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La vita delle donne

Fotografia di Filippo Ilderico, © Filippo Ilderico, 28 febbraio 2019
Fotografia di Filippo Ilderico

The Hours è un film del 2002 diretto da Stephen Daldry e interpretato da Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman, che per questa interpretazione ha vinto l’Oscar come migliore attrice protagonista nel ruolo di Virginia Woolf.

Nel 1923 in Inghilterra, una Virginia Woolf (Nicole Kidman) annoiata dalla troppo tranquilla vita di campagna comincia a scrivere il suo celebre romanzo Mrs. Dalloway.

Nel 1951 a Los Angeles, Laura Brown (Julianne Moore) incinta del secondo figlio scopre di non voler essere madre mentre prepara una festa di compleanno per il devoto marito.

Nel 2001 a New York, Clarissa Vaughn (Meryl Streep) cerca di salvare l’amico poeta Richard malato di AIDS organizzando una festa in suo onore.

Le storie di queste tre donne si intrecciano continuamente e le parole di Virginia Woolf, man mano che scrive, sembrano cambiare le sorti delle due signore Dalloway nel futuro. 

Dietro suggerimento dei medici, Virginia è costretta a vivere nella campagna inglese col marito Leonard a causa della sua instabilità mentale, mentre lei vorrebbe tornare nella capitale per stare in mezzo alla gente. È forse da questo desiderio che prende spunto per il suo romanzo; l’intera vita di una donna viene raccolta in un unico giorno, mentre organizza una festa nella grande città. Alienata dalla routine monotona e grigia che vive fuori Londra, la scrittrice tenta in tutti i modi di tornarci, con un treno o col pensiero, convinta che lì risieda la sua felicità.

Laura Brown è moglie, madre e casalinga in attesa del secondo figlio. Sembra avere tutto quello che una donna di quell’epoca può desiderare per se stessa, eppure è infelice e incapace di amare la propria famiglia. Il giorno del compleanno del marito decide di preparare una torta insieme al figlio di pochi anni, Richard. I programmi della giornata vengono interrotti della visita dell’amica Kitty, che le confessa di essere sterile e quindi di non poter avere un bambino: l’unica cosa che voleva veramente è anche l’unica che non è in grado di fare. È in questo momento che Laura capisce di non essere nata per essere madre. Lei non ha mai provato il desiderio di maternità che prova Kitty e il fatto di essere madre non l’ha mai fatta sentire più donna o più completa, mentre, al contrario, l’amica dichiara che a suo parere, non ci si può definire donna finché non si diventa madre. Durante la giornata la sua mente vaga e, leggendo il romanzo della scrittrice inglese, pensa in un primo momento al suicidio, ma cambia infine idea decidendo di aspettare fino alla nascita del secondo figlio per abbandonare la sua famiglia per sempre. 

Clarissa Vaughn vuole organizzare una festa per l’ex amante ed amico poeta malato di AIDS che ha recentemente vinto un premio prestigioso per le sue opere. Anche in questo caso la donna inizia la sua giornata tentando di essere positiva e fiduciosa, ma una prima breve visita al poeta mette in discussione il suo umore. L’amico dichiara di essere stato vivo per lei fin troppi anni e che doveva lasciarlo andare. Queste parole tortureranno Clarissa durante tutta la giornata e la preparazione della festa. È davvero lui ad essere sopravvissuto per lei o, forse, il contrario?

Tutte e tre queste donne sono rimaste vive per qualcun altro e hanno cominciato le loro giornate mascherandosi da persone felici per qualcun altro; Virginia Woolf, alla fine del film, e le altre due, alla fine di questa giornata particolare, si saranno liberate dei loro pesi. La prima si toglie la vita per donare speranza al marito a cui scrive nella lettera d’addio: “so che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti”. La seconda, Laura, non riesce a suicidarsi con un bimbo in grembo e per questo aspetterà di partorirlo per andarsene e non tornare mai più. La terza, Clarissa dovrà essere salvata da qualcun altro che si sacrificherà per lei, liberandola dal senso di colpa. Virginia, Laura e Clarissa appartengono a tre epoche e tre vite completamente diverse: un’artista, una casalinga e un’editrice. La prima non ha figli; la seconda li ha, ma non li vuole; la terza ha voluto una figlia tanto ardentemente da sottoporsi all’inseminazione artificiale per averla. Non è la maternità o l’amore ad accomunare queste donne; è più che altro il senso di costrizione e di dovere nei confronti dei più cari. Da un marito sfinito, a un figlio indesiderato, a un amico in fin di vita. Le donne di questo film donano parte della propria vita a qualcun altro, forse più che per amore, per compassione.

Il film propone un’importante riflessione sulla figura femminile, presentando tre personaggi completamente diversi tra loro che vivono in tre epoche distanti. Oltre al genere biologico, c’è poco altro che accomuna queste donne: Virginia è sfrontata, testarda e orgogliosa; Laura è confusa e indecisa; Clarissa è affettuosa ed emotiva. La domanda che sorge spontanea è: la compassione provata da queste donne è un fattore comune legato al sesso, al carattere o forse più al genere femminile come concepito dalla società

Elena Marras

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