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Meccanismi autonomi: New York Counterpoint di Steve Reich

Fotografia di Filippo Ilderico

Steve Reich, classe 1936, è spesso indicato come un esponente di spicco della scuola minimalista americana. Tuttavia la sua musica, invece che essere una continua reiterazione dello stesso materiale, possiede una struttura circolare dove la materia musicale, una volta messa in moto, sfugge al controllo del compositore per strutturarsi secondo meccanismi autonomi, come avviene in New York Counterpoint.

Il compositore americano Steve Reich pubblica nel 1968 un importante saggio dal titolo Music as a Gradual Process [1], dove sviluppa un’idea di musica come processo in opposizione alla concezione musicale come ordine strutturale e teleologico, tipico della cultura europea. Processo compositivo e musica devono essere un’unica cosa. Per rendere evidente i suoi meccanismi la musica deve essere basata su un materiale minimo e ogni dettaglio deve apparire sulla tela sonora gradualmente e in maniera quasi impercettibile. La musica diventa così non più qualcosa che si percepisce ma qualcosa che accade, il materiale musicale si stacca dalla volontà dell’esecutore e del compositore per diventare un evento autonomo, dotato di una forza impersonale [2].

Composizione emblema di questa nuova concezione musicale è il brano New York Counterpoint scritto nel 1985 per clarinetto solista e nastro pre-registrato o per ensemble di clarinetti (8 clarinetti soprani e 3 clarinetti bassi). Il brano è articolato in tre movimenti, fast, slow, fast, eseguiti senza soluzione di continuità. La scelta di un solo tipo di strumento per unica composizione, come in Vermont Counterpoint e in Eletric Counterpoint, riflette la volontà di un’esplorazione sonora e spaziale di un singolo elemento timbrico.

Le composizioni di Steve Reich, fra cui proprioNew York Counterpoint, sono basate su brevi frammenti ritmico-melodici, costanti nel loro profilo sonoro e ritmico, che se suonati individualmente risultano essere molto semplici ma sovrapposti fra di loro danno luogo a una complessa e cangiante polifonia a cui il Counterpoint (contrappunto) del titolo fa riferimento. Questi brevi incisi sono giustapposti fra di loro secondo la tecnica del phasing, o sfasamento ritmico. Uno strumento popone da solo il frammento melodico, dopo qualche battuta entra un secondo strumento che suona lo stesso frammento ma ritmicamente sfasato rispetto al primo. Questo processo viene applicato in maniera sistematica per tutta la composizione, ora secondo un ordine additivo, ora secondo una logica sottrattiva [3].

Il primo movimento di New York Counterpoint si apre su un ritmo pulsante che, grazie alla tecnica del fade in/fade out, assume subito un carattere fluttuante. Gli strumenti entrano ed escono intrecciandosi fra loro e producendo un lento cambio di prospettiva sulla sonorità dell’accordo. Successivamente fa la comparsa il primo pattern trattato secondo la tecnica del phasing. Per accrescere l’efficacia del meccanismo compositivo Reich aggiunge una nuova nota al pattern ogni volta che esso viene ripetuto, rendendo l’intelaiatura sonora del brano sempre più ricca e suggestiva.

Il secondo movimento utilizza come base un motivo più lungo e cantabile raddoppiato in terza da una seconda voce. Alla tecnica del phasing si aggiunge nel punto più culminate del brano un groove proposto dai clarinetti bassi.

Il terzo movimento ha un carattere ritmico e scattante, è la parte più complessa ed elaborata della composizione. Reich impiega tre motivi base che vengono sfasati nel corso della composizione, a questi si aggiungono dei motivi secondari e l’uso di processi modulativi.

In questo brano il compositore non appare più quale demiurgo ordinatore del materiale musicale così come il mito tardo-romantico europeo aveva voluto far credere. La musica ottocentesca si era basata sull’esaltazione del genio compositore che con mano ferma controllava il processo creativo dall’origine al prodotto finale dando all’arte una coerenza logica che corrispondesse alla sua più piena volontà. Con l’affaciarsi sulla scena musicale di compositori come Steve Reich, che affondano le loro radici musicali nello studio della musica popolare africana, il ruolo dell’autore appare più quello di un costruttore, l’ideatore di un processo musicale che, una volta acquisite le informazioni essenziali, è in grado di svilupparsi da sé e vivere di vita propria senza avere bisogno del rigido controllo del suo creatore. La musica di Reich sembra seguire questo processo: il compositore non crea più la musica ma la mette in moto, la creazione compositiva si sottrae al dominio dell’autore per diventare un organismo indipendente.

Mattia Sonzogni


[1] Steve Reich, Music as a Gradual Process
[2] Andrea Vos-Rochefort, Patterns of Change: Using Associative Formal Analysis and Rough-Contour Recognition to Assess Similarities in Construction of Reich’s New York Counterpoint and Berio’s Sequenza IXa for Solo Clarinet
[3] Amandine Pras, Francois-Xavier Fèron, The Pre-Production Process of New York Counterpoint for Calerinet and Tape by Steve Reich

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