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Sunset Boulevard: Norma Desmond e i Roaring Twenties

Fotografia di Filippo Ilderico

Conclusa l’esperienza della Grande Guerra, l’ultima America di Wilson si apprestava ad entrare nel periodo denominato The Roaring Twenties (I ruggenti anni ’20).

In questo breve ma intenso lasso di tempo che va, come detto, dalla fine della prima guerra mondiale alla crisi del ’29, «a surging economy created an era of mass consumerism, as Jazz-Age flappers flouted Prohibition laws and the Harlem Renaissance redefined arts and culture» [1].

Per quanto concerne l’ambito cinematografico statunitense, gli anni ’20 del novecento segnano l’arrivo del primo vero grande picco delle produzioni hollywoodiane e l’inizio di quella che molti definiscono la Golden Age del cinema americano: gli anni delle dive del muto come Mary Pickford, Greta Garbo, Louise Brooks; la nascita delle 5 major cinematografiche Warner Bros, RKO, Metro-Goldwyn-Mayer e Paramount e l’affissione, nel 1923, della ormai celebre scritta “Hollywoodland” (la scritta verrà successivamente cambiata nell’attuale forma “Hollywood”).

Nello stesso decennio, però, ci furono anche due anni di totale cambiamento nella storia americana e mondiale. Se per l’industria, la finanza e la società statunitense l’anno fu senza ombra di dubbio il 1929, per la storia della settima arte negli U.S.A. e, successivamente, nel mondo la data si deve anticipare di due anni, ovvero all’uscita nelle sale di The Jazz Singer e alla conseguente nascita del cinema sonoro.

La pellicola interpretata da Al Jolson e prodotta dalla Warner Bros. non segnò esclusivamente un’irremeabile evoluzione tecnica ma anche l’inizio di un graduale ma inarrestabile stravolgimento dello star system hollywoodiano e del concetto divistico in genere.
Billy Wilder riesce a tradurre tutto ciò in uno dei suoi capolavori: Sunset Boulevard.

Prodotto dalla Paramount Pictures e datato 1950, il film del regista americano percorre, attraverso un inusuale flashback narrato in voice-over post mortem, la vicenda di Joe Gillis (William Holden), uno squattrinato sceneggiatore di Hollywood, che si ritrova casualmente ai servizi di Norma Desmond, una ex diva del cinema muto, la quale lo convincerà ad assecondare i suoi velleitari sogni di ritorno alla luce dei riflettori.

Attraverso una regia che è in grado di fondere «il dramma, la commedia, ma anche il noir e atmosfere lugubri tinte quasi di horror» [2], Billy Wilder riesce a compiere forse la più lucida e schietta analisi sul cinema americano e la sua industria, descrivendo la decadenza e fragilità su cui si poggia lo sfarzo hollywoodiano e ricordandoci che la fatiscente Hollywood di Sunset Boulevard è costruita sui fasti della silent era dei ruggenti anni ’20. Già la prima, iconica, immagine di Joe trovato morto galleggiante nella piscina privata della Desmond «exploits the iconography of Hollywood dreams in which the swimming pool is the ultimate symbol of success, and the corrupted pool-empty, decaying, or tarnished with a corpse-is the ultimate symbol of the failed dream» [3].

La caratteristica che più salta all’occhio però è quella metacinematografica, quel rapporto quasi pirandelliano che Wilder ci regala tramite la scelta del cast: Norma Desmond è infatti interpretata da Gloria Swanson, vera diva del cinema muto anni ’20; il cameriere della stessa Desmond è impersonato dal grande Erich von Stroheim; mentre Buster Keaton, Anna Q. Nilsson, H.B. Warner interpretano loro stessi in un piccolo cameo.

La Swanson, però, più che intepretare sé stessa, imbastisce una pantomima di ciò che l’industria cinematografica riserva ai fasti del passato, sottolineando quanto «the faltering movie business was built not on fragile foundations of an art form doomed to obsolence, but on stronger, more ambitious grounds than it occupied in 1950». [4]

La celebre discesa finale dalla scalinata [5] da parte della Desmond/Swanson, oltre che rappresentare il declino definitivo verso la pazzia della protagonista, simboleggia la completa commistione tra finzione e realtà, la raffigurazione della caducità del divismo e dell’opulenza dei roaring twenties e, più in generale, dell’industria (cinematografica) americana.

Edoardo Rugo


[1] https://www.history.com/topics/roaring-twenties
[2] http://www.longtake.it/movies/info/viale-del-tramonto
[3] Ames, Christopher. Movies about the Movies : Hollywood Reflected, University Press of Kentucky, 1997; pag. 194
[4] https://www.theguardian.com/film/2016/aug/01/sunset-boulevard-what-billy-wilders-satire-really-tells-us-about-hollywood
[5] https://www.youtube.com/watch?v=jMTT0LW0M_Y

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