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«Esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito»: radici, origini e memoria in Natalia Ginzburg

È il 1963, il periodo del «best-seller d’autore», e Natalia Ginzburg decide di raccontare e di raccontarsi volendo indagare le strade della memoria. Con Lessico famigliare l’autrice riesce a unire emozioni private e storia pubblica, fondendole in un meccanismo letterario perfetto e struggente.

Ci sono autori che decidono di raccontare una realtà ben precisa, fatta di storia pubblica, di persone, di città. Scrittori e scrittrici che decidono di raccontare la storia con la S maiuscola, quella del capolavoro di Elsa Morante del ’74, per esempio. Altri autori, invece, preferiscono raccontarsi: scrivere sulla propria famiglia, sulla propria storia e sulle vicende private che li hanno resi quello che sono. In entrambi i casi, comunque, è necessario indagare le strade della memoria, riflettere sulle proprie origini e arrivare a toccare con mano le radici di una vita intera.

Natalia Ginzburg con il suo Lessico Famigliare decide di narrare la storia della sua famiglia attraverso il ricordo di frasi, modi di dire ed espressioni gergali. È fondamentale, dunque, il tema della memoria, dell’analisi psicologica, del rapporto tra passato e presente, in questo caso con implicazioni del tutto autobiografiche.

«Nel corso della mia infanzia e adolescenza mi proponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse delle persone che vivevano, allora, intorno a me. Questo è, in parte, quel libro: ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo vissuto»: sono queste le parole di Natalia Ginzburg all’indomani della pubblicazione del romanzo da parte della casa editrice torinese Einaudi, spesso definita come una seconda casa dell’autrice, nata a Palermo nel 1916.

Ci sarà proprio la storia di una famiglia alla base di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Scrivere di Natalia Ginzburg vuol dire, in qualche modo, entrare nella sua casa, camminare lungo i corridoi e sentire l’odore dei suoi libri, l’odore di ciò che cucinava sua madre e sentire le polemiche, spesso bonarie, del padre. Questo perché, almeno in Lessico famigliare, Natalia, decidendo di lasciare perdere la fantasia, vuole raccontarci la sua infanzia, la sua vita, attraverso la propria memoria.

Natalia, a differenza di Cosimo ne Il barone rampante di Italo Calvino, non stava sugli alberi, ma dietro il sofà di questo piccolo mondo che è, appunto, casa sua. Da lì, ancora bambina, aveva la capacità di cogliere tutto. Nel descrivere i suoi famigliari, i suoi fratelli, ci dimostra che l’avventura più grande che si possa vivere è la famiglia.

La sua è una famiglia colta e di origine ebraica che vive in una Torino vivacemente tranquilla. Tra i personaggi più rilevanti ci sono i genitori. Una madre avvolgente e a tratti asfittica, ma anche i fratelli, irruenti e precoci, i quali entrano molto giovani in politica. Alcuni personaggi indimenticabili del mondo di Natalia Ginzburg provengono dal cuore pulsante della cultura italiana di quegli anni, la giovane casa editrice Einaudi.

Ma arrivano gli anni delle leggi raziali, scoppia la Seconda Guerra mondiale insieme alla repressione degli ebrei e degli intellettuali antifascisti. È proprio nel 1944, l’anno forse peggiore per la Ginzburg, che perde il suo amato marito Leone, il quale venne torturato in carcere dai fascisti. Il suo universo interiore è condannato ad un lunghissimo periodo arido e inconsolabile.

La morte del marito è l’inizio di un vuoto, di una zona del silenzio: un silenzio quasi assordante dal quale Natalia non è mai uscita del tutto. A poco a poco risale, ma per farlo non le basta guardare in avanti. Nel 1963, quando decide di abbandonarsi alla scrittura di Lessico famigliare, decide di ritornare alle sue radici per comprendere dove è andata, dove va e dove andrà a finire la sua vita.

La memoria, quindi, è la componente fondamentale, ma non unica, della narrativa di Natalia Ginzburg. Memoria fatta di ricordi, di parole, di modi di dire: un ritorno alle origini per capire sé stessa e gli altri.

Con Ginzburg si vuole evidenziare uno dei legami più affascinanti della letteratura: quello con la memoria, con le nostre origini e le nostre radici. La letteratura come ricordo, come ricerca e scoperta di sé. Una letteratura che ha segnato, profondamente, le nostre storie: la prima, quella con la S maiuscola, la storia pubblica, le nostre radici comuni; e quella, forse più nascosta, più segreta, quella che, in un modo o nell’altro, ci appartiene.

Alessandro Crea

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