s American urban society”[1]; il vagabondo chapliniano quindi può essere considerato il simbolo del tentativo di riavvicinamento delle due classi antagoniste della società americana dei ruggenti anni ‘20.

Edoardo Rugo


[1] City lights and its criticism towards the american urban society of the 1920s, Dita Maharani

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