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Sovversione dell’arte: la rivoluzione della street art secondo Banksy

Fotografia di Filippo Ilderico

Nelle strade di Londra, l’ombra di un uomo si aggira a disegnare la propria arte. Questo artista si identifica come Banksy, intellettuale estremista, che va contro ogni logica e immaginazione. Sovversivo e diretto con la sua street art ha suscitato scalpore nella Londra urbana attuale, facendo impazzire tutti i giornali.

Di Banksy non si conosce il volto e gli stessi giornali e fotografi hanno provato ad acciuffarlo, ma lui lavora di notte, senza farsi prendere. Lo stesso artista dice: «Se vuoi dire qualcosa ed essere ascoltato devi indossare una maschera». Il significato di questo messaggio verrà chiarito da Martin Roberts: «L’anonimato è un espediente molto utile, al di là della semplice necessità di non farsi prendere: dà all’arte di Banksy una vita più longeva. È molto più interessante essere capaci di guardare alla sua arte senza essere troppo coinvolti nella sua personalità, senza proiettarlo in quello che fa» [1]. Uscirà allo scoperto con il film Exit Through the Gift Shop e nell’intervista di Ossian Ward a Bansky, uscita su Time Out [2]. In questa intervista, l’artista sostiene che «così forse per l’arte sarebbe meglio stare all’aperto», trasmettendo un messaggio forte: l’arte può non solo essere esposta nei musei, ma anche nella città urbana, nella vita di tutti i giorni.

Lo stesso artista decide di voler modificare il luna park Disneyland, rivisitandolo. In questo caso, come in molte sue opere, il messaggio che vuole far passare è che le voci che si apprendono molte volte vengono dimenticate, perché non toccano da vicino.

Un esempio di attrazione che colpisce è l’imbarcazione degli immigrati: in questa barca che è appoggiata su un letto d’acqua si trovano delle persone di colore. La barca va fino a quando non tocca il muro e si capovolge, facendo cadere in mare le persone. Il significato è molto forte: si parla molto dell’immigrazione come di una notizia che evochi la normalità. Bansky vuole colpire nel cuore delle persone, facendole riflettere su certi temi che, alle volte, si danno troppo per scontati.

L’emblema della sua arte è Balloon Girl, dipinto a stencil comparso per la prima volta sul muro di un negozio dell’est di Londra nel 2002 e poi trovato esposto alla mostra del MUDEC di Milano – A Visual Protest, con il nome Girl with red balloon, 2004. È una delle sue opere più significative, per cui viene ricordato maggiormente.

Balloon Girl rappresenta una bambina che perde un palloncino rosso a forma di cuore dalla mano. Banksy vuole mostrare la fragilità dei sentimenti e degli affetti, e il fatto che sia una bambina a perderli carica l’immagine di una profonda tenerezza e dispiacere.

L’opera viene mostrata anche in un cortometraggio realizzato dallo stesso Bansky con il titolo #WithSyria nel 2014 sul suo sito. Il video mostra la bambina che cerca in tutti i modi di prendere il palloncino. Quando riesce nell’intento, viene portata in alto, nel cielo. Successivamente viene mostrata la scena di un bombardamento in Syria e di molte persone che come lei hanno il palloncino in mano e vengono portate in alto. All’interno del video vengono mostrate una serie di didascalie con messaggi allusivi.

L’opera è diventata uno dei simboli più toccanti, attorno a cui si raccolgono gli appelli di chi chiede la pace in Siria. Il messaggio dell’artista si basa sulla ricerca di sensibilizzare le persone sulle conseguenze che la guerra porta, sponsorizzando iniziative umanitarie (in questo caso) per la Siria.

Banksy fa della propria arte un monumento grazie al quale si possa riflettere su un fatto che tuttora c’è ma che molto spesso si cerca di non vedere e di non voler percepire.

Leila Ghoreifi


[1] We are all fakes!, a cura di F. Baiardi, in Exit through the gift shop, Feltrinelli Real Cinema, 2010
[2] Ibidem

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