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Our motto: Apocalypse Now

Fotografia di Filippo Ilderico

Apocalypse Now è un film del 1979, scritto e diretto da Francis Ford Coppola e ispirato al racconto di Joseph Conrad Cuore di tenebra. Interpretato da Martin Sheen e da un ormai cinquantenne Marlon Brando, Apocalypse Now è forse l’opera più identificativa di Coppola, insieme alla saga de Il padrino.

Il film, le cui riprese dovevano inizialmente essere completate in sei settimane e il cui budget non doveva superare i 12 milioni di dollari, fu ultimato in poco più di tre anni e costò alla produzione circa 30 milioni di dollari, che però vennero ampiamente riguadagnati.
Il cast e la troupe iniziarono le riprese nelle Filippine nel marzo del 1976 e le terminarono nell’agosto del 1977. Lo stesso successe per il montaggio e per la produzione audio, su cui si lavorò per due anni, arrivando così alla presentazione del film al Festival di Cannes nel 1979, dove vinse la Palma d’Oro circa tre anni e mezzo dopo l’inizio delle riprese.

Il film, ispirato al racconto Cuore di tenebra, è ambientato in Vietnam durante gli anni della guerra con gli Stati Uniti; il protagonista è il capitano Willard (Martin Sheen) a cui viene assegnata la missione segreta di risalire il fiume Nung per trovare e uccidere Kurtz (Marlon Brando), un colonnello impazzito e adorato come un dio da un gruppo di indigeni. Durante il viaggio su un piccolo battello insieme ad altri pochi uomini all’oscuro del loro incarico, Willard scopre che il colonnello è uno degli ufficiali più decorati dell’esercito americano e la sua curiosità e fascinazione verso di lui crescono sempre di più.

La chiave dell’opera e del personaggio del colonnello sta nel suo discorso finale a Willard: un discorso sull’orrore. Kurtz racconta al capitano di una vicenda che, come lui stesso dice, l’ha colpito come se “un diamante mi si fosse conficcato nella fronte”. Si riferisce a un fatto accaduto tempo prima, quando era nelle forze speciali dell’esercito: dopo aver vaccinato alcuni bambini contro la poliomielite, lui e i suoi compagni scoprirono che i Viet Cong avevano tagliato tutte le braccia vaccinate. Quel momento così forte, così truce gli fece realizzare una verità prima sconosciuta: l’uomo può essere schiavo dell’orrore oppure può utilizzarlo a suo favore. In quegli uomini capaci di un gesto simile, Kurtz non ha visto dei mostri ma degli esseri talmente forti e determinati da riuscire a compiere un atto così atroce. In quegli uomini Kurtz ha visto la perfezione e la purezza dell’orrore. [1]

L’obiettivo del colonnello è quello di creare un esercito di uomini e donne in grado di accettare l’orrore nei propri animi, in grado di finire la guerra e risolvere ogni tipo di conflitto. Gli indigeni lo venerano e lo temono come se fosse un dio. Niente gli viene contestato ed egli può decidere a suo piacimento chi rimane in vita e chi deve morire. Nel suo campo sono appesi i cadaveri di chi ha fatto uccidere come se fossero dei trofei o degli avvertimenti. Allo stesso tempo, però, non vuole essere chiamato assassino: Kurtz agisce credendo fermamente in qualcosa.

Che il colonnello creda realmente di aver scoperto la chiave dell’esistenza umana nell’orrore o che ammetta dentro di sé di essere stato toccato nel profondo dalle atrocità della guerra, non cambia il suo stato di manipolatore e affamato di potere.
Era, forse, nel potere la risposta che cercava Willard quando tentava di far combaciare nella sua mente il colonnello pluridecorato con il folle che si faceva adorare dagli indigeni. Il potere, che ha stravolto la vita di Kurtz, è lo stesso in cui il protagonista si ritrova ascoltando quei discorsi di lucida pazzia e che cerca attraverso la guerra. Forse è proprio la fame di potere che dà a Willard la forza di vivere la guerra, di uccidere il colonnello Kurtz ed è la stessa che lo fomenta a tornare nella giungla con un arma in mano, quando è lontano.

Elena Marras


[1] https://www.youtube.com/watch?v=W-mgdUdOjhs

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